Le Indicazioni nazionali per il primo ciclo scolastico propongono cornici educative in cui trovano casa il movimento espressivo e la danza: «Attraverso il movimento, con il quale si realizza una vastissima gamma di gesti che vanno dalla mimica del volto, alla danza, alle più svariate prestazioni sportive, l’alunno potrà conoscere il suo corpo ed esplorare lo spazio, comunicare e relazionarsi con gli altri in modo adeguato ed efficace» (MIUR, 2012, p. 65). Superando il concetto tecnico di danza, cui spesso molti ricorrono leggendo queste righe, bisogna riferirsi, invece, ad attività molto più semplici e trasversali, libere da specializzazioni o indirizzi particolari, ma originanti dal movimento naturale, spontaneo. Andando oltre nella lettura del documento, infatti, viene meglio specificato l’obiettivo di queste proposte educative: «Attraverso la dimensione motoria l’alunno è faci- litato nell’espressione di istanze comunicative e disagi di varia natura che non sempre riesce a comunicare con il linguaggio verbale» (ibid.). Se bisogna facilitare l’espressione emotiva, attraverso il linguaggio motorio-corporeo perché non facilmente comunicabile attraverso la parola, viene da sé che, tale linguaggio, deve essere il più semplice e spontaneo possibile, inclusivo per tutti i bambini e non costretto entro tecnicismi per i quali si debba ricorrere agli esperti. Per tale motivo ci riferiremo a tali attività con la dizione “movimento danzante”, piuttosto che con il termine “danza”, derivandolo dalla definizione di Cinzia Saccorotti (2019, p. 25), che lo riconduce al movimento primitivo o primario. Non bisogna credere, dunque, come qualcuno cerca di insinuare, che per introdurre le attività espressive a scuola, in particolare quelle assimilabili al movimento danzante, siano necessarie chissà quali professionalità o specializzazioni. Certo, se si volesse insegnare la danza classica, piuttosto che il boogie-woogie o il tango, sarebbero necessarie esperienze specifiche, ma se intendiamo per “danza”, a livello più generale e trasversale, l’espressione motoria corporea naturale, legata a particolari movimenti ritmici, di singole parti o di tutto il corpo, in forma individuale o collettiva (cfr. Rust, 2013, p. 9), allora è possibile affermare che tale attività è insita nella natura umana (cfr. Hanna, 1986; Zocca, Garofalo, Vecchio, 2004). Il movimento danzante ha rappresentato una delle prime forme di comunicazione simbolica spontanea, precedente il linguaggio e la mu- sica (cfr. Gayle, 2007; Rust, 2013; Fan et al. 2016), accompagnato da un ritmo mentale o dal solo battere delle mani, successivamente dal picchiettare su tronchi cavi e poi, gradualmente, su pelli tirate e, infine, su percussioni vere proprie. Diversi studiosi (cfr. Rust, 2013, p. 10) pensano che il movimento danzante sia una reazione muscolare istintiva con la funzione di esprimere sentimenti ed emozioni o, più semplicemente, eccesso di energia. In quest’ultimo caso, ballare viene interpretato come un aspetto del gioco senso-motorio. Il bambino stesso, già nei primissimi anni di vita, senza insegna- mento alcuno, utilizza movimenti danzanti, se sente un ritmo accattivante (cfr. ibid.). Saccorotti (2019, p. 25) classifica tali movimenti come primitivi: «Si tratta di un movimento con carattere archetipico, universale, prevalentemente inconscio, che ha origine nell’istinto. Lo troviamo nella prima infanzia ma esso perde progressivamente forza nell’età adulta con il lento levitare degli schemi abituali e delle impostazioni culturali». Quello primitivo, analogo al movimento primario, appartiene a tutti gli esseri umani, si associa al movimento creativo e, insieme, in modo del tutto soggettivo, danno spazio e mediazione a vissuti emozionali intensi (cfr. ivi, p. 26). Ritmo e movimento danzante, dunque, accompagnano l’uomo, da sempre, nei riti tribali (cfr. Rust, 2013, p. 11; Fan et al., 2016, p. 1), sacri, funerari, religiosi, celebrativi o ludici. L’espressione delle emozioni umane, in forma spontanea, si è manifestata attraverso gestualità comunicative innate, che accompagnavano e significavano momenti particolari della vita sociale: il corpo e la sua mimica hanno sempre espresso quelle emozioni (felicità, gioia, tristezza, dolore) che non trovano riscontro pieno nella parola. Muoversi secondo un ritmo o una melodia, anche mentale, è un comportamento spontaneo di cui tutti abbiamo fatto esperienza, che ciascun bambino attua, in determinate situazioni, senza insegnamenti specifici, coordinando i movimenti in modo istintivo. Tale premessa vuole sostenere l’idea che chiunque può proporre forme di movimento naturale, meglio se con supporto ritmico o musicale, che aiutino i bambini a esprimere spontaneamente emozioni e sentimenti attraverso azioni che richiamino le forme più ancestrali e primordiali di movimento danzante.
andrea ceciliani (2020). Movimento danzante ed espressività motoria. Roma : Carocci.
Movimento danzante ed espressività motoria
andrea ceciliani
2020
Abstract
Le Indicazioni nazionali per il primo ciclo scolastico propongono cornici educative in cui trovano casa il movimento espressivo e la danza: «Attraverso il movimento, con il quale si realizza una vastissima gamma di gesti che vanno dalla mimica del volto, alla danza, alle più svariate prestazioni sportive, l’alunno potrà conoscere il suo corpo ed esplorare lo spazio, comunicare e relazionarsi con gli altri in modo adeguato ed efficace» (MIUR, 2012, p. 65). Superando il concetto tecnico di danza, cui spesso molti ricorrono leggendo queste righe, bisogna riferirsi, invece, ad attività molto più semplici e trasversali, libere da specializzazioni o indirizzi particolari, ma originanti dal movimento naturale, spontaneo. Andando oltre nella lettura del documento, infatti, viene meglio specificato l’obiettivo di queste proposte educative: «Attraverso la dimensione motoria l’alunno è faci- litato nell’espressione di istanze comunicative e disagi di varia natura che non sempre riesce a comunicare con il linguaggio verbale» (ibid.). Se bisogna facilitare l’espressione emotiva, attraverso il linguaggio motorio-corporeo perché non facilmente comunicabile attraverso la parola, viene da sé che, tale linguaggio, deve essere il più semplice e spontaneo possibile, inclusivo per tutti i bambini e non costretto entro tecnicismi per i quali si debba ricorrere agli esperti. Per tale motivo ci riferiremo a tali attività con la dizione “movimento danzante”, piuttosto che con il termine “danza”, derivandolo dalla definizione di Cinzia Saccorotti (2019, p. 25), che lo riconduce al movimento primitivo o primario. Non bisogna credere, dunque, come qualcuno cerca di insinuare, che per introdurre le attività espressive a scuola, in particolare quelle assimilabili al movimento danzante, siano necessarie chissà quali professionalità o specializzazioni. Certo, se si volesse insegnare la danza classica, piuttosto che il boogie-woogie o il tango, sarebbero necessarie esperienze specifiche, ma se intendiamo per “danza”, a livello più generale e trasversale, l’espressione motoria corporea naturale, legata a particolari movimenti ritmici, di singole parti o di tutto il corpo, in forma individuale o collettiva (cfr. Rust, 2013, p. 9), allora è possibile affermare che tale attività è insita nella natura umana (cfr. Hanna, 1986; Zocca, Garofalo, Vecchio, 2004). Il movimento danzante ha rappresentato una delle prime forme di comunicazione simbolica spontanea, precedente il linguaggio e la mu- sica (cfr. Gayle, 2007; Rust, 2013; Fan et al. 2016), accompagnato da un ritmo mentale o dal solo battere delle mani, successivamente dal picchiettare su tronchi cavi e poi, gradualmente, su pelli tirate e, infine, su percussioni vere proprie. Diversi studiosi (cfr. Rust, 2013, p. 10) pensano che il movimento danzante sia una reazione muscolare istintiva con la funzione di esprimere sentimenti ed emozioni o, più semplicemente, eccesso di energia. In quest’ultimo caso, ballare viene interpretato come un aspetto del gioco senso-motorio. Il bambino stesso, già nei primissimi anni di vita, senza insegna- mento alcuno, utilizza movimenti danzanti, se sente un ritmo accattivante (cfr. ibid.). Saccorotti (2019, p. 25) classifica tali movimenti come primitivi: «Si tratta di un movimento con carattere archetipico, universale, prevalentemente inconscio, che ha origine nell’istinto. Lo troviamo nella prima infanzia ma esso perde progressivamente forza nell’età adulta con il lento levitare degli schemi abituali e delle impostazioni culturali». Quello primitivo, analogo al movimento primario, appartiene a tutti gli esseri umani, si associa al movimento creativo e, insieme, in modo del tutto soggettivo, danno spazio e mediazione a vissuti emozionali intensi (cfr. ivi, p. 26). Ritmo e movimento danzante, dunque, accompagnano l’uomo, da sempre, nei riti tribali (cfr. Rust, 2013, p. 11; Fan et al., 2016, p. 1), sacri, funerari, religiosi, celebrativi o ludici. L’espressione delle emozioni umane, in forma spontanea, si è manifestata attraverso gestualità comunicative innate, che accompagnavano e significavano momenti particolari della vita sociale: il corpo e la sua mimica hanno sempre espresso quelle emozioni (felicità, gioia, tristezza, dolore) che non trovano riscontro pieno nella parola. Muoversi secondo un ritmo o una melodia, anche mentale, è un comportamento spontaneo di cui tutti abbiamo fatto esperienza, che ciascun bambino attua, in determinate situazioni, senza insegnamenti specifici, coordinando i movimenti in modo istintivo. Tale premessa vuole sostenere l’idea che chiunque può proporre forme di movimento naturale, meglio se con supporto ritmico o musicale, che aiutino i bambini a esprimere spontaneamente emozioni e sentimenti attraverso azioni che richiamino le forme più ancestrali e primordiali di movimento danzante.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.