Il più grande archivio della pittura antica: Pompei e la regione vesuviana lo sono ancora, a quasi tre secoli dall’inizio della loro riscoperta. Anche se in questa seconda vita non tutto quello che era stato riportato alla luce ha superato la prova del tempo: molte decorazioni, ancora ben leggibili e ricche di colore al momento del rinvenimento, oggi sono scomparse. Per assicurare anche a chi verrà dopo di noi la conoscenza di questo eccezionale patrimonio, tanto prezioso quanto fragile, due sono le vie principali da percorrere: la conservazione della materia e il restauro della memoria. Solo attraverso azioni sistematiche di manutenzione i picta fragmenta di Pompei e gli altri vesuviani, così come quelli di tutti gli altri siti archeologici che hanno restituito tracce delle pareti dipinte del mondo antico, possono resistere all’usura del tempo. Altrettanto importante è il lavoro di chi cerca di ricondurre i frammenti alla loro situazione originaria, ricomponendo disegni e restituendo colori, con un restauro che può essere reale e materico, ma anche virtuale. Alla base di entrambi sta l’indispensabile miniera di informazioni che generazioni di ricercatori (archeologi, storici dell’arte, archeometri) e di artisti (fotografi, disegnatori, pittori) hanno contribuito a formare. Da questa sinergia di competenze e di indirizzi nasce quell’approccio globale e olistico allo studio della pittura antica che la comunità scientifica indica come necessario: per meglio conoscere le pareti antiche in sé, quale espressione di un’arte applicata, e nei loro contesti, e per meglio farle conoscere. Pompei e i siti vesuviani sono, anche in questo, uno straordinario osservatorio-laboratorio: rileggere, con occhi nuovi e nuove domande, quello che delle loro pareti dipinte è arrivato sino a noi è l’intento di questo libro. Alla ricerca, a partire dai picta fragmenta, delle picturae antiche: una realtà al plurale, da indagare con un approccio al plurale.

Picta fragmenta. La pittura vesuviana: una rilettura

A. Coralini;V. Sampaolo
2020

Abstract

Il più grande archivio della pittura antica: Pompei e la regione vesuviana lo sono ancora, a quasi tre secoli dall’inizio della loro riscoperta. Anche se in questa seconda vita non tutto quello che era stato riportato alla luce ha superato la prova del tempo: molte decorazioni, ancora ben leggibili e ricche di colore al momento del rinvenimento, oggi sono scomparse. Per assicurare anche a chi verrà dopo di noi la conoscenza di questo eccezionale patrimonio, tanto prezioso quanto fragile, due sono le vie principali da percorrere: la conservazione della materia e il restauro della memoria. Solo attraverso azioni sistematiche di manutenzione i picta fragmenta di Pompei e gli altri vesuviani, così come quelli di tutti gli altri siti archeologici che hanno restituito tracce delle pareti dipinte del mondo antico, possono resistere all’usura del tempo. Altrettanto importante è il lavoro di chi cerca di ricondurre i frammenti alla loro situazione originaria, ricomponendo disegni e restituendo colori, con un restauro che può essere reale e materico, ma anche virtuale. Alla base di entrambi sta l’indispensabile miniera di informazioni che generazioni di ricercatori (archeologi, storici dell’arte, archeometri) e di artisti (fotografi, disegnatori, pittori) hanno contribuito a formare. Da questa sinergia di competenze e di indirizzi nasce quell’approccio globale e olistico allo studio della pittura antica che la comunità scientifica indica come necessario: per meglio conoscere le pareti antiche in sé, quale espressione di un’arte applicata, e nei loro contesti, e per meglio farle conoscere. Pompei e i siti vesuviani sono, anche in questo, uno straordinario osservatorio-laboratorio: rileggere, con occhi nuovi e nuove domande, quello che delle loro pareti dipinte è arrivato sino a noi è l’intento di questo libro. Alla ricerca, a partire dai picta fragmenta, delle picturae antiche: una realtà al plurale, da indagare con un approccio al plurale.
2020
680
9788836643943
P. Giulierini, A. Coralini, V. Sampaolo
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