Nell’Ellenismo (323-31 a.C.) si assiste al massimo sviluppo della viticoltura nella penisola italiana. Erodoto ci informa che in Etruria e in Campania fosse preferito un allevamento maritato (sostenuto da alberi), rispetto al supporto dei pali dell’Enotria (Basilicata) o dei pergolati del Brindisino. In quest’epoca, il vino cessa di essere un bene di lusso per diventare un prodotto di largo consumo, destinato anche all’esportazione. Non mancano nuove modalità per il consumo della dolce bevanda, ritenute inaccettabili da un greco come il filosofo Teofrasto, che ricorda con amarezza un vino mescolato con l’orzo o con abbondanti quantità di acqua. Un uso cosciente del vino e delle sue pratiche si conserva principalmente in alcune sepolture di alto rango, dove vengono raggruppati gran parte degli elementi del set per il simposio. Nei corredi etruschi, le prestigiose ceramiche attiche vengono gradualmente sostituite da vasellame etrusco e da importazioni dall’Italia meridionale, come prodotti apuli figurati o suddipinti. Il richiamo alla figura di Dioniso rimane assicurato dalla presenza del kantharos e del rython. Non bisogna pensare che la pratica legata al vino si esaurisse nel rituale di sepoltura. Gli affreschi delle tarde tombe etrusche ci mostrano come il defunto prendesse parte nell’aldilà a un ricco banchetto a base di vino, accolto dagli antenati e perfino da Ade. I Messapi, invece, non erano propensi ad accettare riproduzioni greche del proprio vaso rituale, che continua ad essere realizzato con le tecniche e gli schemi decorativi tipici della tradizione locale
Carlotta Trevisanello (2021). Bere al cospetto degli dei nell’Ellenismo. Faenza : Gli Ori.
Bere al cospetto degli dei nell’Ellenismo
Carlotta Trevisanello
2021
Abstract
Nell’Ellenismo (323-31 a.C.) si assiste al massimo sviluppo della viticoltura nella penisola italiana. Erodoto ci informa che in Etruria e in Campania fosse preferito un allevamento maritato (sostenuto da alberi), rispetto al supporto dei pali dell’Enotria (Basilicata) o dei pergolati del Brindisino. In quest’epoca, il vino cessa di essere un bene di lusso per diventare un prodotto di largo consumo, destinato anche all’esportazione. Non mancano nuove modalità per il consumo della dolce bevanda, ritenute inaccettabili da un greco come il filosofo Teofrasto, che ricorda con amarezza un vino mescolato con l’orzo o con abbondanti quantità di acqua. Un uso cosciente del vino e delle sue pratiche si conserva principalmente in alcune sepolture di alto rango, dove vengono raggruppati gran parte degli elementi del set per il simposio. Nei corredi etruschi, le prestigiose ceramiche attiche vengono gradualmente sostituite da vasellame etrusco e da importazioni dall’Italia meridionale, come prodotti apuli figurati o suddipinti. Il richiamo alla figura di Dioniso rimane assicurato dalla presenza del kantharos e del rython. Non bisogna pensare che la pratica legata al vino si esaurisse nel rituale di sepoltura. Gli affreschi delle tarde tombe etrusche ci mostrano come il defunto prendesse parte nell’aldilà a un ricco banchetto a base di vino, accolto dagli antenati e perfino da Ade. I Messapi, invece, non erano propensi ad accettare riproduzioni greche del proprio vaso rituale, che continua ad essere realizzato con le tecniche e gli schemi decorativi tipici della tradizione localeI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.