Il saggio ripercorre l'esperienza del Teatro Due Mondi di Faenza a quarant'anni dalla sua fondazione, con un focus dedicato a "Ubu Re", lo spettacolo con il quale la compagnia scopriva, nel 1987, la sua lingua personale, fra nuova attenzione al testo e centralità della politica, attraverso un riferimento brechtiano che da lì a qualche anno sarebbe divenuto fondamentale per il gruppo. «Un teatro eversivo e diseducativo», come si legge nelle note registiche, che anticipava l’età della ribellione creativa, spostandola dall’adolescenza biografica dell’autore all’infanzia teatrale della compagnia: dalla stagione della provocazione e dell’irriverenza al tempo del gioco e della felicità inventiva. Così, se l’adolescente Jarry si burlava di un suo insegnante attraverso il fantoccio di Ubu, per rappresentare «il massimo del grottesco del mondo», gli attori un po’ clown e un po’ marionette del Teatro Due Mondi svelavano nel grottesco di Padre e Madre Ubu il riflesso tragico di una comicità agghiacciante. Non la parodia corrosiva creata da un adolescente, ma il gioco di un bambino che, nel ‘fare finta’ di essere un personaggio, reinventa la storia di una generazione alle prese con la pervasività di un progetto di restaurazione fondato su strumenti di persuasione dei quali di lì a qualche anno si sarebbe compresa l’effettiva portata.
Cristina Valenti (2019). Nel segno di Jarry. Fra testo e politica: le radici "fuori moda" del Teatro Due Mondi. Faenza : Teatro Due Mondi.
Nel segno di Jarry. Fra testo e politica: le radici "fuori moda" del Teatro Due Mondi
Cristina Valenti
2019
Abstract
Il saggio ripercorre l'esperienza del Teatro Due Mondi di Faenza a quarant'anni dalla sua fondazione, con un focus dedicato a "Ubu Re", lo spettacolo con il quale la compagnia scopriva, nel 1987, la sua lingua personale, fra nuova attenzione al testo e centralità della politica, attraverso un riferimento brechtiano che da lì a qualche anno sarebbe divenuto fondamentale per il gruppo. «Un teatro eversivo e diseducativo», come si legge nelle note registiche, che anticipava l’età della ribellione creativa, spostandola dall’adolescenza biografica dell’autore all’infanzia teatrale della compagnia: dalla stagione della provocazione e dell’irriverenza al tempo del gioco e della felicità inventiva. Così, se l’adolescente Jarry si burlava di un suo insegnante attraverso il fantoccio di Ubu, per rappresentare «il massimo del grottesco del mondo», gli attori un po’ clown e un po’ marionette del Teatro Due Mondi svelavano nel grottesco di Padre e Madre Ubu il riflesso tragico di una comicità agghiacciante. Non la parodia corrosiva creata da un adolescente, ma il gioco di un bambino che, nel ‘fare finta’ di essere un personaggio, reinventa la storia di una generazione alle prese con la pervasività di un progetto di restaurazione fondato su strumenti di persuasione dei quali di lì a qualche anno si sarebbe compresa l’effettiva portata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.