La ricostruzione che questo saggio propone, accompagnata da una ricchissima bibliografia, parte dalla conclusione della seconda guerra mondiale e dal periodo storico 1945 -1975, noto come i «trenta gloriosi». Il nodo centrale è l'analisi di come gli Usa modellarono una fase di crescita che sembrava avere introdotto per sempre nel capitalismo una dimensione sociale eliminandone la congenita instabilità e di come si è poi arrivati alla fase neoliberista degli ultimi trenta anni. Infine si analizza criticamente l'esplosione della crisi uscendo dagli schemi semplificatori di molti altri libri e articoli, in particolar modo per quanto concerne il rapporto tra finanza e industria. L'autore sviluppa, cioè, una riflessione sul presente attualizzando la domanda che Antonio Gramsci si pose sul perché Mussolini avesse vinto; insomma perché, in particolar modo in Europa, la rivoluzione neoliberista non ha incontrato una resistenza sociale, per non parlare di quella politica, all'altezza delle drammatiche conseguenze sociali che provocava? Il testo, dopo avere richiamato anche l'esigenza di una riflessione sulle trasformazioni antropologiche avvenute - consumismo e individualismo -, ricostruisce il concetto originario di Gramsci di «rivoluzione passiva», cioè di processi di trasformazione economica, sociale e politica diretti dall'alto. Tale concetto per essere utilizzato richiede, oltre alla direzione dall'alto, che le trasformazioni diano parziale soddisfazione alle istanze poste dalle classi subalterne e che vi sia l'assenza o la carenza del conflitto sociale. Notoriamente in Gramsci tale concetto era associato all'analisi del trasformismo delle classi dirigenti italiane. L'autore ci ricorda che per Gramsci le rivoluzioni passive, così intese, sono «restaurazioni progressive», vi è cioè la capacità delle classi dominanti di fare i conti con importanti processi di trasformazione della società. Così definito il concetto, egli ne trae la conclusione che mentre negli Usa esso è pienamente utilizzabile, in Europa, specificatamente in Italia manca la condizione della parziale soddisfazione di esigenze delle classi subalterne che sono state solo vittime e non parzialmente beneficiarie, come negli Usa, della bolla speculativa finanziaria.

A. Burgio (2009). Senza democrazia. Un’analisi della crisi. ROMA : DeriveApprodi.

Senza democrazia. Un’analisi della crisi

BURGIO, ALBERTO
2009

Abstract

La ricostruzione che questo saggio propone, accompagnata da una ricchissima bibliografia, parte dalla conclusione della seconda guerra mondiale e dal periodo storico 1945 -1975, noto come i «trenta gloriosi». Il nodo centrale è l'analisi di come gli Usa modellarono una fase di crescita che sembrava avere introdotto per sempre nel capitalismo una dimensione sociale eliminandone la congenita instabilità e di come si è poi arrivati alla fase neoliberista degli ultimi trenta anni. Infine si analizza criticamente l'esplosione della crisi uscendo dagli schemi semplificatori di molti altri libri e articoli, in particolar modo per quanto concerne il rapporto tra finanza e industria. L'autore sviluppa, cioè, una riflessione sul presente attualizzando la domanda che Antonio Gramsci si pose sul perché Mussolini avesse vinto; insomma perché, in particolar modo in Europa, la rivoluzione neoliberista non ha incontrato una resistenza sociale, per non parlare di quella politica, all'altezza delle drammatiche conseguenze sociali che provocava? Il testo, dopo avere richiamato anche l'esigenza di una riflessione sulle trasformazioni antropologiche avvenute - consumismo e individualismo -, ricostruisce il concetto originario di Gramsci di «rivoluzione passiva», cioè di processi di trasformazione economica, sociale e politica diretti dall'alto. Tale concetto per essere utilizzato richiede, oltre alla direzione dall'alto, che le trasformazioni diano parziale soddisfazione alle istanze poste dalle classi subalterne e che vi sia l'assenza o la carenza del conflitto sociale. Notoriamente in Gramsci tale concetto era associato all'analisi del trasformismo delle classi dirigenti italiane. L'autore ci ricorda che per Gramsci le rivoluzioni passive, così intese, sono «restaurazioni progressive», vi è cioè la capacità delle classi dominanti di fare i conti con importanti processi di trasformazione della società. Così definito il concetto, egli ne trae la conclusione che mentre negli Usa esso è pienamente utilizzabile, in Europa, specificatamente in Italia manca la condizione della parziale soddisfazione di esigenze delle classi subalterne che sono state solo vittime e non parzialmente beneficiarie, come negli Usa, della bolla speculativa finanziaria.
2009
288
9788889969700
A. Burgio (2009). Senza democrazia. Un’analisi della crisi. ROMA : DeriveApprodi.
A. Burgio
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