Perché ci fotografiamo? e perché, così spesso, siamo fotografati? Basterebbero queste due semplicissime domande per aprire un immenso serbatoio d’idee e di situazioni, di spiegazioni e d’interpretazioni che coinvolgono anzitutto le discipline dette humanities, ma che attraggono anche molti campi e interessi scientifici (penso ad esempio alla criminologia, alla statistica, all’ingegneria genetica…). Nel ritratto, infatti, forse prima e forse meglio che in ogni altra sua declinazione, la fotografia rivela all’uomo la sua capacità di essere uno strumento fondamentale di espressione e di creatività, d’indagine e di analisi. Da questa ricchezza di premesse e stimoli, e calandosi nello specifico dell’ampio repertorio di esempi custoditi nell’archivio fotografico del Comune di Savignano, si è realizzata una ricognizione d’immagini capaci di emblematizzare le principali forme con cui gli artisti hanno interpretato il ritratto fotografico. In mostra ci sono così lavori che esaltano il principio dell’automatismo e la sua estetica tecnologica (con le fototessere di Franco Vaccari ad esempio, o con le polaroid istintive di Gianluca Colagrossi), ma anche lavori che valorizzano il ritratto auratico ed epifanico (come nelle immagini di Marina Alessi o di Beppe Bolchi). Ci sono esempi di come il ritratto fotografico è sinonimo di relazione con le persone (nelle immagini di Simona Ghizzoni) o piuttosto con l’ambiente e la società (nei censimenti di Mark Steinmetz e di Raimond Wouda). Ritratto fotografico, ancora, come creazione di uno schedario umano potenzialmente infinito (con Malick Sidibé, Mario Cresci e con Cinzia Aze e Simona Tombesi); come flânerie divertita e anarchica (con Mario Dondero) e come diario autobiografico e autoriflessivo (con gli scatti privati di Marco Pesaresi). Tutto questo, e tanto altro, è la fotografia.
F.Muzzarelli (2020). Le forme del ritratto. Rimini : Pazzini.
Le forme del ritratto
F. Muzzarelli
2020
Abstract
Perché ci fotografiamo? e perché, così spesso, siamo fotografati? Basterebbero queste due semplicissime domande per aprire un immenso serbatoio d’idee e di situazioni, di spiegazioni e d’interpretazioni che coinvolgono anzitutto le discipline dette humanities, ma che attraggono anche molti campi e interessi scientifici (penso ad esempio alla criminologia, alla statistica, all’ingegneria genetica…). Nel ritratto, infatti, forse prima e forse meglio che in ogni altra sua declinazione, la fotografia rivela all’uomo la sua capacità di essere uno strumento fondamentale di espressione e di creatività, d’indagine e di analisi. Da questa ricchezza di premesse e stimoli, e calandosi nello specifico dell’ampio repertorio di esempi custoditi nell’archivio fotografico del Comune di Savignano, si è realizzata una ricognizione d’immagini capaci di emblematizzare le principali forme con cui gli artisti hanno interpretato il ritratto fotografico. In mostra ci sono così lavori che esaltano il principio dell’automatismo e la sua estetica tecnologica (con le fototessere di Franco Vaccari ad esempio, o con le polaroid istintive di Gianluca Colagrossi), ma anche lavori che valorizzano il ritratto auratico ed epifanico (come nelle immagini di Marina Alessi o di Beppe Bolchi). Ci sono esempi di come il ritratto fotografico è sinonimo di relazione con le persone (nelle immagini di Simona Ghizzoni) o piuttosto con l’ambiente e la società (nei censimenti di Mark Steinmetz e di Raimond Wouda). Ritratto fotografico, ancora, come creazione di uno schedario umano potenzialmente infinito (con Malick Sidibé, Mario Cresci e con Cinzia Aze e Simona Tombesi); come flânerie divertita e anarchica (con Mario Dondero) e come diario autobiografico e autoriflessivo (con gli scatti privati di Marco Pesaresi). Tutto questo, e tanto altro, è la fotografia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.