Nell’Italia degli anni Trenta, dopo avere fallito la carriera da autore cinematografico, Elio Luxardo costruisce fotograficamente un immaginario di mascolinità italiana che diventa emblematico del mito di forza e di virilità sostenuto dalla propaganda fascista. I nudi maschili che caratterizzano in modo così speciale la sua produzione del periodo romano, imprimendosi nella memoria collettiva (e nella cultura visuale) molto più della sua ritrattistica classica del divo e della celebrità, sono un esempio molto interessante per rileggere tutta la paradossalità del messaggio della mascolinità fascista, che ha nel filone cinematografico degli eroi forzuti e dei “macisti” la sua declinazione popolare di massa . Appassionato di sport, e deciso a esaltare visivamente il culto dell’atleta, Luxardo mette in posa nel suo studio giovani uomini nudi dai corpi muscolosi, focalizzandosi spesso su elementi feticisticamente erotici: bicipiti, torsi, spalle, natiche . I corpi e i muscoli sono fotografati in tensione, turgidi e lucidi, con la peluria in evidenza e con una tecnica di luci e di esasperati contrasti chiaroscurali tali da farli leggere come corpi di uomini neri. In questo senso, sebbene i suoi nudi maschili siano omologabili all’estetica fascista come chiara esaltazione delle virtù italiche incarnate dal maschio forte e sano, essi s’inseriscono in un filone di cultura visuale che, tra fine Ottocento e primo Novecento (soprattutto in area germanica e con Leni Riefensthal come interprete ideale), alimenta un ideale “naturista” molto vicino all’immaginario omosessuale di Wilhelm von Gloeden, di Wilhelm von Plüschow e di Gabriele D’Annunzio (Fig. 3). Un immaginario che mette anche in gioco la rinegoziazione dei ruoli e dei meccanismi del desiderio in epoca colonialista. Il saggio si propone di partire da questo contesto storico e sociale, nel quale i nudi maschili di Elio Luxardo sono omologhi allo stereotipo di mascolinità autarchica che la propaganda ufficiale rende simbolo dell’epoca fascista, per evidenziare poi come le relazioni visive che essi instaurano con la cultura visiva contemporanea, italiana ed europea, li rendano piuttosto uno strumento di comprensione delle ambiguità di quello stesso stereotipo, e una scivolosa affermazione della sua postmodernità, omosessuale e interraziale soprattutto, che tra fine anni Settanta e anni Ottanta del Novecento si sarebbe affermata in un quadro completamente mutato.
F.Muzzarelli (2020). I nudi maschili di Elio Luxardo. Fotografia e virilità nell’estetica fascista. Milano-Torino : Rosemberg & Sellier.
I nudi maschili di Elio Luxardo. Fotografia e virilità nell’estetica fascista
F. Muzzarelli
Writing – Review & Editing
2020
Abstract
Nell’Italia degli anni Trenta, dopo avere fallito la carriera da autore cinematografico, Elio Luxardo costruisce fotograficamente un immaginario di mascolinità italiana che diventa emblematico del mito di forza e di virilità sostenuto dalla propaganda fascista. I nudi maschili che caratterizzano in modo così speciale la sua produzione del periodo romano, imprimendosi nella memoria collettiva (e nella cultura visuale) molto più della sua ritrattistica classica del divo e della celebrità, sono un esempio molto interessante per rileggere tutta la paradossalità del messaggio della mascolinità fascista, che ha nel filone cinematografico degli eroi forzuti e dei “macisti” la sua declinazione popolare di massa . Appassionato di sport, e deciso a esaltare visivamente il culto dell’atleta, Luxardo mette in posa nel suo studio giovani uomini nudi dai corpi muscolosi, focalizzandosi spesso su elementi feticisticamente erotici: bicipiti, torsi, spalle, natiche . I corpi e i muscoli sono fotografati in tensione, turgidi e lucidi, con la peluria in evidenza e con una tecnica di luci e di esasperati contrasti chiaroscurali tali da farli leggere come corpi di uomini neri. In questo senso, sebbene i suoi nudi maschili siano omologabili all’estetica fascista come chiara esaltazione delle virtù italiche incarnate dal maschio forte e sano, essi s’inseriscono in un filone di cultura visuale che, tra fine Ottocento e primo Novecento (soprattutto in area germanica e con Leni Riefensthal come interprete ideale), alimenta un ideale “naturista” molto vicino all’immaginario omosessuale di Wilhelm von Gloeden, di Wilhelm von Plüschow e di Gabriele D’Annunzio (Fig. 3). Un immaginario che mette anche in gioco la rinegoziazione dei ruoli e dei meccanismi del desiderio in epoca colonialista. Il saggio si propone di partire da questo contesto storico e sociale, nel quale i nudi maschili di Elio Luxardo sono omologhi allo stereotipo di mascolinità autarchica che la propaganda ufficiale rende simbolo dell’epoca fascista, per evidenziare poi come le relazioni visive che essi instaurano con la cultura visiva contemporanea, italiana ed europea, li rendano piuttosto uno strumento di comprensione delle ambiguità di quello stesso stereotipo, e una scivolosa affermazione della sua postmodernità, omosessuale e interraziale soprattutto, che tra fine anni Settanta e anni Ottanta del Novecento si sarebbe affermata in un quadro completamente mutato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.