Tra le pochissime professioni che nell’ancien régime permettevano alle donne di guadagnarsi da vivere – spesso incrementando la loro fortuna tanto da farle accedere a benefici altrimenti riservati ai ceti più alti della gerarchia sociale – senza dipendere da un uomo, vi erano quelle di mantenuta e cantante, due categorie troppo spesso usate come sinonimo. Ciò implicava, per le cantanti, problematiche legali: essere donne impediva loro l’autonoma gestione delle proprietà, mentre il pregiudizio di immoralità sottintendeva guadagni illegittimi. Era per esse indispensabile (ancor più che per gli uomini) intessere rapporti con nobili mecenati o con figure dell’ambiente teatrale, che influivano sulla loro vita professionale favorendo o negando contratti, e a volte concedendo una rendita; tuttavia il loro ruolo ne tutelava anche vari aspetti della vita privata: Anna Marchesini, Giovanna Albertini, Elena Croce, Marianna Benti, Margherita Durastanti, Agata Landi, Anna Bagnolesi sono solo alcune delle cantanti di cui il conte Francesco Maria Zambeccari, agente teatrale, si preoccupava, impegnandosi per le loro scritture tanto quanto aiutandole a destreggiarsi tra le loro tresche, e proteggendole da implicazioni spiacevoli (vendette delle consorti, gravidanze indesiderate, ritorsioni legali). Particolari furono anche i casi di Margherita Salicola – e della sua rocambolesca fuga da un patrono orgoglioso e avaro (il duca di Mantova) verso un altro, generoso e libidinoso (l’elettore palatino) –, e quello di Antonia Merighi e della sua relazione decennale con il castrato Antonio Bernacchi e il suo matrimonio di comodo con il più affezionato allievo di questi. Con il presente intervento mi propongo di indagare – attraverso inedite lettere di supplica inviate dalle virtuose (personalmente o tramite un più influente intermediario) ai protettori – alcuni casi specifici (ma rappresentativi di condizioni diffuse) che testimoniano alcuni escamotage da esse attuati per aggirare leggi coeve riguardanti proprietà privata femminile, matrimoni e coabitazione, a volte risultanti in felici ménage familiari alternativi.
Valentina Anzani (2021). Patrimoni, matrimoni e tresche di virtuose, cantanti, canterine e figlie da camera attraverso le lettere di supplica ai loro Serenissimi Padroni. Wien : Hollitzer.
Patrimoni, matrimoni e tresche di virtuose, cantanti, canterine e figlie da camera attraverso le lettere di supplica ai loro Serenissimi Padroni
Valentina Anzani
2021
Abstract
Tra le pochissime professioni che nell’ancien régime permettevano alle donne di guadagnarsi da vivere – spesso incrementando la loro fortuna tanto da farle accedere a benefici altrimenti riservati ai ceti più alti della gerarchia sociale – senza dipendere da un uomo, vi erano quelle di mantenuta e cantante, due categorie troppo spesso usate come sinonimo. Ciò implicava, per le cantanti, problematiche legali: essere donne impediva loro l’autonoma gestione delle proprietà, mentre il pregiudizio di immoralità sottintendeva guadagni illegittimi. Era per esse indispensabile (ancor più che per gli uomini) intessere rapporti con nobili mecenati o con figure dell’ambiente teatrale, che influivano sulla loro vita professionale favorendo o negando contratti, e a volte concedendo una rendita; tuttavia il loro ruolo ne tutelava anche vari aspetti della vita privata: Anna Marchesini, Giovanna Albertini, Elena Croce, Marianna Benti, Margherita Durastanti, Agata Landi, Anna Bagnolesi sono solo alcune delle cantanti di cui il conte Francesco Maria Zambeccari, agente teatrale, si preoccupava, impegnandosi per le loro scritture tanto quanto aiutandole a destreggiarsi tra le loro tresche, e proteggendole da implicazioni spiacevoli (vendette delle consorti, gravidanze indesiderate, ritorsioni legali). Particolari furono anche i casi di Margherita Salicola – e della sua rocambolesca fuga da un patrono orgoglioso e avaro (il duca di Mantova) verso un altro, generoso e libidinoso (l’elettore palatino) –, e quello di Antonia Merighi e della sua relazione decennale con il castrato Antonio Bernacchi e il suo matrimonio di comodo con il più affezionato allievo di questi. Con il presente intervento mi propongo di indagare – attraverso inedite lettere di supplica inviate dalle virtuose (personalmente o tramite un più influente intermediario) ai protettori – alcuni casi specifici (ma rappresentativi di condizioni diffuse) che testimoniano alcuni escamotage da esse attuati per aggirare leggi coeve riguardanti proprietà privata femminile, matrimoni e coabitazione, a volte risultanti in felici ménage familiari alternativi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.