Se vogliamo capire come sta cambiando il lavoro dell’umanista, dobbiamo ampliare la nostra visione al vasto mondo della rappresentazione e conservazione digitale del patrimonio culturale. Dove i testi occupano un posto centrale, ma non esclusivo. Si tratta insomma di parlare di oggetti (o documenti) digitali come digital cultural heritage, patrimonio culturale digitale. Risorse come testi a stampa, manoscritti, documenti d’archivio, fotografie, ma anche quadri, oggetti museali, oggetti d’arte e di architettura, digitalizzate. Nate digitali (born digital) oppure sottoposte a un procedimento di conversione dall’analogico (vale a dire la fonte primaria) al digitale (cioè la sua rappresentazione informatica). Risorse che sono accessibili in luoghi virtuali e principalmente pensiamo al web. Il tema della conservazione digitale delle memorie culturali è ormai da tempo oggetto di studio e riflessione, e ha condotto al fiorire di differenti iniziative, principalmente originate nell’ambito della library and information science. Il problema che ci poniamo è sostanzialmente comprendere come preservare questi oggetti digitali in modo tale che non si deteriorino o addirittura scompaiano con il passare del tempo. Tenteremo quindi di capire quali sono le strategie attualmente in uso per ridurre al minimo il rischio che il tempo alteri o renda inaccessibili le memorie delle diverse culture. E allora ci dovremo chiedere quali procedure di rappresentazione informatica, finalizzate alla conservazione, è necessario adottare per fare in modo che gli oggetti digitali vengano preservati a fronte del deterioramento dei media e dell’obsolescenza delle tecnologie. Quando parliamo di oggetto digitale ci riferiamo a qualcosa di molto preciso anche se non ancora ufficialmente formalizzato e quindi univocamente definito. Principalmente oggetto digitale è associazione del dato, la fonte primaria in versione digitale nelle sue potenzialmente varie manifestazioni, e del metadato, le informazioni su quella fonte finalizzate alla sua descrizione, gestione e reperimento. Affinché gli oggetti digitali siano preservati è necessario che vengano realizzati utilizzando sistemi formali, standardizzati e portabili. File portabili, quindi, cioè leggibili da piattaforme hardware e software diverse, ma anche file che possano garantire l’interoperabilità, cioè che possano essere scambiati fra sistemi eterogenei in grado di comprenderne la struttura, ed eventualmente la semantica. Per questo ci concentreremo su Xml come linguaggio per la rappresentazione informatica delle risorse e sui metadati come strumento per la descrizione di tali risorse. Sui metadati insisteremo particolarmente perché rappresentano lo strumento per eccellenza ai fini della preservazione dei contenuti digitali. Altra questione che affronteremo è dove vengono conservati questi materiali. Pensando al web rifletteremo sul concetto di repository, cioè di depositi organizzati di contenuti digitali accessibili agli utenti. Esempi di tali luoghi virtuali per la conservazione, l’archiviazione e l’accesso sono biblioteche digitali e archivi aperti. E rifletteremo su tali concetti ragionando nell’ottica di di due spressioni che dominano il panorama del web: il web 2.0, evoluzione del web attuale in direzione collaborativa e partecipata, e il web semantico, prospettiva futura di riassetto dei sistemi di produzione, rappresentazione e gestione della conoscenza.
F. Tomasi (2010). Rappresentare e conservare. BOLOGNA : Il Mulino.
Rappresentare e conservare
TOMASI, FRANCESCA
2010
Abstract
Se vogliamo capire come sta cambiando il lavoro dell’umanista, dobbiamo ampliare la nostra visione al vasto mondo della rappresentazione e conservazione digitale del patrimonio culturale. Dove i testi occupano un posto centrale, ma non esclusivo. Si tratta insomma di parlare di oggetti (o documenti) digitali come digital cultural heritage, patrimonio culturale digitale. Risorse come testi a stampa, manoscritti, documenti d’archivio, fotografie, ma anche quadri, oggetti museali, oggetti d’arte e di architettura, digitalizzate. Nate digitali (born digital) oppure sottoposte a un procedimento di conversione dall’analogico (vale a dire la fonte primaria) al digitale (cioè la sua rappresentazione informatica). Risorse che sono accessibili in luoghi virtuali e principalmente pensiamo al web. Il tema della conservazione digitale delle memorie culturali è ormai da tempo oggetto di studio e riflessione, e ha condotto al fiorire di differenti iniziative, principalmente originate nell’ambito della library and information science. Il problema che ci poniamo è sostanzialmente comprendere come preservare questi oggetti digitali in modo tale che non si deteriorino o addirittura scompaiano con il passare del tempo. Tenteremo quindi di capire quali sono le strategie attualmente in uso per ridurre al minimo il rischio che il tempo alteri o renda inaccessibili le memorie delle diverse culture. E allora ci dovremo chiedere quali procedure di rappresentazione informatica, finalizzate alla conservazione, è necessario adottare per fare in modo che gli oggetti digitali vengano preservati a fronte del deterioramento dei media e dell’obsolescenza delle tecnologie. Quando parliamo di oggetto digitale ci riferiamo a qualcosa di molto preciso anche se non ancora ufficialmente formalizzato e quindi univocamente definito. Principalmente oggetto digitale è associazione del dato, la fonte primaria in versione digitale nelle sue potenzialmente varie manifestazioni, e del metadato, le informazioni su quella fonte finalizzate alla sua descrizione, gestione e reperimento. Affinché gli oggetti digitali siano preservati è necessario che vengano realizzati utilizzando sistemi formali, standardizzati e portabili. File portabili, quindi, cioè leggibili da piattaforme hardware e software diverse, ma anche file che possano garantire l’interoperabilità, cioè che possano essere scambiati fra sistemi eterogenei in grado di comprenderne la struttura, ed eventualmente la semantica. Per questo ci concentreremo su Xml come linguaggio per la rappresentazione informatica delle risorse e sui metadati come strumento per la descrizione di tali risorse. Sui metadati insisteremo particolarmente perché rappresentano lo strumento per eccellenza ai fini della preservazione dei contenuti digitali. Altra questione che affronteremo è dove vengono conservati questi materiali. Pensando al web rifletteremo sul concetto di repository, cioè di depositi organizzati di contenuti digitali accessibili agli utenti. Esempi di tali luoghi virtuali per la conservazione, l’archiviazione e l’accesso sono biblioteche digitali e archivi aperti. E rifletteremo su tali concetti ragionando nell’ottica di di due spressioni che dominano il panorama del web: il web 2.0, evoluzione del web attuale in direzione collaborativa e partecipata, e il web semantico, prospettiva futura di riassetto dei sistemi di produzione, rappresentazione e gestione della conoscenza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.