Il lavoro tenta di colmare una lacuna presente nella storiografia italiana e straniera riguardo al tema della censura sovietica, un argomento pressoché trascurato dagli storici occidentali e affrontato in modo quasi esclusivamente documentario dagli studiosi russi. I diversi volumi pubblicati di recente in Russia sono infatti delle preziose raccolte di documenti d’archivio, ma mancano completamente di interpretazione critica. Manca soprattutto un approccio che veda nella censura sovietica una istituzione sociale con forti continuità con il passato zarista, e che non si limiti a sottolinearne l’innegabile carattere repressivo dimenticando i suoi risvolti “propositivi”. In realtà, gli aspetti della censura sovietica sono molteplici e l’istituto censorio non necessariamente esercita il suo potere attraverso forme coercitive; ci sono modalità di intervento che si espletano attraverso una complessa rete di istituzioni culturali, in grado di “produrre” la società, sanzionando pensieri ed atteggiamenti pericolosi per il sistema ed organizzando al contempo una serie di organismi destinati a forgiare comportamenti e mentalità ortodossi, tanto da rendere spesso quasi inutile la funzione del censore esterno, sostituito dal “censore dell’anima”. È questo secondo aspetto della censura che l’autrice cerca di evidenziare nel presente lavoro, senza tuttavia trascurare la grande macchina repressiva messa in atto dal potere sovietico. Nella prima parte del volume, si descrivono le relazioni esistenti fra il campo del potere (Partito e Stato) e quello culturale all’epoca della “stagnazione”. Nella seconda parte viene presentato il complesso delle istituzioni censorie del ventennio brežneviano, a partire da quelle propriamente politiche (Glavlit, KGB, Unioni artistiche), proseguendo con quelle estetiche (letteratura, critica, traduzione), e terminando con l’esame di due istituzioni tipiche di questo periodo, il samizdat e la censura di redazione. Nella terza parte del volume si esamina il grande corpus di argomenti tabù e di divieti che regolavano e filtravano l’immissione della letteratura nel mercato, l’insieme di norme che finivano per decidere quali libri avessero diritto immediato alla diffusione, quali dovessero essere sottoposti a modifiche e quali fossero condannati alla reclusione nel “gulag dei libri”, gli specchrany. Lo studio propone in seguito due casi concreti di censura letteraria (i casi dell’almanacco Metropol’ e del romanzo Sandro iz Čegema) che mettono in luce come, nel periodo della “stagnazione”, ai grandi organi censorio-repressivi (Glavlit, KGB) si siano sostituite istituzioni minori contemporaneamente repressive e produttive come le redazioni o l’Unione degli scrittori. Infine, viene presentato un breve excursus degli sviluppi dell’istituto censorio in epoca post-sovietica, quando, nell’arco di pochi anni, una struttura di esperienza secolare sembra andare in pezzi per essere sostituita da nuove forme di censura, più occulte, che si celano dietro una “violenza simbolica” ancora imperante sul processo culturale, anche se in forma più subdola e con modalità ormai del tutto diverse.

Censura, istituzioni e politica letteraria in URSS (1964-1985) / M. Zalambani. - STAMPA. - (2009).

Censura, istituzioni e politica letteraria in URSS (1964-1985)

ZALAMBANI, MARIA
2009

Abstract

Il lavoro tenta di colmare una lacuna presente nella storiografia italiana e straniera riguardo al tema della censura sovietica, un argomento pressoché trascurato dagli storici occidentali e affrontato in modo quasi esclusivamente documentario dagli studiosi russi. I diversi volumi pubblicati di recente in Russia sono infatti delle preziose raccolte di documenti d’archivio, ma mancano completamente di interpretazione critica. Manca soprattutto un approccio che veda nella censura sovietica una istituzione sociale con forti continuità con il passato zarista, e che non si limiti a sottolinearne l’innegabile carattere repressivo dimenticando i suoi risvolti “propositivi”. In realtà, gli aspetti della censura sovietica sono molteplici e l’istituto censorio non necessariamente esercita il suo potere attraverso forme coercitive; ci sono modalità di intervento che si espletano attraverso una complessa rete di istituzioni culturali, in grado di “produrre” la società, sanzionando pensieri ed atteggiamenti pericolosi per il sistema ed organizzando al contempo una serie di organismi destinati a forgiare comportamenti e mentalità ortodossi, tanto da rendere spesso quasi inutile la funzione del censore esterno, sostituito dal “censore dell’anima”. È questo secondo aspetto della censura che l’autrice cerca di evidenziare nel presente lavoro, senza tuttavia trascurare la grande macchina repressiva messa in atto dal potere sovietico. Nella prima parte del volume, si descrivono le relazioni esistenti fra il campo del potere (Partito e Stato) e quello culturale all’epoca della “stagnazione”. Nella seconda parte viene presentato il complesso delle istituzioni censorie del ventennio brežneviano, a partire da quelle propriamente politiche (Glavlit, KGB, Unioni artistiche), proseguendo con quelle estetiche (letteratura, critica, traduzione), e terminando con l’esame di due istituzioni tipiche di questo periodo, il samizdat e la censura di redazione. Nella terza parte del volume si esamina il grande corpus di argomenti tabù e di divieti che regolavano e filtravano l’immissione della letteratura nel mercato, l’insieme di norme che finivano per decidere quali libri avessero diritto immediato alla diffusione, quali dovessero essere sottoposti a modifiche e quali fossero condannati alla reclusione nel “gulag dei libri”, gli specchrany. Lo studio propone in seguito due casi concreti di censura letteraria (i casi dell’almanacco Metropol’ e del romanzo Sandro iz Čegema) che mettono in luce come, nel periodo della “stagnazione”, ai grandi organi censorio-repressivi (Glavlit, KGB) si siano sostituite istituzioni minori contemporaneamente repressive e produttive come le redazioni o l’Unione degli scrittori. Infine, viene presentato un breve excursus degli sviluppi dell’istituto censorio in epoca post-sovietica, quando, nell’arco di pochi anni, una struttura di esperienza secolare sembra andare in pezzi per essere sostituita da nuove forme di censura, più occulte, che si celano dietro una “violenza simbolica” ancora imperante sul processo culturale, anche se in forma più subdola e con modalità ormai del tutto diverse.
2009
284
9788864530758
9788864530802
Censura, istituzioni e politica letteraria in URSS (1964-1985) / M. Zalambani. - STAMPA. - (2009).
M. Zalambani
File in questo prodotto:
Eventuali allegati, non sono esposti

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/80714
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact