Nel 1552, dopo aver compiuto opera di evangelizzazione in India e Giappone, Francesco Saverio moriva nella remota isola di Shangchuan (in Occidente lusitanizzata per assonanza in Sanchoão, iberizzata in San Juan e più spesso romanizzata in Sancian/Sancien), posta nel Mar Cinese Meridionale nei pressi dell’estuario del Fiume delle Perle, dove il gesuita spagnolo si era recato nel tentativo di introdurre il Cristianesimo nell’Impero Ming. Di lì a pochissimo la penetrazione portoghese nella regione aumentava sensibilmente (Macao fu riconosciuta come possedimento coloniale lusitano a partire dal 1557-1558 circa) e si inaugurava concretamente la “stagione gesuitica” in Cina, di cui Francesco Saverio era stato precursore, tramite le figure pionieristiche di Michele Ruggieri e Matteo Ricci (dal 1583 entrambi insediati nel Guangdong). In un tale contesto, a partire dal tardo Cinquecento l’isola di Shangchuan, ubicata sulle rotte per Macao, conobbe una nuova centralità nelle narrazioni di viaggio e nella percezione del paesaggio da parte occidentale: non più un’isola anonima, bensì il luogo ai margini della Cina in cui quello che era stato ribattezzato “l’Apostolo delle Indie”, già canonizzato nel 1622, aveva concluso la sua esperienza terrena mentre adempiva alla propria missione. Shangchuan veniva cioè ad assumere un significato augurale e finalistico per i viaggiatori occidentali diretti nell’Impero di Mezzo che la visitavano o passavano nei pressi, specie per i missionari: protezione e buon auspicio per le rispettive imprese; memento della necessità di completare l’evangelizzazione della Cina iniziata in nuce dal gesuita spagnolo. L’articolo discute i brani odeporici più significativi al riguardo, dal racconto del pittore Giovanni Gherardini (il cui viaggio si data al 1698-1699) a quello del francescano Giambattista Maoletti (1705), e i riflessi cartografici della questione nelle opere di Michele Ruggieri (fine XVI-inizi XVII secolo), del gesuita tedesco Caspar Castner (1700 circa) e di altri. Ulteriori note sono dedicate a lavori databili tra fine Ottocento e inizi Novecento, periodo durante il quale, in un contesto geopolitico ora completamente mutato, avvenne una riscoperta culturale e religiosa dell’isola.

Verso Oriente sotto la protezione di Francesco Saverio : l’isola di Shangchuan (Guangdong) tra odeporica e teleologia cristiana

Stefano Piastra
2021

Abstract

Nel 1552, dopo aver compiuto opera di evangelizzazione in India e Giappone, Francesco Saverio moriva nella remota isola di Shangchuan (in Occidente lusitanizzata per assonanza in Sanchoão, iberizzata in San Juan e più spesso romanizzata in Sancian/Sancien), posta nel Mar Cinese Meridionale nei pressi dell’estuario del Fiume delle Perle, dove il gesuita spagnolo si era recato nel tentativo di introdurre il Cristianesimo nell’Impero Ming. Di lì a pochissimo la penetrazione portoghese nella regione aumentava sensibilmente (Macao fu riconosciuta come possedimento coloniale lusitano a partire dal 1557-1558 circa) e si inaugurava concretamente la “stagione gesuitica” in Cina, di cui Francesco Saverio era stato precursore, tramite le figure pionieristiche di Michele Ruggieri e Matteo Ricci (dal 1583 entrambi insediati nel Guangdong). In un tale contesto, a partire dal tardo Cinquecento l’isola di Shangchuan, ubicata sulle rotte per Macao, conobbe una nuova centralità nelle narrazioni di viaggio e nella percezione del paesaggio da parte occidentale: non più un’isola anonima, bensì il luogo ai margini della Cina in cui quello che era stato ribattezzato “l’Apostolo delle Indie”, già canonizzato nel 1622, aveva concluso la sua esperienza terrena mentre adempiva alla propria missione. Shangchuan veniva cioè ad assumere un significato augurale e finalistico per i viaggiatori occidentali diretti nell’Impero di Mezzo che la visitavano o passavano nei pressi, specie per i missionari: protezione e buon auspicio per le rispettive imprese; memento della necessità di completare l’evangelizzazione della Cina iniziata in nuce dal gesuita spagnolo. L’articolo discute i brani odeporici più significativi al riguardo, dal racconto del pittore Giovanni Gherardini (il cui viaggio si data al 1698-1699) a quello del francescano Giambattista Maoletti (1705), e i riflessi cartografici della questione nelle opere di Michele Ruggieri (fine XVI-inizi XVII secolo), del gesuita tedesco Caspar Castner (1700 circa) e di altri. Ulteriori note sono dedicate a lavori databili tra fine Ottocento e inizi Novecento, periodo durante il quale, in un contesto geopolitico ora completamente mutato, avvenne una riscoperta culturale e religiosa dell’isola.
2021
I viaggi e la modernità. Dalle grandi esplorazioni geografiche ai mondi extraterrestri
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Stefano Piastra
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