Il saggio ricostruisce puntualmente il ruolo dello Stato italiano nella formazione professionale, emerso già negli ultimi due decenni dell’Ottocento ma divenuto centrale solamente nel corso degli anni Trenta del secolo successivo, quando venne ridimensionato il peso, fino ad allora preminente, degli enti locali. Il saggio adotta una prospettiva di genere nel tratteggiare le fasi della storia istituzionale dell’istruzione tecnica, mettendo in evidenza il progressivo ingresso delle ragazze negli istituti scolastici statali avvenuto nel primo ventennio del Novecento. La periodizzazione proposta evidenzia come la fase di apertura e di avanzamento nel rapporto tra donne, lavoro e istruzione tecnico-professionale registratasi in età giolittiana fu fortemente ridimensionata nel primo dopoguerra, a causa del calo generalizzato di iscrizioni ai percorsi di istruzione professionale femminile derivante dalla più generale crisi occupazionale della quale le lavoratrici pagarono il prezzo più alto. Nonostante i reiterati proclami del regime fascista contrari alla professionalizzazione della donna, il riordino dell’istruzione tecnico-professionale realizzato tra il 1928 e il 1932, attentamente tematizzato con riferimento sia al quadro nazionale che al “caso” bolognese, produsse un nuovo picco dell’istruzione tecnico-professionale al femminile, nel contesto di una crescita generalizzata degli istituti tecnici e professionali, finalmente riuniti sotto la Pubblica istruzione per iniziativa del Ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Belluzzo. Nella sua parte finale, il saggio affronta anche l’eredità nell’Italia repubblicana delle strutture ed elaborazioni sulla scuola del regime fascista. Un chiaro rinnovamento provenne dal varo, promosso nel 1962 dal centro-sinistra, della scuola media «unica», valida per l’accesso a tutte le scuole superiori. L’afflato riformista di quella stagione, unitamente agli effetti dello sviluppo economico, che stavano producendo una accelerazione nella crescita della popolazione scolastica, favorì il superamento di steccati sociali e di genere e una più ampia riforma degli indirizzi di studi delle scuole professionali e degli istituti tecnico-industriali.

Presenze e assenze: donne e istruzione tecnico-professionale dall’Unità alla seconda metà del Novecento

De Maria, Carlo
2021

Abstract

Il saggio ricostruisce puntualmente il ruolo dello Stato italiano nella formazione professionale, emerso già negli ultimi due decenni dell’Ottocento ma divenuto centrale solamente nel corso degli anni Trenta del secolo successivo, quando venne ridimensionato il peso, fino ad allora preminente, degli enti locali. Il saggio adotta una prospettiva di genere nel tratteggiare le fasi della storia istituzionale dell’istruzione tecnica, mettendo in evidenza il progressivo ingresso delle ragazze negli istituti scolastici statali avvenuto nel primo ventennio del Novecento. La periodizzazione proposta evidenzia come la fase di apertura e di avanzamento nel rapporto tra donne, lavoro e istruzione tecnico-professionale registratasi in età giolittiana fu fortemente ridimensionata nel primo dopoguerra, a causa del calo generalizzato di iscrizioni ai percorsi di istruzione professionale femminile derivante dalla più generale crisi occupazionale della quale le lavoratrici pagarono il prezzo più alto. Nonostante i reiterati proclami del regime fascista contrari alla professionalizzazione della donna, il riordino dell’istruzione tecnico-professionale realizzato tra il 1928 e il 1932, attentamente tematizzato con riferimento sia al quadro nazionale che al “caso” bolognese, produsse un nuovo picco dell’istruzione tecnico-professionale al femminile, nel contesto di una crescita generalizzata degli istituti tecnici e professionali, finalmente riuniti sotto la Pubblica istruzione per iniziativa del Ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Belluzzo. Nella sua parte finale, il saggio affronta anche l’eredità nell’Italia repubblicana delle strutture ed elaborazioni sulla scuola del regime fascista. Un chiaro rinnovamento provenne dal varo, promosso nel 1962 dal centro-sinistra, della scuola media «unica», valida per l’accesso a tutte le scuole superiori. L’afflato riformista di quella stagione, unitamente agli effetti dello sviluppo economico, che stavano producendo una accelerazione nella crescita della popolazione scolastica, favorì il superamento di steccati sociali e di genere e una più ampia riforma degli indirizzi di studi delle scuole professionali e degli istituti tecnico-industriali.
2021
Genere, lavoro e formazione professionale nell’Italia contemporanea
27
52
De Maria, Carlo
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