L’architettura delle colonie estive italiane è al centro di una serie di contributi critici che, a partire dagli anni ’80, hanno affrontato il tema secondo approcci differenti, prestando particolare attenzione, di volta in volta, all’aspetto storico, a quello tipologico o formale, alle questioni legate al restauro ed al riuso degli edifici o alla salvaguardia delle risorse ambientali, oppure concentrandosi, secondo un orientamento prevalentemente monografico, sullo studio di singoli esempi architettonici considerati come esemplari. Rispetto a questo contesto di riferimento il percorso qui proposto opera un preciso taglio temporale riferendosi agli anni trenta, periodo in cui l’attività di costruzione delle colonie raggiunge l’apice, e sposta l’attenzione su di un aspetto particolare relativo all’architettura delle colonie, ossia il rapporto fra spazio architettonico e modelli educativi che ne sono alla base. Il ruolo specifico rivestito dall’architettura all’interno della politica di regime, non solo come strumento di propaganda ma anche come laboratorio per la costruzione della società futura, appare centrale. L’architettura collabora alla definizione di una strategia orientata alla costruzione del consenso, definendosi come protagonista di una vera e propria azione educativa, interpretando i valori promossi dal regime, inquadrandone le manifestazioni, trasmettendone i contenuti. Allo studio di queste relazioni è rivolta l’indagine proposta dal presente contributo, orientata da una serie di riflessioni sui rapporti fra il comportamento umano, lo spazio in cui esso si esplica e le rappresentazioni che di questo spazio la società che lo vive costruisce nel tempo. La ricerca muove dall’ipotesi che l’architettura, e con essa l’apparato decorativo che contribuisce alla definizione degli spazi, possa configurarsi come medium pedagogico, strumento educativo a servizio del sistema totalitario, incidendo sui comportamenti, agendo sulla sfera emotiva, imprimendo segni nella memoria. In questo contesto si collocano non solo la lettura della colonia come eterotopia e l’indagine sullo statuto dell’immagine condotta a partire dai contenuti della Mostra Nazionale delle Colonie Estive e dell'Assistenza all'Infanzia del 1937, ma anche l’approfondimento analitico sulle colonie XXVIII Ottobre, Sandro Mussolini e Rinaldo Piaggio. L’analisi delle tre colonie, definite come vere e proprie icone e caratterizzate da linguaggi, scelte formali e criteri funzionali in parte o del tutto diversi fra loro, offre la possibilità di verificare sul terreno alcuni aspetti connaturati all’ipotesi evidenziata, risalendo dai dispositivi architettonici ai modelli educativi. Al tempo stesso suggerisce che quando l’architettura rifugge la dimensione puramente retorica che la conduce ad una sorta di solidificazione ideologica, quando affonda le radici nelle sue proprie ragioni d’essere aprendosi ai temi ideali proposti dal proprio tempo, allora essa possa garantire la persistenza di una zona neutra aperta all’espressione della soggettività rifuggendo il rigido asservimento delle pietre al comando e lasciando trapelare i contenuti dei modelli educativi di stampo liberale.

E. Mucelli (2009). Colonie di vacanza italiane degli anni '30. Architetture per l'educazione del corpo e dello spirito. FIRENZE : Alinea.

Colonie di vacanza italiane degli anni '30. Architetture per l'educazione del corpo e dello spirito

MUCELLI, ELENA
2009

Abstract

L’architettura delle colonie estive italiane è al centro di una serie di contributi critici che, a partire dagli anni ’80, hanno affrontato il tema secondo approcci differenti, prestando particolare attenzione, di volta in volta, all’aspetto storico, a quello tipologico o formale, alle questioni legate al restauro ed al riuso degli edifici o alla salvaguardia delle risorse ambientali, oppure concentrandosi, secondo un orientamento prevalentemente monografico, sullo studio di singoli esempi architettonici considerati come esemplari. Rispetto a questo contesto di riferimento il percorso qui proposto opera un preciso taglio temporale riferendosi agli anni trenta, periodo in cui l’attività di costruzione delle colonie raggiunge l’apice, e sposta l’attenzione su di un aspetto particolare relativo all’architettura delle colonie, ossia il rapporto fra spazio architettonico e modelli educativi che ne sono alla base. Il ruolo specifico rivestito dall’architettura all’interno della politica di regime, non solo come strumento di propaganda ma anche come laboratorio per la costruzione della società futura, appare centrale. L’architettura collabora alla definizione di una strategia orientata alla costruzione del consenso, definendosi come protagonista di una vera e propria azione educativa, interpretando i valori promossi dal regime, inquadrandone le manifestazioni, trasmettendone i contenuti. Allo studio di queste relazioni è rivolta l’indagine proposta dal presente contributo, orientata da una serie di riflessioni sui rapporti fra il comportamento umano, lo spazio in cui esso si esplica e le rappresentazioni che di questo spazio la società che lo vive costruisce nel tempo. La ricerca muove dall’ipotesi che l’architettura, e con essa l’apparato decorativo che contribuisce alla definizione degli spazi, possa configurarsi come medium pedagogico, strumento educativo a servizio del sistema totalitario, incidendo sui comportamenti, agendo sulla sfera emotiva, imprimendo segni nella memoria. In questo contesto si collocano non solo la lettura della colonia come eterotopia e l’indagine sullo statuto dell’immagine condotta a partire dai contenuti della Mostra Nazionale delle Colonie Estive e dell'Assistenza all'Infanzia del 1937, ma anche l’approfondimento analitico sulle colonie XXVIII Ottobre, Sandro Mussolini e Rinaldo Piaggio. L’analisi delle tre colonie, definite come vere e proprie icone e caratterizzate da linguaggi, scelte formali e criteri funzionali in parte o del tutto diversi fra loro, offre la possibilità di verificare sul terreno alcuni aspetti connaturati all’ipotesi evidenziata, risalendo dai dispositivi architettonici ai modelli educativi. Al tempo stesso suggerisce che quando l’architettura rifugge la dimensione puramente retorica che la conduce ad una sorta di solidificazione ideologica, quando affonda le radici nelle sue proprie ragioni d’essere aprendosi ai temi ideali proposti dal proprio tempo, allora essa possa garantire la persistenza di una zona neutra aperta all’espressione della soggettività rifuggendo il rigido asservimento delle pietre al comando e lasciando trapelare i contenuti dei modelli educativi di stampo liberale.
2009
168
9788860554253
E. Mucelli (2009). Colonie di vacanza italiane degli anni '30. Architetture per l'educazione del corpo e dello spirito. FIRENZE : Alinea.
E. Mucelli
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