Nel circolo materno è presente materiale genetico di origine fetale sotto forma di una miscela di frammenti di acidi nucleici aventi due distinte origini: materna e fetale. La quantità di DNA fetale rilevata nel campione di plasma analizzato rispetto al DNA plasmatico totale (materno + fetale) viene espressa in termini di frazione fetale (FF). Per poter fornire risultati attendibili è necessaria una frazione fetale di almeno il 4%. Le principali tecniche di sequenziamento utilizzate per l’analisi del cfDNA sono tecniche quantitative di seconda generazione (Next Generation Sequencing - NGS) dell’intero genoma (Massively Parallel Shotgun Sequency - MPSS) o di specifiche regioni (CSS, Chromosome Selective Sequencing). Un approccio alternativo di tipo qualitatitvo è basato sull'analisi dei polimorfismi a singolo nucleotide (Single-nucleotide polymorphysm- SNPs). Nessuna delle tecniche di analisi del cfDNA attualmente in uso è in grado di fornire una percentuale di falsi positivi (FPR) pari a 0% e sensibilità (DR) del 100%, configurandosi, di fatto, come test di screening e non diagnostici. Alcune delle applicazioni del cfDNA riguardano l’indagine non invasiva di microdelezioni e altre malattie monogeniche, tuttavia, allo stato attuale non sono disponibili dati sufficientemente validati per porre indicazione al loro utilizzo nella pratica clinica. Una valutazione ecografica accurata nel primo trimestre dovrebbe essere offerta a tutte le donne che richiedono uno screening prenatale indipendentemente dalla scelta di sottoporsi al test del cfDNA. L’esito del cfDNA test viene espresso in forma di due possibili risultati per ciascuna delle aneuploidie cromosomiche prese in esame: basso rischio (> 1 su 10.000) o alto rischio (> 99%). Un risultato di basso rischio consente di ridurre il rischio a priori di circa 300 volte per la trisomia 21 e di 50 volte per la trisomia 18 e 13. Un risultato di alto rischio prevede una conferma diagnostica mediante villocentesi o amniocentesi. In una percentuale variabile tra l’1% e il 5% delle gravidanze, il test del cfDNA può non fornire alcun risultato al primo prelievo. Tentativi successivi forniscono un risultato nel 60-70% dei casi. Il fallimento della metodica nella maggior parte dei casi è attribuibile ad una bassa frazione fetale. L’implementazione del cfDNA nella pratica clinica può essere realizzata attraverso due possibili percorsi: in sostituzione all’attuale Test Combinato (“screening universale”) oppure come screening di seconda linea dopo Test Combinato (“screening contingente”). Il modello contingente appare il più vantaggioso.
Il DNA fetale
Anna Nunzia Della Gatta;
2019
Abstract
Nel circolo materno è presente materiale genetico di origine fetale sotto forma di una miscela di frammenti di acidi nucleici aventi due distinte origini: materna e fetale. La quantità di DNA fetale rilevata nel campione di plasma analizzato rispetto al DNA plasmatico totale (materno + fetale) viene espressa in termini di frazione fetale (FF). Per poter fornire risultati attendibili è necessaria una frazione fetale di almeno il 4%. Le principali tecniche di sequenziamento utilizzate per l’analisi del cfDNA sono tecniche quantitative di seconda generazione (Next Generation Sequencing - NGS) dell’intero genoma (Massively Parallel Shotgun Sequency - MPSS) o di specifiche regioni (CSS, Chromosome Selective Sequencing). Un approccio alternativo di tipo qualitatitvo è basato sull'analisi dei polimorfismi a singolo nucleotide (Single-nucleotide polymorphysm- SNPs). Nessuna delle tecniche di analisi del cfDNA attualmente in uso è in grado di fornire una percentuale di falsi positivi (FPR) pari a 0% e sensibilità (DR) del 100%, configurandosi, di fatto, come test di screening e non diagnostici. Alcune delle applicazioni del cfDNA riguardano l’indagine non invasiva di microdelezioni e altre malattie monogeniche, tuttavia, allo stato attuale non sono disponibili dati sufficientemente validati per porre indicazione al loro utilizzo nella pratica clinica. Una valutazione ecografica accurata nel primo trimestre dovrebbe essere offerta a tutte le donne che richiedono uno screening prenatale indipendentemente dalla scelta di sottoporsi al test del cfDNA. L’esito del cfDNA test viene espresso in forma di due possibili risultati per ciascuna delle aneuploidie cromosomiche prese in esame: basso rischio (> 1 su 10.000) o alto rischio (> 99%). Un risultato di basso rischio consente di ridurre il rischio a priori di circa 300 volte per la trisomia 21 e di 50 volte per la trisomia 18 e 13. Un risultato di alto rischio prevede una conferma diagnostica mediante villocentesi o amniocentesi. In una percentuale variabile tra l’1% e il 5% delle gravidanze, il test del cfDNA può non fornire alcun risultato al primo prelievo. Tentativi successivi forniscono un risultato nel 60-70% dei casi. Il fallimento della metodica nella maggior parte dei casi è attribuibile ad una bassa frazione fetale. L’implementazione del cfDNA nella pratica clinica può essere realizzata attraverso due possibili percorsi: in sostituzione all’attuale Test Combinato (“screening universale”) oppure come screening di seconda linea dopo Test Combinato (“screening contingente”). Il modello contingente appare il più vantaggioso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.