L’idea che i consumi caratterizzino l’intera società e non servano solo per rafforzare il prestigio sociale delle élite appartiene al Settecento ed è uno dei tanti frutti del pensiero illuminista. Non ci riferiamo qui al lunghissimo dibattito sul lusso, quanto ad una visione dell’economia e della società che vedeva nell’estensione dei consumi la chiave di volta della modernità nonché della felicità. Infatti, sino alla fine del Seicento, era prevalso il punto di vista che il consumo da parte della classe produttiva (sostanzialmente lavoratori e ceto medio) incoraggiasse la pigrizia e pertanto fosse deleterio per la crescita . Al contrario i filosofi illuministi introdussero il collegamento fra l’estensione dei consumi alle classi inferiori e l’aumento della produzione sia perché la prospettiva della ricchezza stimolava l’operosità sia perché consentiva la formazione di abilità e competenze. Ad esempio i consumi culturali o scientifici erano alla base della formazione di quel capitale umano così importante per incrementare la produttività. L’unione fra dimensione morale ed economica disegnata dagli illuministi verrà superata dal pensiero ottocentesco che liberò l’agire economico dalle questioni morali e assegnò ai consumatori il compito di contribuire alla formazione dei prezzi sulla base dell’utilità percepita. L’attenzione venne prevalentemente rivolta al mondo della produzione, visto che, come sottolineò Vilfredo Pareto in una delle sue lezioni, “se avete il pane bianco non è per merito dei consumatori ma della concorrenza fra i fornai” . Così gli economisti di quel secolo si occuparono di produzione e di funzionamento del mercato mentre lo studio dei pattern di consumo venne lasciato ai sociologi e alla nuova scienza statistica . Tuttavia, l’apprezzamento, la simpatia reciproca, la felicità della società, il senso di giustizia, così come l’impatto dei consumi sull’educazione e la produttività, che il mondo illuminista aveva integrato all’idea di mercato continuarono a stimolare idee e pratiche sociali, anche se con l’entrata in scena dell’Ottocento alla felicità dell’armonica società settecentesca si sostituirà la durezza della questione sociale e della lotta di classe. In questo saggio definiremo “altro consumo” quelle pratiche che in una continuità ideale con l’utopia illuminista contribuirono a garantire l’accessibilità al mercato a fasce sempre nuove di consumatori, il cui agire era guidato sia da istanze economiche che valoriali.

Patrizia Battilani (2018). L'altro consumo. Torino : Giulio Einaudi editore.

L'altro consumo

Patrizia Battilani
2018

Abstract

L’idea che i consumi caratterizzino l’intera società e non servano solo per rafforzare il prestigio sociale delle élite appartiene al Settecento ed è uno dei tanti frutti del pensiero illuminista. Non ci riferiamo qui al lunghissimo dibattito sul lusso, quanto ad una visione dell’economia e della società che vedeva nell’estensione dei consumi la chiave di volta della modernità nonché della felicità. Infatti, sino alla fine del Seicento, era prevalso il punto di vista che il consumo da parte della classe produttiva (sostanzialmente lavoratori e ceto medio) incoraggiasse la pigrizia e pertanto fosse deleterio per la crescita . Al contrario i filosofi illuministi introdussero il collegamento fra l’estensione dei consumi alle classi inferiori e l’aumento della produzione sia perché la prospettiva della ricchezza stimolava l’operosità sia perché consentiva la formazione di abilità e competenze. Ad esempio i consumi culturali o scientifici erano alla base della formazione di quel capitale umano così importante per incrementare la produttività. L’unione fra dimensione morale ed economica disegnata dagli illuministi verrà superata dal pensiero ottocentesco che liberò l’agire economico dalle questioni morali e assegnò ai consumatori il compito di contribuire alla formazione dei prezzi sulla base dell’utilità percepita. L’attenzione venne prevalentemente rivolta al mondo della produzione, visto che, come sottolineò Vilfredo Pareto in una delle sue lezioni, “se avete il pane bianco non è per merito dei consumatori ma della concorrenza fra i fornai” . Così gli economisti di quel secolo si occuparono di produzione e di funzionamento del mercato mentre lo studio dei pattern di consumo venne lasciato ai sociologi e alla nuova scienza statistica . Tuttavia, l’apprezzamento, la simpatia reciproca, la felicità della società, il senso di giustizia, così come l’impatto dei consumi sull’educazione e la produttività, che il mondo illuminista aveva integrato all’idea di mercato continuarono a stimolare idee e pratiche sociali, anche se con l’entrata in scena dell’Ottocento alla felicità dell’armonica società settecentesca si sostituirà la durezza della questione sociale e della lotta di classe. In questo saggio definiremo “altro consumo” quelle pratiche che in una continuità ideale con l’utopia illuminista contribuirono a garantire l’accessibilità al mercato a fasce sempre nuove di consumatori, il cui agire era guidato sia da istanze economiche che valoriali.
2018
I consumi
455
479
Patrizia Battilani (2018). L'altro consumo. Torino : Giulio Einaudi editore.
Patrizia Battilani
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/742105
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