Il gioco è la più alta espressione del piacere, del divertimento, e trova il suo apice nella forma spontanea dei bambini (cfr. Chudacoff, 2007), realizzata senza intervento dell’adulto, in cui si decide come giocare, liberi di modificare scopi e regole, liberi di decidere quando smettere. I bambini nascono geneticamente attrezzati per imparare, lo fanno con grande entusiasmo, con dedizione, lo fanno attraverso il gioco in cui sono maestri di autoapprendimento (cfr. Gray, 2015). Questa tipologia di gioco non è facilmente riproducibile nel contesto scolastico, in palestra, durante le attività di educa- zione motoria. Per quanto si cerchi di lasciare liberi i bambini, il gioco in presenza dell’adulto è sempre guidato, legato a uno scopo che non può garantire lo stesso grado di partecipazione e coinvolgimento emotivo del gioco spontaneo (cfr. Ceciliani, 2019b, p. 177). Un insegnante oculato può avvicinarsi a questa forma di gioco mediando attraverso quello che viene definito “gioco deliberato” (cfr. Côté, Hay, 2002), ovvero un’attività ludica non rigidamente strutturata, basata sulle seguenti caratteristiche: 1. facilità esecutiva, in modo da rendere l’attività inclusiva per tutti i bambini; 2. regole semplici, flessibili e adattabili, anche su interpretazione o ri- chiesta dei bambini; 3. durata limitata al piacere manifestato dai partecipanti; 4. grande dinamicità applicativa: i giochi troppo statici non rispondo- no ai bisogni dei bambini; 5. gratificazione rivolta all’impegno dei bambini, al processo del giocare, piuttosto che al risultato prestativo. È durante il processo del giocare che sollecitiamo le funzioni psicomotorie, non nel momento finale in cui si decreta chi ha vinto e chi ha perso. Il gioco è la migliore cornice educativa per sviluppare le competenze, è il contesto in cui il bambino applica tutti gli apprendimenti con- solidati fino a quel momento e, inoltre, comporta il coinvolgimento di tutte le aree della personalità: 1. cognitiva: applicare comportamenti intelligenti (strategie e tattiche di gioco), come analizzare le situazioni, immaginare risposte motorie convergenti o divergenti, attuare le risposte motorie e valutarne l’effetto (sviluppo di competenza); 2. emotiva-affettiva: mettersi alla prova nelle varie attività, grazie al sostegno non sostitutivo dell’insegnante (scaffolding), quindi control- lare l’ansia durante l’azione, valorizzare le emozioni positive, saper mediare le emozioni negative, porre le basi per lo sviluppo di una serena autostima e fiducia di sé (senso di autoefficacia percepita, intesa come corretta consapevolezza dei propri punti di forza e dei propri limiti), mediare e controllare l’aggressività; 3. sociale: rispettare gli altri (compresi gli arbitri o giudici)1, l’ambiente e le regole, collaborare e opporsi ai compagni/avversari di gioco, onorare il gioco dando il massimo impegno di sé, essere solidali nel sa- per accettare la sconfitta e nel vivere senza esaltazione la vittoria, considerare l’avversario come il primo e importante compagno di gioco (senza avversari disponibili a misurarsi nella prova, non si può giocare: l’avversario è il primo partner di gioco, è la persona con cui, e non “contro” cui, ci si confronta); 4. motoria: applicare conoscenze, abilità e competenze motorie in regime di problem solving, impegnarsi anche a livello fisiologico per sollecitare il corretto sviluppo di organi e apparati, in particolar modo l’apparato cardiocircolatorio e respiratorio. Compito di questo capitolo è affrontare il tema dei giochi, in parti- colare dei giochi di gruppo, preceduti da un’analisi di situazioni propedeutiche che forniscano ai bambini le abilità di base per poter giocare. Le proposte educative, riferite a tali abilità, non solo devono precedere il gioco ma devono sempre affiancarlo, alternandosi a esso con proposte sempre più complesse e impegnative per i bambini. È inutile dire che, in una programmazione pluriennale, dalla prima alla quinta classe della scuola primaria, le attività propedeutiche, sotto forma di esercizi, esercitazioni e attività ludiche (cfr. CAP. 10), dovrebbero rappresentare il cuore delle attività per le prime tre classi. Le proposte educative che seguono, ovviamente, rappresentano solo un esempio, non esaustivo, di quanto l’educatore (insegnante esperto) può proporre sulla tematica dell’intenzionalità e del vissuto corporeo, come punto di partenza per ulteriori e molteplici sviluppi.

andrea ceciliani (2020). Sviluppo trasversale del gioco di squadra. Roma : Carocci.

Sviluppo trasversale del gioco di squadra

andrea ceciliani
2020

Abstract

Il gioco è la più alta espressione del piacere, del divertimento, e trova il suo apice nella forma spontanea dei bambini (cfr. Chudacoff, 2007), realizzata senza intervento dell’adulto, in cui si decide come giocare, liberi di modificare scopi e regole, liberi di decidere quando smettere. I bambini nascono geneticamente attrezzati per imparare, lo fanno con grande entusiasmo, con dedizione, lo fanno attraverso il gioco in cui sono maestri di autoapprendimento (cfr. Gray, 2015). Questa tipologia di gioco non è facilmente riproducibile nel contesto scolastico, in palestra, durante le attività di educa- zione motoria. Per quanto si cerchi di lasciare liberi i bambini, il gioco in presenza dell’adulto è sempre guidato, legato a uno scopo che non può garantire lo stesso grado di partecipazione e coinvolgimento emotivo del gioco spontaneo (cfr. Ceciliani, 2019b, p. 177). Un insegnante oculato può avvicinarsi a questa forma di gioco mediando attraverso quello che viene definito “gioco deliberato” (cfr. Côté, Hay, 2002), ovvero un’attività ludica non rigidamente strutturata, basata sulle seguenti caratteristiche: 1. facilità esecutiva, in modo da rendere l’attività inclusiva per tutti i bambini; 2. regole semplici, flessibili e adattabili, anche su interpretazione o ri- chiesta dei bambini; 3. durata limitata al piacere manifestato dai partecipanti; 4. grande dinamicità applicativa: i giochi troppo statici non rispondo- no ai bisogni dei bambini; 5. gratificazione rivolta all’impegno dei bambini, al processo del giocare, piuttosto che al risultato prestativo. È durante il processo del giocare che sollecitiamo le funzioni psicomotorie, non nel momento finale in cui si decreta chi ha vinto e chi ha perso. Il gioco è la migliore cornice educativa per sviluppare le competenze, è il contesto in cui il bambino applica tutti gli apprendimenti con- solidati fino a quel momento e, inoltre, comporta il coinvolgimento di tutte le aree della personalità: 1. cognitiva: applicare comportamenti intelligenti (strategie e tattiche di gioco), come analizzare le situazioni, immaginare risposte motorie convergenti o divergenti, attuare le risposte motorie e valutarne l’effetto (sviluppo di competenza); 2. emotiva-affettiva: mettersi alla prova nelle varie attività, grazie al sostegno non sostitutivo dell’insegnante (scaffolding), quindi control- lare l’ansia durante l’azione, valorizzare le emozioni positive, saper mediare le emozioni negative, porre le basi per lo sviluppo di una serena autostima e fiducia di sé (senso di autoefficacia percepita, intesa come corretta consapevolezza dei propri punti di forza e dei propri limiti), mediare e controllare l’aggressività; 3. sociale: rispettare gli altri (compresi gli arbitri o giudici)1, l’ambiente e le regole, collaborare e opporsi ai compagni/avversari di gioco, onorare il gioco dando il massimo impegno di sé, essere solidali nel sa- per accettare la sconfitta e nel vivere senza esaltazione la vittoria, considerare l’avversario come il primo e importante compagno di gioco (senza avversari disponibili a misurarsi nella prova, non si può giocare: l’avversario è il primo partner di gioco, è la persona con cui, e non “contro” cui, ci si confronta); 4. motoria: applicare conoscenze, abilità e competenze motorie in regime di problem solving, impegnarsi anche a livello fisiologico per sollecitare il corretto sviluppo di organi e apparati, in particolar modo l’apparato cardiocircolatorio e respiratorio. Compito di questo capitolo è affrontare il tema dei giochi, in parti- colare dei giochi di gruppo, preceduti da un’analisi di situazioni propedeutiche che forniscano ai bambini le abilità di base per poter giocare. Le proposte educative, riferite a tali abilità, non solo devono precedere il gioco ma devono sempre affiancarlo, alternandosi a esso con proposte sempre più complesse e impegnative per i bambini. È inutile dire che, in una programmazione pluriennale, dalla prima alla quinta classe della scuola primaria, le attività propedeutiche, sotto forma di esercizi, esercitazioni e attività ludiche (cfr. CAP. 10), dovrebbero rappresentare il cuore delle attività per le prime tre classi. Le proposte educative che seguono, ovviamente, rappresentano solo un esempio, non esaustivo, di quanto l’educatore (insegnante esperto) può proporre sulla tematica dell’intenzionalità e del vissuto corporeo, come punto di partenza per ulteriori e molteplici sviluppi.
2020
L'educazione motoria nella scuola primaria
260
284
andrea ceciliani (2020). Sviluppo trasversale del gioco di squadra. Roma : Carocci.
andrea ceciliani
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