Il saggio, a partire da una autoriflessione sull’esperienza di insegnamento condotta come docente nelle scuole secondarie, fa emergere un “obbiettivo nascosto” del lavoro educativo nella scuola, quella attenzione all’espressione di sé che può rendere il curriculo scolastico meno asettico ed estraneo all’interesse delle nuove generazioni. Le “pratiche artistiche” sono presenti (perlomeno nella secondaria di primo grado) solo all’interno delle discipline di arti visive e musicali. Talvolta vi entrano come frutto dell’estro di alcuni docenti più o meno personalmente orientati e/o competenti in specifiche aree artistico-espressive. Spesso si tratta di attività “occasionali” e/o attività legate a progetti specifici, per lo più informali, valutate solo parzialmente, e non riconducibili all’area di una professionalità riflessiva e soprattutto condivisa. Ciò produce una mancata consapevolezza del valore degli aspetti espressivi nelle diverse discipline, valore “nascosto” alla percezione degli insegnanti dalla dominante dimensione storica e culturale delle conoscenze disciplinari. La tesi di fondo del saggio sottolinea come, da un lato, le concezioni estetiche dominanti nella cultura occidentale non permettano di percepire la rilevanza pedagogica e formativa dell’espressione artistica come espressione di sé, campo di una creatività soggettiva, trasversale a molte esperienze di crescita nell’arco dell’età evolutiva. Dall’altro lato esistono altri fattori, di ordine pedagogico e didattico, che ostacolano la percezione della necessità di una educazione all’espressività artistica, presenti nei modelli didattici, accreditati e diffusi dalle amministrazioni scolastiche (anche a livello internazionale), fortemente omologanti. I modelli della programmazione sono in genere di tipo procedurale, concentrano l’attenzione sulla dimensione cognitiva (basti pensare che tutto il resto, cioè socialità, affettività, dimensioni etico-politiche e religiose, viene definito, da questi modelli, semplicemente come “non cognitivo”). Il tema dell’espressione artistica è oggi strettamente connesso al tema della creatività, intesa per lo più come una soluzione strategica interna al conflitto/competizione dei processi di innovazione tecnologica ed economica legati alla globalizzazione. Tale visione rappresenta un deciso impoverimento delle caratteristiche e delle potenzialità anche educative della creatività. Perciò è necessario superare un tale riduzionismo per cogliere la “creatività” come dimensione della persona in rapporto alla realtà e al “senso/significato” di sé e del mondo. Il prodotto artistico, l’opera d’arte, si presenta così come frutto di un lavoro e di una “visione” della realtà dell’artista, “visione” che si rende manifesta nell’opera, vero e proprio “simbolo” che consente l’accesso al “reale” proprio attraverso la sua fruizione. Il fine ultimo dell’espressione artistica appare come “qualcosa” che eccede il “prodotto” stesso, al punto che quest’ultimo, l’opera d’arte, si rivela un “mezzo” per giungere ad un “oltre”, qualcosa che l’opera richiama ma che non può “concludere” entro di sé. L’importanza educativa e didattica dell’espressione artistica e della creatività e il suo misconoscimento si può riscontrare drammaticamente proprio nella fase adolescenziale, una fase in cui molto spesso il soggetto sperimenta i propri bisogni espressivi in ambienti distanti dai contesti familiari e scolastici, tanto più quando in essi non ci si sente accolti e compresi. Ma in tali contesti informali entrano prepotentemente in gioco anche le nuove possibilità espressive, per lo più sconosciute al mondo adulto, offerte dai nuovi media e dalle nuove tecnologie, oltre che dai nuovi linguaggi giovanili. Ciò significa anche l’abbandono delle nuove generazioni all’arte “selvaggia”, alla ricerca di ciò che può offrire modalità espressive non codificate dal mondo adulto e/o da un passato incapace di farsi ascoltare, o che, agli occhi dei ragazzi “non ha più nulla da dire”.

Arti, espressione di sé, creatività

Caputo Michele
2019

Abstract

Il saggio, a partire da una autoriflessione sull’esperienza di insegnamento condotta come docente nelle scuole secondarie, fa emergere un “obbiettivo nascosto” del lavoro educativo nella scuola, quella attenzione all’espressione di sé che può rendere il curriculo scolastico meno asettico ed estraneo all’interesse delle nuove generazioni. Le “pratiche artistiche” sono presenti (perlomeno nella secondaria di primo grado) solo all’interno delle discipline di arti visive e musicali. Talvolta vi entrano come frutto dell’estro di alcuni docenti più o meno personalmente orientati e/o competenti in specifiche aree artistico-espressive. Spesso si tratta di attività “occasionali” e/o attività legate a progetti specifici, per lo più informali, valutate solo parzialmente, e non riconducibili all’area di una professionalità riflessiva e soprattutto condivisa. Ciò produce una mancata consapevolezza del valore degli aspetti espressivi nelle diverse discipline, valore “nascosto” alla percezione degli insegnanti dalla dominante dimensione storica e culturale delle conoscenze disciplinari. La tesi di fondo del saggio sottolinea come, da un lato, le concezioni estetiche dominanti nella cultura occidentale non permettano di percepire la rilevanza pedagogica e formativa dell’espressione artistica come espressione di sé, campo di una creatività soggettiva, trasversale a molte esperienze di crescita nell’arco dell’età evolutiva. Dall’altro lato esistono altri fattori, di ordine pedagogico e didattico, che ostacolano la percezione della necessità di una educazione all’espressività artistica, presenti nei modelli didattici, accreditati e diffusi dalle amministrazioni scolastiche (anche a livello internazionale), fortemente omologanti. I modelli della programmazione sono in genere di tipo procedurale, concentrano l’attenzione sulla dimensione cognitiva (basti pensare che tutto il resto, cioè socialità, affettività, dimensioni etico-politiche e religiose, viene definito, da questi modelli, semplicemente come “non cognitivo”). Il tema dell’espressione artistica è oggi strettamente connesso al tema della creatività, intesa per lo più come una soluzione strategica interna al conflitto/competizione dei processi di innovazione tecnologica ed economica legati alla globalizzazione. Tale visione rappresenta un deciso impoverimento delle caratteristiche e delle potenzialità anche educative della creatività. Perciò è necessario superare un tale riduzionismo per cogliere la “creatività” come dimensione della persona in rapporto alla realtà e al “senso/significato” di sé e del mondo. Il prodotto artistico, l’opera d’arte, si presenta così come frutto di un lavoro e di una “visione” della realtà dell’artista, “visione” che si rende manifesta nell’opera, vero e proprio “simbolo” che consente l’accesso al “reale” proprio attraverso la sua fruizione. Il fine ultimo dell’espressione artistica appare come “qualcosa” che eccede il “prodotto” stesso, al punto che quest’ultimo, l’opera d’arte, si rivela un “mezzo” per giungere ad un “oltre”, qualcosa che l’opera richiama ma che non può “concludere” entro di sé. L’importanza educativa e didattica dell’espressione artistica e della creatività e il suo misconoscimento si può riscontrare drammaticamente proprio nella fase adolescenziale, una fase in cui molto spesso il soggetto sperimenta i propri bisogni espressivi in ambienti distanti dai contesti familiari e scolastici, tanto più quando in essi non ci si sente accolti e compresi. Ma in tali contesti informali entrano prepotentemente in gioco anche le nuove possibilità espressive, per lo più sconosciute al mondo adulto, offerte dai nuovi media e dalle nuove tecnologie, oltre che dai nuovi linguaggi giovanili. Ciò significa anche l’abbandono delle nuove generazioni all’arte “selvaggia”, alla ricerca di ciò che può offrire modalità espressive non codificate dal mondo adulto e/o da un passato incapace di farsi ascoltare, o che, agli occhi dei ragazzi “non ha più nulla da dire”.
2019
Pedagogia dell'espressione artistica
152
173
Caputo Michele
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/741943
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