Il contributo riporta i risultati di una ricerca realizzata dalle Università di Bologna e di Parma con gli Uffici di esecuzione penale esterna (UEPE) di Bologna, Modena e Reggio-Emilia. La ricerca ha inteso indagare le finalità della c.d. probation, nonché la conoscenza e l’opinione degli operatori giuridici e sociali sulla ‘messa alla prova’, dispositivo penale esteso di recente ai maggiorenni (L. 67/2014), dopo essere stato appannaggio, per trent’anni, del settore minorile. Lo studio ha preso avvio dalla constatazione del mutamento normativo, per cui il reato non viene più considerato (solo) come lesione dell’ordine giuridico astratto, ma piuttosto dei beni e degli interessi concreti di una persona e della comunità in cui vive. Si introduce così la formulazione di dispositivi che appartengono al modello della cosiddetta Giustizia riparativa (Restorative Justice), tramite cui l’esecuzione penale può tendere (anche) al coinvolgimento diretto dell’autore del reato, per considerare (finalmente) i vissuti e le aspettative di un soggetto finora rimasto “dietro le quinte” della scena processuale: la vittima. Il sistema della probation, com’è noto, prevede la compresenza di tre elementi: la sospensione dell’azione penale, l’imposizione di oneri e prescrizioni all’imputato e soprattutto l’affiancamento di questo da parte dei Servizi sociali, durante la “prova” (l’etimo probation fa riferimento appunto alla prova, da affrontare e valutare). La probation - e la messa alla prova, nello specifico - si presta quindi ad essere indagata per osservare le dinamiche che interessano l’intreccio tra la metodologia del servizio sociale e le procedure giudiziarie. La ricerca ha permesso l’analisi di 192 fascicoli di imputati adulti ‘messi alla prova’, realizzata tramite il Software SPSS; la somministrazione di un questionario standardizzato rivolto ai funzionari del Servizio Sociale degli UEPE dell’Emilia-Romagna diretto a rilevare prassi e finalità dell’ operato dei servizi; e la conduzione di 13 interviste semi-strutturate con testimoni privilegiati (operatori giuridici e operatori sociali) focalizzate sulla riparazione, sulla mediazione e sull’utilizzo del lavoro di pubblica utilità.
Chiara Scivoletto, G.M. (2019). La messa alla prova per l'imputato maggiorenne. Una ricerca in Emilia-Romagna. SocISS - Società Italiana di Servizio Sociale.
La messa alla prova per l'imputato maggiorenne. Una ricerca in Emilia-Romagna
Gabriele Manella
;Francesca Mantovani
2019
Abstract
Il contributo riporta i risultati di una ricerca realizzata dalle Università di Bologna e di Parma con gli Uffici di esecuzione penale esterna (UEPE) di Bologna, Modena e Reggio-Emilia. La ricerca ha inteso indagare le finalità della c.d. probation, nonché la conoscenza e l’opinione degli operatori giuridici e sociali sulla ‘messa alla prova’, dispositivo penale esteso di recente ai maggiorenni (L. 67/2014), dopo essere stato appannaggio, per trent’anni, del settore minorile. Lo studio ha preso avvio dalla constatazione del mutamento normativo, per cui il reato non viene più considerato (solo) come lesione dell’ordine giuridico astratto, ma piuttosto dei beni e degli interessi concreti di una persona e della comunità in cui vive. Si introduce così la formulazione di dispositivi che appartengono al modello della cosiddetta Giustizia riparativa (Restorative Justice), tramite cui l’esecuzione penale può tendere (anche) al coinvolgimento diretto dell’autore del reato, per considerare (finalmente) i vissuti e le aspettative di un soggetto finora rimasto “dietro le quinte” della scena processuale: la vittima. Il sistema della probation, com’è noto, prevede la compresenza di tre elementi: la sospensione dell’azione penale, l’imposizione di oneri e prescrizioni all’imputato e soprattutto l’affiancamento di questo da parte dei Servizi sociali, durante la “prova” (l’etimo probation fa riferimento appunto alla prova, da affrontare e valutare). La probation - e la messa alla prova, nello specifico - si presta quindi ad essere indagata per osservare le dinamiche che interessano l’intreccio tra la metodologia del servizio sociale e le procedure giudiziarie. La ricerca ha permesso l’analisi di 192 fascicoli di imputati adulti ‘messi alla prova’, realizzata tramite il Software SPSS; la somministrazione di un questionario standardizzato rivolto ai funzionari del Servizio Sociale degli UEPE dell’Emilia-Romagna diretto a rilevare prassi e finalità dell’ operato dei servizi; e la conduzione di 13 interviste semi-strutturate con testimoni privilegiati (operatori giuridici e operatori sociali) focalizzate sulla riparazione, sulla mediazione e sull’utilizzo del lavoro di pubblica utilità.File | Dimensione | Formato | |
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