Non diminuisce l’interesse per Leo de Berardinis che si conferma protagonista del Novecento teatrale: attore, regista, drammaturgo e dramaturg, creatore di spazi e di luci, teorico, politico dell’organizzazione, pedagogo, uomo-teatro insomma, intimamente coinvolto da musica, cinema, arti visive, letteratura, scienze. Laureato ad honorem dall’Università di Bologna nel 2001, ad inaugurare simbolicamente il millennio, dopo un percorso lungo e accidentato che lo ha visto imporsi all’attenzione con le contestazioni più radicali di un teatro nuovo inventato con Perla Peragallo, Leo più di ogni altro ci sembra rappresenti la parabola multipla e complessa del della scena italiana della seconda metà del Novecento. Su Leo sono stati scritti libri di pregio, numerosi saggi, ma questo volume ha la pretesa della novità: gli studi proposti nascono infatti da ricerche di prima mano condotte nell’Archivio Leo de Berardinis, conservato presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, come l’artista desiderava. Mentre il dossier di testimonianze raccoglie gli interventi proposti in occasione della "Prima presentazione pubblica del fondo Leo de Berardinis", organizzata a Bologna, presso i Laboratori delle Art (attuale DAMSLab), il 12 giugno 2017, quando la famiglia artistica di Leo è stata invitata a dialogare virtualmente con tracce e reperti estratti dai materiali d’archivio e organizzati in installazione visiva. Nell’un caso e nell’altro l’archivio manifesta il suo valore di memoria attiva, non solo in quanto luogo di conservazione, ma anche per la capacità di aprirsi all’esterno riattivando inediti percorsi di ricerca e di confronto fra pratica e cultura scenica. Leo, che non nascondeva la sua diffidenza rispetto alla possibilità di restituzione tecnologica della vita scenica, ha sicuramente voluto che la rappresentazione documentale della sua attività non andasse dispersa, condividendo con gli attori, gli organizzatori e i collaboratori del suo teatro un progetto, forse mai del tutto esplicitato ma di fatto realizzato, di costruzione di un corpus archivistico del tutto organico alla sua idea di teatro come spazio della memoria, dialogante con la tradizione, impegnato creativamente nel presente e propulsore di eredità scenica. Un progetto che si è concretizzato in particolare nel periodo bolognese (1982-2001), al quale appartiene la maggior parte dei materiali (che coprono complessivamente l’intero arco della sua attività, a partire dal 1967), grazie al favore di una nuova stanzialità e al sodalizio culturale con l’Università di Bologna e in particolare con Claudio Meldolesi. Affidato in comodato d’uso al Dipartimento delle Arti, prima dalla tutrice legale poi dalle eredi, quell’archivio per molti versi anomalo, a seguito di un esemplare lavoro di inventariazione, ordinamento e descrizione realizzato con la consulenza dell’IBC, ha conquistato l’attuale consistenza di archivio storico a tutti gli effetti, già navigabile attraverso la base dati e presto anche online in maniera analitica (Cristina Valenti). L’Archivio con i suoi straordinari tesori costituisce il filo rosso dei saggi contenuti nella prima parte della rivista, intitolata Studi. Ripensare Leo attraverso l’archivio. Questi i temi trattati: la statura anche teorica di Leo protagonista del Novecento teatrale (Marco De Marinis), la drammaturgia (Stefano Casi) e il rapporto privilegiato con Shakespeare (Franco Vazzoler), il Teatro di Marigliano riletto attraverso una fonte d’eccezione come i quaderni inediti di Perla Peragallo (Stefano De Matteis, Sara Biasin), la fioritura del pensiero e dell’esperienza scenica della fase bolognese (Massimo Marino), il rapporto con la critica (Roberta Ferraresi), Leo che agisce da compositore (Roberto Anedda) e lascia testimonianze iconografiche ancora da studiare (Silvia Mei), Leo cultore esigente di rapporti umani e d’arte insieme (Laura Mariani). Il dossier Le testimonianze degli artisti raccoglie le parole di quindici attori e quattro suoi collaboratori, proseguendo la dimensione di coralità inaugurata da La terza vita di Leo. Gli ultimi vent’anni del teatro di Leo de Berardinis riproposti da Claudio Meldolesi con Angela Malfitano e Laura Mariani e da ‘cento’ testimoni (Titivillus 2010). Leo è stato infatti un grande maestro che ha lasciato tracce indelebili in chi ha lavorato con lui. Il dossier riproduce la struttura della giornata dedicata alla presentazione dell’archivio. Nel Primo movimento intervengono le Voci di Eugenio Allegri, Valentina Capone, Silvio Castiglioni, Roberto Latini, Ivano Marescotti, Stefano Perocco di Meduna, Loredana Putignani, Fabrizia Sacchi, Toni Servillo; mentre il Secondo movimento si presenta in forma di Coro, cioè nella forma fisica con cui gli attori si presentarono allora: e sono Elena Bucci, Angela Malfitano, Marco Manchisi, Francesca Mazza, Licia Navarrini, Gino Paccagnella, Stefano Randisi, Marco Sgrosso, Enzo Vetrano. In mezzo un Interludio con brani di un’intervista inedita a Maurizio Viani, artista della luce al fianco di de Berardinis. Queste testimonianze possono essere lette come “documenti” di un archivio letteralmente in vita, un “archivio incarnato” da chi ha avuto Leo come maestro e regista e ne prolunga il lascito: grazie alla memoria acquisita consciamente e inconsciamente dal corpo dell’attore, grazie al suo impegno nella trasmissione orale del proprio sapere, come è tipico del teatro.
Laura Mariani, Cristina Valenti (2019). Leo de Berardinis oggi. Firenze : VoLo publisher srl.
Leo de Berardinis oggi
Cristina Valenti
2019
Abstract
Non diminuisce l’interesse per Leo de Berardinis che si conferma protagonista del Novecento teatrale: attore, regista, drammaturgo e dramaturg, creatore di spazi e di luci, teorico, politico dell’organizzazione, pedagogo, uomo-teatro insomma, intimamente coinvolto da musica, cinema, arti visive, letteratura, scienze. Laureato ad honorem dall’Università di Bologna nel 2001, ad inaugurare simbolicamente il millennio, dopo un percorso lungo e accidentato che lo ha visto imporsi all’attenzione con le contestazioni più radicali di un teatro nuovo inventato con Perla Peragallo, Leo più di ogni altro ci sembra rappresenti la parabola multipla e complessa del della scena italiana della seconda metà del Novecento. Su Leo sono stati scritti libri di pregio, numerosi saggi, ma questo volume ha la pretesa della novità: gli studi proposti nascono infatti da ricerche di prima mano condotte nell’Archivio Leo de Berardinis, conservato presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, come l’artista desiderava. Mentre il dossier di testimonianze raccoglie gli interventi proposti in occasione della "Prima presentazione pubblica del fondo Leo de Berardinis", organizzata a Bologna, presso i Laboratori delle Art (attuale DAMSLab), il 12 giugno 2017, quando la famiglia artistica di Leo è stata invitata a dialogare virtualmente con tracce e reperti estratti dai materiali d’archivio e organizzati in installazione visiva. Nell’un caso e nell’altro l’archivio manifesta il suo valore di memoria attiva, non solo in quanto luogo di conservazione, ma anche per la capacità di aprirsi all’esterno riattivando inediti percorsi di ricerca e di confronto fra pratica e cultura scenica. Leo, che non nascondeva la sua diffidenza rispetto alla possibilità di restituzione tecnologica della vita scenica, ha sicuramente voluto che la rappresentazione documentale della sua attività non andasse dispersa, condividendo con gli attori, gli organizzatori e i collaboratori del suo teatro un progetto, forse mai del tutto esplicitato ma di fatto realizzato, di costruzione di un corpus archivistico del tutto organico alla sua idea di teatro come spazio della memoria, dialogante con la tradizione, impegnato creativamente nel presente e propulsore di eredità scenica. Un progetto che si è concretizzato in particolare nel periodo bolognese (1982-2001), al quale appartiene la maggior parte dei materiali (che coprono complessivamente l’intero arco della sua attività, a partire dal 1967), grazie al favore di una nuova stanzialità e al sodalizio culturale con l’Università di Bologna e in particolare con Claudio Meldolesi. Affidato in comodato d’uso al Dipartimento delle Arti, prima dalla tutrice legale poi dalle eredi, quell’archivio per molti versi anomalo, a seguito di un esemplare lavoro di inventariazione, ordinamento e descrizione realizzato con la consulenza dell’IBC, ha conquistato l’attuale consistenza di archivio storico a tutti gli effetti, già navigabile attraverso la base dati e presto anche online in maniera analitica (Cristina Valenti). L’Archivio con i suoi straordinari tesori costituisce il filo rosso dei saggi contenuti nella prima parte della rivista, intitolata Studi. Ripensare Leo attraverso l’archivio. Questi i temi trattati: la statura anche teorica di Leo protagonista del Novecento teatrale (Marco De Marinis), la drammaturgia (Stefano Casi) e il rapporto privilegiato con Shakespeare (Franco Vazzoler), il Teatro di Marigliano riletto attraverso una fonte d’eccezione come i quaderni inediti di Perla Peragallo (Stefano De Matteis, Sara Biasin), la fioritura del pensiero e dell’esperienza scenica della fase bolognese (Massimo Marino), il rapporto con la critica (Roberta Ferraresi), Leo che agisce da compositore (Roberto Anedda) e lascia testimonianze iconografiche ancora da studiare (Silvia Mei), Leo cultore esigente di rapporti umani e d’arte insieme (Laura Mariani). Il dossier Le testimonianze degli artisti raccoglie le parole di quindici attori e quattro suoi collaboratori, proseguendo la dimensione di coralità inaugurata da La terza vita di Leo. Gli ultimi vent’anni del teatro di Leo de Berardinis riproposti da Claudio Meldolesi con Angela Malfitano e Laura Mariani e da ‘cento’ testimoni (Titivillus 2010). Leo è stato infatti un grande maestro che ha lasciato tracce indelebili in chi ha lavorato con lui. Il dossier riproduce la struttura della giornata dedicata alla presentazione dell’archivio. Nel Primo movimento intervengono le Voci di Eugenio Allegri, Valentina Capone, Silvio Castiglioni, Roberto Latini, Ivano Marescotti, Stefano Perocco di Meduna, Loredana Putignani, Fabrizia Sacchi, Toni Servillo; mentre il Secondo movimento si presenta in forma di Coro, cioè nella forma fisica con cui gli attori si presentarono allora: e sono Elena Bucci, Angela Malfitano, Marco Manchisi, Francesca Mazza, Licia Navarrini, Gino Paccagnella, Stefano Randisi, Marco Sgrosso, Enzo Vetrano. In mezzo un Interludio con brani di un’intervista inedita a Maurizio Viani, artista della luce al fianco di de Berardinis. Queste testimonianze possono essere lette come “documenti” di un archivio letteralmente in vita, un “archivio incarnato” da chi ha avuto Leo come maestro e regista e ne prolunga il lascito: grazie alla memoria acquisita consciamente e inconsciamente dal corpo dell’attore, grazie al suo impegno nella trasmissione orale del proprio sapere, come è tipico del teatro.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.