Dopo essere subentrata de facto agli Stati membri nel sistema del GATT (Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, General Agreement on Tariffs and Trade) 1947, la Comunità europea è stata uno dei protagonisti dei negoziati dell’Uruguay Round , ed è divenuta, il 1° gennaio 1995, membro originario dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), parallelamente a tutti i suoi Stati membri, in virtù dei c.d. Accordi di Marrakesh. A partire dal 1° dicembre 2009, il Trattato di Lisbona esprime una rinnovata base giuridica in materia di politica commerciale, che attribuisce in modo chiaro all’Unione europea la competenza esclusiva per tutti gli Accordi di Marrakesh . Pertanto, nel sistema multilaterale, la Comunità, poi divenuta Unione europea, è sempre stata riconosciuta come uno dei suoi principali attori; mentre, sul piano interno, un passo dopo l’altro, gli Stati membri e le istituzioni europee hanno progressivamente rivisto, interpretato, attuato i Trattati rafforzando il ruolo e il compito dell’Unione europea di promuovere incessantemente uno schema di liberalizzazione degli scambi caratterizzato dall’equità e che rispondesse alle sfide dei tempi . Fondata sul convincimento che l’integrazione economica porti stabilità e prosperità, l’Unione europea, non ricca di materie prime, ha individuato una formula vincente del suo benessere proprio nel commercio internazionale e nell’aprirsi anche agli investimenti extraeuropei: secondo dati pubblicati dalla Commissione nel 2020, il 35% del PIL dell’Unione europea deriva dal commercio con l’estero, gli investimenti esteri diretti nell’Unione europea sono il 40% del suo PIL, 35 milioni di posti di lavo-ro nell’Unione europea dipendono dalle esportazioni (dunque un posto di lavoro su sette, due terzi in più rispetto al 2000), mentre 16 milioni di posti di lavoro sono creati dagli investimenti stranieri . Per dare certezza all’apertura dei mercati e coniugarla con i valori dell’azione internazionale e la tutela degli interessi dell’Unione europea, la proiezione esterna europea ha, quindi, costantemente supportato il sistema OMC quale model-lo di multilateralismo basato sul principio dello sviluppo sostenibile e sulla international rule of law. Dalle originarie 123 parti contraenti, l’attuale membership dell’OMC è passata a 164 Membri, i cui scambi rappresentano il 98% del commercio internazionale, qualificando, indubbiamente, come universale il sistema pattizio creato dagli Accordi di Marrakech Marrakesh. Tale ampio successo ha, però, ben presto implicato una notevole difficoltà politica nell’individuare la convergenza necessaria a definire ed adottare le nuove regole indispensabili ad affrontare le sfide globali del mutato panorama internazionale, anche per la forte tensione creata dall’inedita complessità di dare legittimazione e di consentire la partecipazione della società civile ad un sistema internazionale intergovernativo chiamato a gestire una mole così imponente di impegni, dalle conseguenze estremamente impattanti sulle economie nazionali, e, dunque, sulle rispettive compagini sociali. È stato, soprattutto, l’emergere della Cina come inarrestabile potenza economica e sempre più influente attore geopolitico a bloccare la conclusione dei negoziati del Doha Round: Pechino, infatti, ha rifiutato nuove concessioni, ritenendo di averne già accordate a sufficienza accettando gli obblighi WTO-plus al momento dell’adesione all’OMC, mentre una parte significativa delle regole multilaterali già esistenti si rivelava man mano inadeguata a garantire parità di condizioni nelle relazioni commerciali, data la presenza pervasiva dello Stato cinese nel sistema produttivo ed economico del vastissimo Paese asiatico. Di fronte a tale, complesso, scenario – cui, nel 2007, si è aggiunta la crisi finanziaria, e, nel 2020, la crisi pandemica – gli Stati Uniti, artefici della creazione del sistema multilaterale nel secondo dopoguerra, nonché delle sue successive tappe di evoluzione, mostrano di faticare a riposizionarsi. Con l’amministrazione Trump, in particolare, Washington ha scelto di contrastare l’iniquità generata sull’economia globale dalla massiccia presenza del governo di Pechino nelle attività produttive e finanzia-rie cinesi ponendosi al di fuori del sistema OMC. Gli Stati Uniti hanno, così, fatto ricorso a massicce misure unilaterali per riequilibrare la bilancia commerciale e contrastare le prassi cinesi invise quali le imposizioni sul trasferimento tecnologico, giungendo a disarticolare il meccanismo ginevrino di risoluzione delle controversie per provare ad isolare il colosso cinese aumentando la pressione bilaterale nella definizione delle controversie commerciali con gli altri Membri OMC, ed avere, attraverso il veto sulla nomina dei nuovi componenti dell’Organo d’appello, un punto strategico su cui far leva per ottenere le modifiche delle regole multilate-rali utili anche a riequilibrare i rapporti economici e di forza tra Washington e Pechino. Dopo i risultati deludenti della Conferenza ministeriale di Buenos Ai-res del 2017 , nel «contesto di crescenti tensioni commerciali» , il Consiglio europeo, per preservare la connotazione del sistema dell’OMC come un meccanismo rules-based, rafforzandolo, chiede, nel giugno 2018, alla Commissione di «proporre un approccio globale teso a migliorare, insieme ai partner che condividono gli stessi principi, il funzionamento dell’OMC in merito ad aspetti cruciali, fra cui: i) negoziati più flessibili, ii) nuove norme per affrontare le attuali sfide, anche in materia di sovvenzioni all’industria, proprietà intellettuale e trasferimenti forzati di tecnologia, iii) riduzione dei costi commerciali, iv) un nuovo approccio allo sviluppo, v) una risoluzione più efficace e trasparente delle controversie, compreso l’Organo d’appello, con l’obiettivo di assicurare condizioni di parità e vi) il rafforzamento dell’OMC in quanto istituzione, anche nella sua funzione di trasparenza e vigilanza» . La Commissione elabora, quindi, nel settembre 2018, un corposo documento di riflessione (Concept Paper) , che riceve il sostegno del Parlamento europeo , e dà il via ad una attività a tutto campo per rinnovare l’OMC in tutte e tre le sue funzioni, ossia quella negoziale, quella di attuazione e monitoraggio dell’applicazione delle regole già esistenti e delle politiche commerciali dei suoi Membri, nonché la funzione di risoluzione delle controversie su-gli scambi . Con l’insediamento, nel 2019, della nuova Commissione sotto la Presidenza di Ursula Von der Leyen, la riforma dell’OMC viene non solo riaffermata, ma anche qualificata con una priorità del programma politico del quinquennio a venire ; quindi, la crisi economica scatenata dal CO-VID-19 rende ancora più urgente rinnovare il sistema multilaterale degli scambi, e in generale, ripensare in un’ottica si sostenibilità tutta la trade policy dell’Unione europea, date le gravi carenze nella governance dell’economia globale inesorabilmente emerse dalle reazioni alla pande-mia. La Commissione lancia, così, nel giugno 2020, un’importante revisione della politica commerciale dell’Unione europea , accompagnata dal pieno coinvolgimento della società civile. Quest’ultima viene resa partecipe di un decisivo processo di consultazione , al termine del quale, dopo aver redatto un importante documento esplicativo , l’istituzione europea produce, nel febbraio 2021, una consistente e impegnativa Comunicazione sul riesame della politica commerciale per mantenerla e render-la ancor più «aperta, sostenibile e assertiva» , con un ampio Allegato interamente dedicato alla riforma dell’OMC, per realizzare «un sistema commerciale multilaterale sostenibile ed efficace» . Il presente lavoro si concentrerà sulle principali proposte di riforma dell’Unione europea, dunque sulla trasparenza e il monitoraggio delle re-gole già esistenti nel sistema OMC ed il coinvolgimento della società civi-le; sulla necessità di rivedere l’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (Agreement on Subsidies and Countervailing Measures, Accordo SCM); sulla ricca green agenda per il sistema multilaterale, e sulle maggiori iniziative, al momento, plurilaterali; e, quindi, si soffermerà sulla riforma dell’Organo d’appello e del meccanismo di risoluzione delle controversie. Ne emergerà un ruolo di protagonista assoluto dell’Unione europea nel processo di riforma dell’OMC, che si muove perseguendo i valori dell’azione internazionale europea, costruendo al-leanze ed attraendo consensi con la capacità di arrivare a sintesi condivi-se, e si fa particolarmente apprezzare perché colloca le sue proposte, con coerenza, innovazione e lungimiranza, nel quadro dell’Agenda 2030 del-le Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile , e dunque della realizzazione dei suoi Sustainable Development Goals (SDGs), universalmente condivisi.
Elisa Baroncini (2021). La proposta europea di riforma dell’OMC. Milano : Wolters Kluwer - Cedan.
La proposta europea di riforma dell’OMC
Elisa Baroncini
2021
Abstract
Dopo essere subentrata de facto agli Stati membri nel sistema del GATT (Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio, General Agreement on Tariffs and Trade) 1947, la Comunità europea è stata uno dei protagonisti dei negoziati dell’Uruguay Round , ed è divenuta, il 1° gennaio 1995, membro originario dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), parallelamente a tutti i suoi Stati membri, in virtù dei c.d. Accordi di Marrakesh. A partire dal 1° dicembre 2009, il Trattato di Lisbona esprime una rinnovata base giuridica in materia di politica commerciale, che attribuisce in modo chiaro all’Unione europea la competenza esclusiva per tutti gli Accordi di Marrakesh . Pertanto, nel sistema multilaterale, la Comunità, poi divenuta Unione europea, è sempre stata riconosciuta come uno dei suoi principali attori; mentre, sul piano interno, un passo dopo l’altro, gli Stati membri e le istituzioni europee hanno progressivamente rivisto, interpretato, attuato i Trattati rafforzando il ruolo e il compito dell’Unione europea di promuovere incessantemente uno schema di liberalizzazione degli scambi caratterizzato dall’equità e che rispondesse alle sfide dei tempi . Fondata sul convincimento che l’integrazione economica porti stabilità e prosperità, l’Unione europea, non ricca di materie prime, ha individuato una formula vincente del suo benessere proprio nel commercio internazionale e nell’aprirsi anche agli investimenti extraeuropei: secondo dati pubblicati dalla Commissione nel 2020, il 35% del PIL dell’Unione europea deriva dal commercio con l’estero, gli investimenti esteri diretti nell’Unione europea sono il 40% del suo PIL, 35 milioni di posti di lavo-ro nell’Unione europea dipendono dalle esportazioni (dunque un posto di lavoro su sette, due terzi in più rispetto al 2000), mentre 16 milioni di posti di lavoro sono creati dagli investimenti stranieri . Per dare certezza all’apertura dei mercati e coniugarla con i valori dell’azione internazionale e la tutela degli interessi dell’Unione europea, la proiezione esterna europea ha, quindi, costantemente supportato il sistema OMC quale model-lo di multilateralismo basato sul principio dello sviluppo sostenibile e sulla international rule of law. Dalle originarie 123 parti contraenti, l’attuale membership dell’OMC è passata a 164 Membri, i cui scambi rappresentano il 98% del commercio internazionale, qualificando, indubbiamente, come universale il sistema pattizio creato dagli Accordi di Marrakech Marrakesh. Tale ampio successo ha, però, ben presto implicato una notevole difficoltà politica nell’individuare la convergenza necessaria a definire ed adottare le nuove regole indispensabili ad affrontare le sfide globali del mutato panorama internazionale, anche per la forte tensione creata dall’inedita complessità di dare legittimazione e di consentire la partecipazione della società civile ad un sistema internazionale intergovernativo chiamato a gestire una mole così imponente di impegni, dalle conseguenze estremamente impattanti sulle economie nazionali, e, dunque, sulle rispettive compagini sociali. È stato, soprattutto, l’emergere della Cina come inarrestabile potenza economica e sempre più influente attore geopolitico a bloccare la conclusione dei negoziati del Doha Round: Pechino, infatti, ha rifiutato nuove concessioni, ritenendo di averne già accordate a sufficienza accettando gli obblighi WTO-plus al momento dell’adesione all’OMC, mentre una parte significativa delle regole multilaterali già esistenti si rivelava man mano inadeguata a garantire parità di condizioni nelle relazioni commerciali, data la presenza pervasiva dello Stato cinese nel sistema produttivo ed economico del vastissimo Paese asiatico. Di fronte a tale, complesso, scenario – cui, nel 2007, si è aggiunta la crisi finanziaria, e, nel 2020, la crisi pandemica – gli Stati Uniti, artefici della creazione del sistema multilaterale nel secondo dopoguerra, nonché delle sue successive tappe di evoluzione, mostrano di faticare a riposizionarsi. Con l’amministrazione Trump, in particolare, Washington ha scelto di contrastare l’iniquità generata sull’economia globale dalla massiccia presenza del governo di Pechino nelle attività produttive e finanzia-rie cinesi ponendosi al di fuori del sistema OMC. Gli Stati Uniti hanno, così, fatto ricorso a massicce misure unilaterali per riequilibrare la bilancia commerciale e contrastare le prassi cinesi invise quali le imposizioni sul trasferimento tecnologico, giungendo a disarticolare il meccanismo ginevrino di risoluzione delle controversie per provare ad isolare il colosso cinese aumentando la pressione bilaterale nella definizione delle controversie commerciali con gli altri Membri OMC, ed avere, attraverso il veto sulla nomina dei nuovi componenti dell’Organo d’appello, un punto strategico su cui far leva per ottenere le modifiche delle regole multilate-rali utili anche a riequilibrare i rapporti economici e di forza tra Washington e Pechino. Dopo i risultati deludenti della Conferenza ministeriale di Buenos Ai-res del 2017 , nel «contesto di crescenti tensioni commerciali» , il Consiglio europeo, per preservare la connotazione del sistema dell’OMC come un meccanismo rules-based, rafforzandolo, chiede, nel giugno 2018, alla Commissione di «proporre un approccio globale teso a migliorare, insieme ai partner che condividono gli stessi principi, il funzionamento dell’OMC in merito ad aspetti cruciali, fra cui: i) negoziati più flessibili, ii) nuove norme per affrontare le attuali sfide, anche in materia di sovvenzioni all’industria, proprietà intellettuale e trasferimenti forzati di tecnologia, iii) riduzione dei costi commerciali, iv) un nuovo approccio allo sviluppo, v) una risoluzione più efficace e trasparente delle controversie, compreso l’Organo d’appello, con l’obiettivo di assicurare condizioni di parità e vi) il rafforzamento dell’OMC in quanto istituzione, anche nella sua funzione di trasparenza e vigilanza» . La Commissione elabora, quindi, nel settembre 2018, un corposo documento di riflessione (Concept Paper) , che riceve il sostegno del Parlamento europeo , e dà il via ad una attività a tutto campo per rinnovare l’OMC in tutte e tre le sue funzioni, ossia quella negoziale, quella di attuazione e monitoraggio dell’applicazione delle regole già esistenti e delle politiche commerciali dei suoi Membri, nonché la funzione di risoluzione delle controversie su-gli scambi . Con l’insediamento, nel 2019, della nuova Commissione sotto la Presidenza di Ursula Von der Leyen, la riforma dell’OMC viene non solo riaffermata, ma anche qualificata con una priorità del programma politico del quinquennio a venire ; quindi, la crisi economica scatenata dal CO-VID-19 rende ancora più urgente rinnovare il sistema multilaterale degli scambi, e in generale, ripensare in un’ottica si sostenibilità tutta la trade policy dell’Unione europea, date le gravi carenze nella governance dell’economia globale inesorabilmente emerse dalle reazioni alla pande-mia. La Commissione lancia, così, nel giugno 2020, un’importante revisione della politica commerciale dell’Unione europea , accompagnata dal pieno coinvolgimento della società civile. Quest’ultima viene resa partecipe di un decisivo processo di consultazione , al termine del quale, dopo aver redatto un importante documento esplicativo , l’istituzione europea produce, nel febbraio 2021, una consistente e impegnativa Comunicazione sul riesame della politica commerciale per mantenerla e render-la ancor più «aperta, sostenibile e assertiva» , con un ampio Allegato interamente dedicato alla riforma dell’OMC, per realizzare «un sistema commerciale multilaterale sostenibile ed efficace» . Il presente lavoro si concentrerà sulle principali proposte di riforma dell’Unione europea, dunque sulla trasparenza e il monitoraggio delle re-gole già esistenti nel sistema OMC ed il coinvolgimento della società civi-le; sulla necessità di rivedere l’Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (Agreement on Subsidies and Countervailing Measures, Accordo SCM); sulla ricca green agenda per il sistema multilaterale, e sulle maggiori iniziative, al momento, plurilaterali; e, quindi, si soffermerà sulla riforma dell’Organo d’appello e del meccanismo di risoluzione delle controversie. Ne emergerà un ruolo di protagonista assoluto dell’Unione europea nel processo di riforma dell’OMC, che si muove perseguendo i valori dell’azione internazionale europea, costruendo al-leanze ed attraendo consensi con la capacità di arrivare a sintesi condivi-se, e si fa particolarmente apprezzare perché colloca le sue proposte, con coerenza, innovazione e lungimiranza, nel quadro dell’Agenda 2030 del-le Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile , e dunque della realizzazione dei suoi Sustainable Development Goals (SDGs), universalmente condivisi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.