L’umanesimo cristiano di Maurizio Malaguti lettore di Dante Nella «Metafisica del volto», come negli altri scritti consacrati a Dante, la profonda dottrina, le conoscenze pluridisciplinari di Maurizio Malaguti sembrano quasi ritrarsi soverchiate dall’imporsi della personalità dell’uomo, del cristiano che vive in prima persona le cose che studia e che, ripensate e rivitalizzate nei suoi scritti, attestano una ricezione esistenziale che diventa nutrimento dell’anima. La connessione tra pensiero e vita è stringente e l’obiettivo finale non è tanto quello di acquisire scienza quanto sapienza, utile alla propria crescita spirituale e magari anche a quella dei suoi lettori per quella proprietà transitiva che è perseguita con la stessa passione anche da Dante. La maggior parte della critica dà oggi per scontato che «il viaggiatore d’oltretomba è un uomo di lettere», ma per bilanciare un’interpretazione esclusivamente letteraria non bisognerebbe dimenticare che la sua non è soltanto la biografia di un poeta, ma anche di un credente che narra il suo smarrimento intellettuale e la riconquista della Fede, con l’intento di rendere la propria storia oggetto di imitazione. Non è un caso che, per illustrare il senso anagogico del suo viaggio ultraterreno, Dante nell’epistola a Cangrande che accompagna e illustra il Paradiso recatogli indono ricorra al Salmo 113, «In exitu Isräel de Aegypto». Non si tratta di un esempio qualunque, perché privilegia proprio il cammino degli Ebrei liberati dalla cattività egiziana. Così Dante si identifica implicitamente con Mosè, non solo perché è egli stesso un esule, tanto da Firenze, in senso politico, quanto, in senso spirituale, dalla terra promessa, a causa della «diritta via […] smarrita» (Inf., I, 3). Le volte in cui viene a discutere delle filosofie che pretendono di richiudere l’uomo nella sua finitezza immanente e orgogliosamente credono di trovare la ragione dell’esistere nella ristretta razionalità e non in una trascendente razionalità cosmica, lo stile di Malaguti si inalbera facendosi severo e tagliente, addirittura sarcastico, a riprova di quanto le sue analisi teoretiche lo abbiano coinvolto personalmente. Quando poi si confronta con le pretese di spiegare lo spirito come un semplice prodotto delle strutture nervose, gli stessi riferimenti medici, fisici, neurologici sono assunti per spiegare l’inadeguatezza di queste spiegazioni. Ciò non vuol dire affatto il rifiuto della scienza, d’accordo in questo con Dante, il cui viaggio è mistico ma non irrazionale.
andrea Battistini (2020). L’umanesimo cristiano di Maurizio Malaguti lettore di Dante. Milano : Edizioni Biblioteca Francescana.
L’umanesimo cristiano di Maurizio Malaguti lettore di Dante
andrea Battistini
2020
Abstract
L’umanesimo cristiano di Maurizio Malaguti lettore di Dante Nella «Metafisica del volto», come negli altri scritti consacrati a Dante, la profonda dottrina, le conoscenze pluridisciplinari di Maurizio Malaguti sembrano quasi ritrarsi soverchiate dall’imporsi della personalità dell’uomo, del cristiano che vive in prima persona le cose che studia e che, ripensate e rivitalizzate nei suoi scritti, attestano una ricezione esistenziale che diventa nutrimento dell’anima. La connessione tra pensiero e vita è stringente e l’obiettivo finale non è tanto quello di acquisire scienza quanto sapienza, utile alla propria crescita spirituale e magari anche a quella dei suoi lettori per quella proprietà transitiva che è perseguita con la stessa passione anche da Dante. La maggior parte della critica dà oggi per scontato che «il viaggiatore d’oltretomba è un uomo di lettere», ma per bilanciare un’interpretazione esclusivamente letteraria non bisognerebbe dimenticare che la sua non è soltanto la biografia di un poeta, ma anche di un credente che narra il suo smarrimento intellettuale e la riconquista della Fede, con l’intento di rendere la propria storia oggetto di imitazione. Non è un caso che, per illustrare il senso anagogico del suo viaggio ultraterreno, Dante nell’epistola a Cangrande che accompagna e illustra il Paradiso recatogli indono ricorra al Salmo 113, «In exitu Isräel de Aegypto». Non si tratta di un esempio qualunque, perché privilegia proprio il cammino degli Ebrei liberati dalla cattività egiziana. Così Dante si identifica implicitamente con Mosè, non solo perché è egli stesso un esule, tanto da Firenze, in senso politico, quanto, in senso spirituale, dalla terra promessa, a causa della «diritta via […] smarrita» (Inf., I, 3). Le volte in cui viene a discutere delle filosofie che pretendono di richiudere l’uomo nella sua finitezza immanente e orgogliosamente credono di trovare la ragione dell’esistere nella ristretta razionalità e non in una trascendente razionalità cosmica, lo stile di Malaguti si inalbera facendosi severo e tagliente, addirittura sarcastico, a riprova di quanto le sue analisi teoretiche lo abbiano coinvolto personalmente. Quando poi si confronta con le pretese di spiegare lo spirito come un semplice prodotto delle strutture nervose, gli stessi riferimenti medici, fisici, neurologici sono assunti per spiegare l’inadeguatezza di queste spiegazioni. Ciò non vuol dire affatto il rifiuto della scienza, d’accordo in questo con Dante, il cui viaggio è mistico ma non irrazionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.