Virosi e Pittura floreale, un binomio azzardato. Eppure, la vicinanza è enorme ed alla portata di tutti, o meglio, di tutti coloro che desiderano riconoscere nei petali di rose, tulipani o garofani dipinti su muri, tele o ceramiche, i “segni” inequivocabili della presenza di un virus. Andiamo a scoprire assieme in che modo. I fiori sono indubbiamente uno dei soggetti naturali più raffigurati nelle opere d’arte di tutti i tempi, in circostanze e con simbologie differenti in funzione del contesto culturale, storico e tematico. E’, però, nella riproduzione fedele della realtà botanica che si inseriscono quelle particolari anomalie cromatiche che spesso contraddistinguono i fiori che comunemente ci circondano, che crescono nei nostri giardini od acquistiamo. Esistono, infatti, delle alterazioni cromatiche (macchiette, variegature, striature) su molte ornamentali a cui noi stessi non facciamo neanche caso, ma che il virologo interpreta come specifiche sintomatologie associate ad un’infezione virale. I sintomi, quando presenti (spesso i virus sono latenti), costituiscono l’effetto visibile delle modificazioni indotte da questo parassita intracellulare e vanno interpretati come il segnale indicativo di uno stato di malattia. Ma: è sempre malattia? In rarissimi casi, e soprattutto nei fiori che mostrano le alterazioni cromatiche prima indicate, non si parla di “malattia”: se infatti la pianta ospite del virus diventa più bella o attraente a seguito dell’infezione, e quindi più ricercata dal mercato, si tende a “dimenticare” che si tratta pur sempre di un individuo infetto. Un tipico esempio è dato dalle camelie che oggi commercializziamo: i petali rossi o rosa mostrano spesso ampie maculature bianche. Ebbene, si tratta di false varietà in quanto queste variegature non sono altro che gli effetti macroscopici dell’infezione di un virus. Così, delle belle camelie variegate, ossia virosate, sono ai piedi di ‘Ernestina Gavazzi Pascal’ dipinta nell’800 da Giuseppe Molteni. Eccoci arrivati al riconoscimento visivo delle alterazioni cromatiche sui fiori nella Pittura botanica quali effetti di infezioni virali. Oltre che su camelia, la presenza di virus la si può riconoscere anche su garofano, gerbera, dalia, fresia, gladiolo, iris bulbosi e rizomatosi (gli ‘Iris’ di V. Van Gogh, 1889, sono virosati), ecc., dipinti soprattutto nel ‘600 e nel ‘700 da insigni pittori fiamminghi come Daniel Seghers (1590-1661), Ambrosius Bosschaert il Vecchio (1573-1621), J.Batist van Fornenburgh (1585-1650), Willem van Aelest (1627-1683), ed italiani ad iniziare dal pittore naturalista mediceo per eccellenza, Bartolomeo Bimbi (1648-1730) e continuare con Giuseppe Recco (1634-1695), Mario Nuzzi detto Mario de Fiori (1603-1673) e tanti altri ancora. E i tulipani screziati? Impossibile non accennare alla Tulipomania ed al broken tulip (tulipano screziato): dal suo arrivo in Europa nella seconda metà del ‘500, il tulipano conobbe una diffusione rapida ed ininterrotta. Ciò che rendeva il fiore tanto attraente e diverso da ogni altra specie fino ad allora conosciuta era l’imprevedibile ed inspiegabile capacità di mutare colore di anno in anno, presentandosi in fogge variopinte e con raffinate striature sui tepali che, come dipinti da un fine pennello, rendevano ogni esemplare unico. Solo all’inizio del ‘900 fu individuato il responsabile di quei peculiari effetti cromatici: TBV-R (tulip breaking virus-Rembrandt), un virus che seppe mettere in atto una “geniale strategia” di sopravvivenza. Infatti, più le striature causate dalla sua azione rendevano avvenente il fiore, più poteva diffondersi. Il broken tulip fu quindi il grande protagonista del Seicento: un vero e proprio status symbol, capace di creare nuove tendenze nella storia dei giardini, nell’editoria e nella satira letteraria e pittorica, ridicolizzando, con intento moraleggiante, quanti si erano lasciati irretire dalla possibilità di facili guadagni attraverso la compravendita dei bulbi che arrivarono a costare cifre esorbitanti (un ‘Semper Augustus’ ben 60.000 fiorini, ossia quanto una casa del distretto più elegante di Amsterdam). Oggi, però, reperire tulipani infetti da TBV-R è pressoché impossibile. Infatti, se può migliorare l’aspetto del tulipano, su altre specie, come il lilium, questo virus provoca malformazioni e clorosi fino alla compromissione delle coltivazioni. Accontentiamoci quindi di ammirarne gli effetti solo nella Pittura.
Maria Grazia Bellardi (2021). I VIRUS NELL’ARTE PITTORICA. Bologna : Bollettino mensile delle attività del DISTAL a cura dell'Area comunicazione. [10.6092/unibo/amsacta/6773].
I VIRUS NELL’ARTE PITTORICA
Maria Grazia Bellardi
2021
Abstract
Virosi e Pittura floreale, un binomio azzardato. Eppure, la vicinanza è enorme ed alla portata di tutti, o meglio, di tutti coloro che desiderano riconoscere nei petali di rose, tulipani o garofani dipinti su muri, tele o ceramiche, i “segni” inequivocabili della presenza di un virus. Andiamo a scoprire assieme in che modo. I fiori sono indubbiamente uno dei soggetti naturali più raffigurati nelle opere d’arte di tutti i tempi, in circostanze e con simbologie differenti in funzione del contesto culturale, storico e tematico. E’, però, nella riproduzione fedele della realtà botanica che si inseriscono quelle particolari anomalie cromatiche che spesso contraddistinguono i fiori che comunemente ci circondano, che crescono nei nostri giardini od acquistiamo. Esistono, infatti, delle alterazioni cromatiche (macchiette, variegature, striature) su molte ornamentali a cui noi stessi non facciamo neanche caso, ma che il virologo interpreta come specifiche sintomatologie associate ad un’infezione virale. I sintomi, quando presenti (spesso i virus sono latenti), costituiscono l’effetto visibile delle modificazioni indotte da questo parassita intracellulare e vanno interpretati come il segnale indicativo di uno stato di malattia. Ma: è sempre malattia? In rarissimi casi, e soprattutto nei fiori che mostrano le alterazioni cromatiche prima indicate, non si parla di “malattia”: se infatti la pianta ospite del virus diventa più bella o attraente a seguito dell’infezione, e quindi più ricercata dal mercato, si tende a “dimenticare” che si tratta pur sempre di un individuo infetto. Un tipico esempio è dato dalle camelie che oggi commercializziamo: i petali rossi o rosa mostrano spesso ampie maculature bianche. Ebbene, si tratta di false varietà in quanto queste variegature non sono altro che gli effetti macroscopici dell’infezione di un virus. Così, delle belle camelie variegate, ossia virosate, sono ai piedi di ‘Ernestina Gavazzi Pascal’ dipinta nell’800 da Giuseppe Molteni. Eccoci arrivati al riconoscimento visivo delle alterazioni cromatiche sui fiori nella Pittura botanica quali effetti di infezioni virali. Oltre che su camelia, la presenza di virus la si può riconoscere anche su garofano, gerbera, dalia, fresia, gladiolo, iris bulbosi e rizomatosi (gli ‘Iris’ di V. Van Gogh, 1889, sono virosati), ecc., dipinti soprattutto nel ‘600 e nel ‘700 da insigni pittori fiamminghi come Daniel Seghers (1590-1661), Ambrosius Bosschaert il Vecchio (1573-1621), J.Batist van Fornenburgh (1585-1650), Willem van Aelest (1627-1683), ed italiani ad iniziare dal pittore naturalista mediceo per eccellenza, Bartolomeo Bimbi (1648-1730) e continuare con Giuseppe Recco (1634-1695), Mario Nuzzi detto Mario de Fiori (1603-1673) e tanti altri ancora. E i tulipani screziati? Impossibile non accennare alla Tulipomania ed al broken tulip (tulipano screziato): dal suo arrivo in Europa nella seconda metà del ‘500, il tulipano conobbe una diffusione rapida ed ininterrotta. Ciò che rendeva il fiore tanto attraente e diverso da ogni altra specie fino ad allora conosciuta era l’imprevedibile ed inspiegabile capacità di mutare colore di anno in anno, presentandosi in fogge variopinte e con raffinate striature sui tepali che, come dipinti da un fine pennello, rendevano ogni esemplare unico. Solo all’inizio del ‘900 fu individuato il responsabile di quei peculiari effetti cromatici: TBV-R (tulip breaking virus-Rembrandt), un virus che seppe mettere in atto una “geniale strategia” di sopravvivenza. Infatti, più le striature causate dalla sua azione rendevano avvenente il fiore, più poteva diffondersi. Il broken tulip fu quindi il grande protagonista del Seicento: un vero e proprio status symbol, capace di creare nuove tendenze nella storia dei giardini, nell’editoria e nella satira letteraria e pittorica, ridicolizzando, con intento moraleggiante, quanti si erano lasciati irretire dalla possibilità di facili guadagni attraverso la compravendita dei bulbi che arrivarono a costare cifre esorbitanti (un ‘Semper Augustus’ ben 60.000 fiorini, ossia quanto una casa del distretto più elegante di Amsterdam). Oggi, però, reperire tulipani infetti da TBV-R è pressoché impossibile. Infatti, se può migliorare l’aspetto del tulipano, su altre specie, come il lilium, questo virus provoca malformazioni e clorosi fino alla compromissione delle coltivazioni. Accontentiamoci quindi di ammirarne gli effetti solo nella Pittura.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.