La decodificazione del DMA che si è cercato di effettuare in questo contributo consente di affermare che, al di là di talune specificità nominali dovute alla ben nota (e spesso inutile) artificiosità del linguaggio tecnologico, il DMA impiega una strumentazione concettualmente convenzionale. Le quattro principali categorizzazioni sono: a) lo sfruttamento abusivo degli utenti dei servizi; b) le pratiche leganti dirette all’espansione sui mercati collegati; c) la discriminazione dei concorrenti; e d) gli ostacoli all’accesso ad asset essenziali (i dati). Peraltro, una parte non piccola degli obblighi previsti nella proposta proibisce pratiche che già ricadono nel campo di applicazione delle norme antitrust, con il rischio di conflitti positivi di competenza la cui soluzione non appare immediata. Ciò non toglie che la declinazione sistematica dei principi antitrust nel settore digitale effettuata dal DMA abbia prodotto soluzioni innovative nella loro specificità. Ci si riferisce ad esempio all’obbligo imposto ai gatekeeper di astenersi dal combinare i dati personali ricavati da diversi servizi del gatekeeper stesso e/o di terzi (art. 5(a) DMA) che traduce in termini dettagliati il principio della libertà di scelta dei consumatori talvolta evocato, ma spesso solo in termini generici, nella giurisprudenza dei giudici dell’Unione europea. Particolarmente significativi appaiono anche gli obblighi diretti ad evitare tecniche di bundling (art. 6(1)(b), (c), (e), e (f) DMA), dato che specificano utilmente il divieto di pratiche leganti nel contesto digitale. Ancora è degno di rilievo il diritto alla portabilità dei dati (art. 6(1)(h) DMA) che, per quanto di evidente natura concorrenziale, non trovava precedenti applicativi sulla base degli artt. 101 e 102 TFUE, ed è stato invece traslato dalla disciplina sulla privacy di cui al GDPR. Infine, di grande importanza ci sembrano gli obblighi predisposti per garantire l’accesso ai dati da parte dei concorrenti dei gatekeeper (art. 6(1)(g), (i), e (j) DMA), accesso che difficilmente sarebbe possibile solo sulla base della dottrina delle essential facilities.
pietro manzini (2021). Il digital market act decodificato. Milano : Cedam Kluwer.
Il digital market act decodificato
pietro manzini
2021
Abstract
La decodificazione del DMA che si è cercato di effettuare in questo contributo consente di affermare che, al di là di talune specificità nominali dovute alla ben nota (e spesso inutile) artificiosità del linguaggio tecnologico, il DMA impiega una strumentazione concettualmente convenzionale. Le quattro principali categorizzazioni sono: a) lo sfruttamento abusivo degli utenti dei servizi; b) le pratiche leganti dirette all’espansione sui mercati collegati; c) la discriminazione dei concorrenti; e d) gli ostacoli all’accesso ad asset essenziali (i dati). Peraltro, una parte non piccola degli obblighi previsti nella proposta proibisce pratiche che già ricadono nel campo di applicazione delle norme antitrust, con il rischio di conflitti positivi di competenza la cui soluzione non appare immediata. Ciò non toglie che la declinazione sistematica dei principi antitrust nel settore digitale effettuata dal DMA abbia prodotto soluzioni innovative nella loro specificità. Ci si riferisce ad esempio all’obbligo imposto ai gatekeeper di astenersi dal combinare i dati personali ricavati da diversi servizi del gatekeeper stesso e/o di terzi (art. 5(a) DMA) che traduce in termini dettagliati il principio della libertà di scelta dei consumatori talvolta evocato, ma spesso solo in termini generici, nella giurisprudenza dei giudici dell’Unione europea. Particolarmente significativi appaiono anche gli obblighi diretti ad evitare tecniche di bundling (art. 6(1)(b), (c), (e), e (f) DMA), dato che specificano utilmente il divieto di pratiche leganti nel contesto digitale. Ancora è degno di rilievo il diritto alla portabilità dei dati (art. 6(1)(h) DMA) che, per quanto di evidente natura concorrenziale, non trovava precedenti applicativi sulla base degli artt. 101 e 102 TFUE, ed è stato invece traslato dalla disciplina sulla privacy di cui al GDPR. Infine, di grande importanza ci sembrano gli obblighi predisposti per garantire l’accesso ai dati da parte dei concorrenti dei gatekeeper (art. 6(1)(g), (i), e (j) DMA), accesso che difficilmente sarebbe possibile solo sulla base della dottrina delle essential facilities.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.