La danza italiana cerca se stessa, oggi, anche mettendo in campo pratiche della memoria tese a mantenere viva l’attualità di creazioni coreografiche che, nate in un passato relativamente recente, si proiettano sul tempo che viviamo ora per tentare di farne parte. In piena sintonia con un panorama internazionale denso di artisti ugualmente attenti alla auto-costruzione di un repertorio del contemporaneo, l’ampio progetto RIC.CI ideato da Marinella Guatterini a partire dal 2011 e ancora aperto, il monografico progetto Antologia, voluto da Roberto Zappalà tra il 2016 e il 2019, i singoli spettacoli Otto 2003/2018 (2018), di Kinkaleri, che già nel titolo porta un riferimento esplicito al precedente Otto (2003), come peraltro Ilinx. Assolo in ritornello (playing vertigo) (2009), di Simona Bertozzi, richiesto, a dieci anni dal debutto, dalla Biennale Danza di Venezia e diventato quindi Ilinx. Don’t stop the dance (2019), sono soltanto alcune delle possibili modalità per dire desideri, esigenze e opportunità che nutrono la scena della danza italiana dei nostri giorni, contribuendo a definirne forma e sostanza. Il saggio intende avvicinare alcune delle operazioni realizzate da artisti che hanno scelto di rifare uno dei titoli da loro stessi creati in un passato inevitabilmente vicino, a livello di grande storia, ma già del tutto lontano a livello di storia personale, ovvero di rifare se stessi, in un processo che, connotando e articolando sempre le pratiche del rifare in danza, va a modificare alcuni dei gradienti di uno spettacolo che passa necessariamente al rango di “originale”. Si vuole così mettere a fuoco alcuni tratti di un processo di memoria che mira, in definitiva, a precisare, se non a costruire, una identità di artista e di essere umano, quindi individuale e personale, ma anche generazionale e culturale, o forse, perché no, nazionale.
Elena Cervellati (2020). Nuova/”vecchia”/nuova danza. Alla ricerca di un’identità della coreografia italiana. Macerata : Ephemeria.
Nuova/”vecchia”/nuova danza. Alla ricerca di un’identità della coreografia italiana
Elena Cervellati
2020
Abstract
La danza italiana cerca se stessa, oggi, anche mettendo in campo pratiche della memoria tese a mantenere viva l’attualità di creazioni coreografiche che, nate in un passato relativamente recente, si proiettano sul tempo che viviamo ora per tentare di farne parte. In piena sintonia con un panorama internazionale denso di artisti ugualmente attenti alla auto-costruzione di un repertorio del contemporaneo, l’ampio progetto RIC.CI ideato da Marinella Guatterini a partire dal 2011 e ancora aperto, il monografico progetto Antologia, voluto da Roberto Zappalà tra il 2016 e il 2019, i singoli spettacoli Otto 2003/2018 (2018), di Kinkaleri, che già nel titolo porta un riferimento esplicito al precedente Otto (2003), come peraltro Ilinx. Assolo in ritornello (playing vertigo) (2009), di Simona Bertozzi, richiesto, a dieci anni dal debutto, dalla Biennale Danza di Venezia e diventato quindi Ilinx. Don’t stop the dance (2019), sono soltanto alcune delle possibili modalità per dire desideri, esigenze e opportunità che nutrono la scena della danza italiana dei nostri giorni, contribuendo a definirne forma e sostanza. Il saggio intende avvicinare alcune delle operazioni realizzate da artisti che hanno scelto di rifare uno dei titoli da loro stessi creati in un passato inevitabilmente vicino, a livello di grande storia, ma già del tutto lontano a livello di storia personale, ovvero di rifare se stessi, in un processo che, connotando e articolando sempre le pratiche del rifare in danza, va a modificare alcuni dei gradienti di uno spettacolo che passa necessariamente al rango di “originale”. Si vuole così mettere a fuoco alcuni tratti di un processo di memoria che mira, in definitiva, a precisare, se non a costruire, una identità di artista e di essere umano, quindi individuale e personale, ma anche generazionale e culturale, o forse, perché no, nazionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.