Si analizzano le strategie retoriche e le routines professionali nella cronaca del femminicidio, con particolare riferimento alla narrazione dell’omicidio «intimo» operato dal partner o ex partner o amante occasionale. La rilevazione ha considerato gli articoli pubblicati nel triennio 2015-2017 nelle edizioni online di 4 quotidiani italiani: «Corriere della Sera», «la Repubblica», «Il Giornale» e «Quotidiano Nazionale». L’analisi delle notizie è stata accompagnata dalla raccolta di 30 interviste a giornalisti e giornaliste di quotidiani, testate televisive e agenzie di stampa, impegnati nel settore della cronaca e coinvolti più volte nella copertura di un caso di omicidio femminile (o femminicidio). Sono stati individuati nel complesso 1.562 articoli che fanno rilevare una copertura pari a quasi l’87% dei 215 casi che rispondono al requisito di donna uccisa per omicidio classificato come volontario per mano di partner o ex partner o amante occasionale. Per ricostruire le strategie retoriche i testi sono stati elaborati servendosi anche del software Atlas.ti. Nell’analisi trasversale delle narrazioni online di questi intimate partner femicides è emersa una prima classificazione che ha considerato lo spazio effettivo in termini di numerosità di articoli e durata della notiziabilità. Si configurano da questo punto di vista tre diverse dimensioni con valore-notizia variabile, per le quali si illusttrano le differenti cornici utilizzate dalla cronaca. Si va da pochissimi casi ampiamente notiziati che sollecitano narrazioni complesse e protratte nel tempo, a cronache molto più brevi e ad episodi narrati mediamente in modo pressoché routinario. Possiamo quindi distinguere: 1) femminicidi ad «alto profilo» di notiziabilità, 2) femminicidi di cronaca quasi-routinaria o «tipici» e 3) femminicidi che le cronache qualificano come «tragedia della solitudine», in quanto hanno come vittima donne anziane malate che – seppure catalizzino una quantità minima di articoli rispetto al corpus – mostrano il ricorso consistente a una precisa strategia retorica di normalizzazione e giustificazione. L'analisi dei frames interpretativi , supportata anche dalle interviste con i giornalisti, conferma, da un lato, la predominanza delle grammatiche tipiche della cronaca nera, tanto più evidente quando la vicenda ne permette la cosiddetta «tabloidization» o settimanalizzazione spettacolarizzata e, dall'altro, la persistenza di una lettura in termini individualistici più che socio-relazionali (es.: «amore malato» e «perdita di controllo»). Si evidenziano tuttavia anche elementi di cambiamento rispetto ad una precedente ricerca effettuata da due delle autrici su articoli di anni precedenti: alcuni effetti legati alle linee guida deontologiche suggerite dal Manifesto di Venezia promosso da giornaliste femministe, l'utilizzo sempre più frequente seppur non ancora regolamentato dei social media come fonti da cui desumere anche la voce della vittima, l'evocazione di precedenti denunce o maltrattamenti quale forma ambivalente di stigmatizzazione ma anche di ancoraggio ad un contesto relazionale connesso alla violenza di genere.
P. Lalli, C.G. (2020). La cronaca nera si tinge di rosa: il femminicidio da perte del partner. Bologna : Società editrice il Mulino.
La cronaca nera si tinge di rosa: il femminicidio da perte del partner
P. Lalli
Primo
;C. GiusSecondo
;M. ZIngoneUltimo
2020
Abstract
Si analizzano le strategie retoriche e le routines professionali nella cronaca del femminicidio, con particolare riferimento alla narrazione dell’omicidio «intimo» operato dal partner o ex partner o amante occasionale. La rilevazione ha considerato gli articoli pubblicati nel triennio 2015-2017 nelle edizioni online di 4 quotidiani italiani: «Corriere della Sera», «la Repubblica», «Il Giornale» e «Quotidiano Nazionale». L’analisi delle notizie è stata accompagnata dalla raccolta di 30 interviste a giornalisti e giornaliste di quotidiani, testate televisive e agenzie di stampa, impegnati nel settore della cronaca e coinvolti più volte nella copertura di un caso di omicidio femminile (o femminicidio). Sono stati individuati nel complesso 1.562 articoli che fanno rilevare una copertura pari a quasi l’87% dei 215 casi che rispondono al requisito di donna uccisa per omicidio classificato come volontario per mano di partner o ex partner o amante occasionale. Per ricostruire le strategie retoriche i testi sono stati elaborati servendosi anche del software Atlas.ti. Nell’analisi trasversale delle narrazioni online di questi intimate partner femicides è emersa una prima classificazione che ha considerato lo spazio effettivo in termini di numerosità di articoli e durata della notiziabilità. Si configurano da questo punto di vista tre diverse dimensioni con valore-notizia variabile, per le quali si illusttrano le differenti cornici utilizzate dalla cronaca. Si va da pochissimi casi ampiamente notiziati che sollecitano narrazioni complesse e protratte nel tempo, a cronache molto più brevi e ad episodi narrati mediamente in modo pressoché routinario. Possiamo quindi distinguere: 1) femminicidi ad «alto profilo» di notiziabilità, 2) femminicidi di cronaca quasi-routinaria o «tipici» e 3) femminicidi che le cronache qualificano come «tragedia della solitudine», in quanto hanno come vittima donne anziane malate che – seppure catalizzino una quantità minima di articoli rispetto al corpus – mostrano il ricorso consistente a una precisa strategia retorica di normalizzazione e giustificazione. L'analisi dei frames interpretativi , supportata anche dalle interviste con i giornalisti, conferma, da un lato, la predominanza delle grammatiche tipiche della cronaca nera, tanto più evidente quando la vicenda ne permette la cosiddetta «tabloidization» o settimanalizzazione spettacolarizzata e, dall'altro, la persistenza di una lettura in termini individualistici più che socio-relazionali (es.: «amore malato» e «perdita di controllo»). Si evidenziano tuttavia anche elementi di cambiamento rispetto ad una precedente ricerca effettuata da due delle autrici su articoli di anni precedenti: alcuni effetti legati alle linee guida deontologiche suggerite dal Manifesto di Venezia promosso da giornaliste femministe, l'utilizzo sempre più frequente seppur non ancora regolamentato dei social media come fonti da cui desumere anche la voce della vittima, l'evocazione di precedenti denunce o maltrattamenti quale forma ambivalente di stigmatizzazione ma anche di ancoraggio ad un contesto relazionale connesso alla violenza di genere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.