Questo libro di Alessandro Duranti, pubblicato originariamente nel 1997 nella prestigiosa serie che Cambridge Univerisity Press ha dedicato ai manuali di linguistica (i Cambridge Textbooks in Linguistics), sembra prefigurare nella letteratura accademica la sintesi di opposti, solo apparentemente impossibile, auspicata, nel frivolo mondo della cosmesi contemporanea, dall’iridescenza di ciprie trasparenti e rossetti vistosamente invisibili. Il libro di Duranti, in altre parole, è un no-textbook textbook, un manuale non-manuale, capace sia di introdurre allo studio antropologico del linguaggio dei principianti assoluti (quali possono essere gli studenti di laurea triennale o magistrale), sia di innescare riflessioni e dibattiti tra professionisti affermati su questioni teoriche e metodologiche centrali per il nostro campo di studi: l’antropologia linguistica (o antropologia del linguaggio, come Duranti preferisce chiamarla in italiano, anche se io al genitivo prediligo la dizione aggettivale che ricalca l’originale). Per il lettore italiano che forse ha poca dimestichezza con il catalogo di manuali dedicati all’interfaccia tra linguaggio e cultura – un ambito di studio che in Nord America corrisponde a una disciplina specifica, l’antropologia linguistica, ma che non ha un esatto corrispettivo in Europa – va puntualizzato che il testo di Duranti rappresenta quasi un unicum nel vasto campo della manualistica di settore2. Sebbene, infatti, negli ultimi venticinque anni siano usciti vari compendi finalizzati alla presentazione dello stato dell’arte della disciplina, alla pubblicazione del volume di Duranti, giunto ormai alla sua quindicesima ristampa, non sono seguiti altri libri dotati di un simile respiro e in grado quindi di venire adoperati sia come testo introduttivo per novizi inesperti che come trattato di antropologia linguistica dedicato a un pubblico di specialisti. Seppur a loro modo ottimi, testi più recenti come Culture and Communication di James Wilce (2017), Language, Culture, and Society di James Stanlaw, Nobuko Adachi e Zdenek Salzmann (2017), The Anthropology of Language di Harriet Ottenheimer e Judith Pine (2018) e Living Language di Laura Ahearn, pubblicato nel 2012 e giunto oggi alla sua terza edizione, sono tutti orientati a studenti dei primi anni di Università e caratterizzati da un approccio didattico e da una finalità eminentemente divulgativa. Il pubblico di specialisti e antropologi professionisti ne possono apprezzare la chiarezza esplicativa in quanto strumenti pedagogici, ma difficilmente trovano in questi testi più recenti spunti per alimentare la loro riflessione intellettuale e la loro ricerca originale.

Introduzione

Aurora Donzelli
Primo
2021

Abstract

Questo libro di Alessandro Duranti, pubblicato originariamente nel 1997 nella prestigiosa serie che Cambridge Univerisity Press ha dedicato ai manuali di linguistica (i Cambridge Textbooks in Linguistics), sembra prefigurare nella letteratura accademica la sintesi di opposti, solo apparentemente impossibile, auspicata, nel frivolo mondo della cosmesi contemporanea, dall’iridescenza di ciprie trasparenti e rossetti vistosamente invisibili. Il libro di Duranti, in altre parole, è un no-textbook textbook, un manuale non-manuale, capace sia di introdurre allo studio antropologico del linguaggio dei principianti assoluti (quali possono essere gli studenti di laurea triennale o magistrale), sia di innescare riflessioni e dibattiti tra professionisti affermati su questioni teoriche e metodologiche centrali per il nostro campo di studi: l’antropologia linguistica (o antropologia del linguaggio, come Duranti preferisce chiamarla in italiano, anche se io al genitivo prediligo la dizione aggettivale che ricalca l’originale). Per il lettore italiano che forse ha poca dimestichezza con il catalogo di manuali dedicati all’interfaccia tra linguaggio e cultura – un ambito di studio che in Nord America corrisponde a una disciplina specifica, l’antropologia linguistica, ma che non ha un esatto corrispettivo in Europa – va puntualizzato che il testo di Duranti rappresenta quasi un unicum nel vasto campo della manualistica di settore2. Sebbene, infatti, negli ultimi venticinque anni siano usciti vari compendi finalizzati alla presentazione dello stato dell’arte della disciplina, alla pubblicazione del volume di Duranti, giunto ormai alla sua quindicesima ristampa, non sono seguiti altri libri dotati di un simile respiro e in grado quindi di venire adoperati sia come testo introduttivo per novizi inesperti che come trattato di antropologia linguistica dedicato a un pubblico di specialisti. Seppur a loro modo ottimi, testi più recenti come Culture and Communication di James Wilce (2017), Language, Culture, and Society di James Stanlaw, Nobuko Adachi e Zdenek Salzmann (2017), The Anthropology of Language di Harriet Ottenheimer e Judith Pine (2018) e Living Language di Laura Ahearn, pubblicato nel 2012 e giunto oggi alla sua terza edizione, sono tutti orientati a studenti dei primi anni di Università e caratterizzati da un approccio didattico e da una finalità eminentemente divulgativa. Il pubblico di specialisti e antropologi professionisti ne possono apprezzare la chiarezza esplicativa in quanto strumenti pedagogici, ma difficilmente trovano in questi testi più recenti spunti per alimentare la loro riflessione intellettuale e la loro ricerca originale.
2021
Antropologia del Linguaggio
19
33
Aurora Donzelli
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/837818
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact