Il contributo parte da una disamina della produzione libraria costantinopolitana di alto livello, riferibile alla metà del secolo XIV circa e legata in primo luogo alla figura del notaio patriarcale Giorgio Galesiota. Prendendo spunto dal Tetravangelo Sinait. gr. 152, datato al 1346 e vergato per Isacco Paleologo Asan, theios dell’imperatore Giovanni V Paleologo, si tenta da un lato di ricostruire il contesto storico e politico in cui tale cimelio fu allestito, nel periodo che dalla guerra civile condusse poi all’avvento di Giovanni VI Cantacuzeno sul trono imperiale; dall’altro di aggregare al codice di S. Caterina altri volumi su pergamena, un materiale ancora adoperato, tra la metà e la seconda metà del XIV secolo, seppure quasi esclusivamente nelle committenze di alte sfere politiche e religiose. Tra questi manoscritti spicca il Salterio (con il commento marginale di Eutimio Zigabeno) Athen. EBE 2, frutto della collaborazione fra Galesiota e un altro scriba. All’identificazione di quest’ultimo copista, riconosciuto come Giovanni Duca Malace, e alla sua figura professionale, ben inserita nel milieu culturale del tempo, è dedicata la seconda parte del lavoro. Dapprima si ripercorrono in dettaglio le tappe dell’attività scrittoria di Malace, documentata nei testimoni (cartacei) di opere patristiche Vat. gr. 1503 e Monac. gr. 216, che recano menzione esplicita (parziale o completa) del nome; e poi si affrontano una serie di questioni prosopografiche e attribuzionistiche, vagliando criticamente talune proposte avanzate più di recente, miranti a ricondurre la produzione manoscritta di Malace a "circoli di scrittura" antipalamiti.

Un’aggiunta su copisti greci del secolo XIV: A proposito di Giovanni Duca Malace, collaboratore di Giorgio Galesiota nell’Athen. EBE 2

Giuseppe De Gregorio
2020

Abstract

Il contributo parte da una disamina della produzione libraria costantinopolitana di alto livello, riferibile alla metà del secolo XIV circa e legata in primo luogo alla figura del notaio patriarcale Giorgio Galesiota. Prendendo spunto dal Tetravangelo Sinait. gr. 152, datato al 1346 e vergato per Isacco Paleologo Asan, theios dell’imperatore Giovanni V Paleologo, si tenta da un lato di ricostruire il contesto storico e politico in cui tale cimelio fu allestito, nel periodo che dalla guerra civile condusse poi all’avvento di Giovanni VI Cantacuzeno sul trono imperiale; dall’altro di aggregare al codice di S. Caterina altri volumi su pergamena, un materiale ancora adoperato, tra la metà e la seconda metà del XIV secolo, seppure quasi esclusivamente nelle committenze di alte sfere politiche e religiose. Tra questi manoscritti spicca il Salterio (con il commento marginale di Eutimio Zigabeno) Athen. EBE 2, frutto della collaborazione fra Galesiota e un altro scriba. All’identificazione di quest’ultimo copista, riconosciuto come Giovanni Duca Malace, e alla sua figura professionale, ben inserita nel milieu culturale del tempo, è dedicata la seconda parte del lavoro. Dapprima si ripercorrono in dettaglio le tappe dell’attività scrittoria di Malace, documentata nei testimoni (cartacei) di opere patristiche Vat. gr. 1503 e Monac. gr. 216, che recano menzione esplicita (parziale o completa) del nome; e poi si affrontano una serie di questioni prosopografiche e attribuzionistiche, vagliando criticamente talune proposte avanzate più di recente, miranti a ricondurre la produzione manoscritta di Malace a "circoli di scrittura" antipalamiti.
2020
140
9788855535113
Giuseppe De Gregorio
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