Su alcune tematiche specifiche, pur all’interno di profondissime contraddizioni, il Paese va maturando, in parte e sulla spinta dei ceti più sensibili, una forte inclinazione verso maggiori condizioni di equità ed una visione aperta al futuro. Accogliere, sentire e amplificare queste istanze può essere compito dell’azione di ICEA. L’interesse per il futuro del pianeta, la consapevolezza dell’allarme climatico, del disastro ambientale e della crisi economica appaiono, nella coscienza di molti, legati alla mancata equità sociale sia a livello complessivo sia a livello nazionale. È da qui che trae origine uno stato d’animo, sempre più condiviso anche se non ancora forse prevalente, al di fuori di una visione tayloristico-fordista dello sviluppo che sempre più appare connessa ad un modello iniquo ed incrementale e ambientalmente insostenibile. La tradizione comunitaria, ancora presente nel nostro Paese anche se in forme non sempre riconoscibili, è infatti, più o meno consapevolmente, orientata ai valori della cultura dell’essenzialità: casa, lavoro, cibo e salute sono da sempre considerati, dalla cultura dell’essenzialità di antica matrice rurale, i piloni portanti per la vita, quello da cui non si poteva prescindere e verso cui orientare l’azione sociale. Molti cominciano a capire che questa è la via maestra e inevitabile. In questo quadro ICEA può assumere un ruolo decisivo e trainante per diffondere questi valori deve definire la sua identità, ritrovarla. È arrivato il momento di far scattare la scintilla e riavviare il motore, ma per far sì che il viaggio proceda senza problemi è necessario occuparsi anche della “carrozzeria”, cioè dell’immagine esterna di ICEA. Il fatto che parte della società italiana non sappia che cos’è ICEA ed ignori il fatto che sia un ente che certifica 17 mila aziende è cosa cui porre urgentemente rimedio. In questo quadro, agire sui territori può essere una delle missioni di ICEA, se e nella misura in cui ne divenisse consapevole. Se, come accade di frequente, il territorio è caratterizzato da invecchiamento della popolazione, scarse opportunità di occupazione, l’obbiettivo è dunque che i processi sociali ed economici contribuiscano a produrre una significativa alterazione dello status quo. Questo obbiettivo, a nostro avviso, deve toccare in modo particolare i giovani, che più di altri possono soffrire la mancanza di opportunità adeguate alle loro aspettative, ed essere quindi portati ad abbandonare il territorio o comunque a investire altrove le proprie energie. In questa prospettiva, la rivitalizzazione di spazi dismessi o non utilizzati potrebbe fornire un valore aggiunto per sperimentare nuove forme di governance sociale, facendo coincidere esigenze comunitarie ed economiche con funzioni culturali e agendo così anche da aggregatori sociali partendo dai temi della sostenibilità e del biologico e dell’agricoltura sociale. Riassumendo, l’obiettivo generale è contribuire ad un rinascimento dei territori attraverso lo sviluppo di forme di welfare proattivo che coinvolgano soprattutto i giovani residenti, vedendo tali forme come un modo per innalzare il benessere e la qualità della vita della popolazione locale nonché fornire alcune condizioni per creare opportunità lavorative. La natura, la naturalezza, la possibilità di sviluppare un rapporto armonico con il proprio ambiente, rispettandolo e salvaguardando le differenti forme del vivente, assumono la valenza di un irriducibile presupposto. È ispirandosi ad una cultura dell’essenzialità, oltre che al buon senso, che si può azzardare una prima ipotesi di azione se non sufficiente, almeno necessaria per proteggere gli individui, tutelarne la salute e ritrovare qualche forma di socialità.

Alla ricerca dei valori di riferimento

Giovanni Pieretti
2019

Abstract

Su alcune tematiche specifiche, pur all’interno di profondissime contraddizioni, il Paese va maturando, in parte e sulla spinta dei ceti più sensibili, una forte inclinazione verso maggiori condizioni di equità ed una visione aperta al futuro. Accogliere, sentire e amplificare queste istanze può essere compito dell’azione di ICEA. L’interesse per il futuro del pianeta, la consapevolezza dell’allarme climatico, del disastro ambientale e della crisi economica appaiono, nella coscienza di molti, legati alla mancata equità sociale sia a livello complessivo sia a livello nazionale. È da qui che trae origine uno stato d’animo, sempre più condiviso anche se non ancora forse prevalente, al di fuori di una visione tayloristico-fordista dello sviluppo che sempre più appare connessa ad un modello iniquo ed incrementale e ambientalmente insostenibile. La tradizione comunitaria, ancora presente nel nostro Paese anche se in forme non sempre riconoscibili, è infatti, più o meno consapevolmente, orientata ai valori della cultura dell’essenzialità: casa, lavoro, cibo e salute sono da sempre considerati, dalla cultura dell’essenzialità di antica matrice rurale, i piloni portanti per la vita, quello da cui non si poteva prescindere e verso cui orientare l’azione sociale. Molti cominciano a capire che questa è la via maestra e inevitabile. In questo quadro ICEA può assumere un ruolo decisivo e trainante per diffondere questi valori deve definire la sua identità, ritrovarla. È arrivato il momento di far scattare la scintilla e riavviare il motore, ma per far sì che il viaggio proceda senza problemi è necessario occuparsi anche della “carrozzeria”, cioè dell’immagine esterna di ICEA. Il fatto che parte della società italiana non sappia che cos’è ICEA ed ignori il fatto che sia un ente che certifica 17 mila aziende è cosa cui porre urgentemente rimedio. In questo quadro, agire sui territori può essere una delle missioni di ICEA, se e nella misura in cui ne divenisse consapevole. Se, come accade di frequente, il territorio è caratterizzato da invecchiamento della popolazione, scarse opportunità di occupazione, l’obbiettivo è dunque che i processi sociali ed economici contribuiscano a produrre una significativa alterazione dello status quo. Questo obbiettivo, a nostro avviso, deve toccare in modo particolare i giovani, che più di altri possono soffrire la mancanza di opportunità adeguate alle loro aspettative, ed essere quindi portati ad abbandonare il territorio o comunque a investire altrove le proprie energie. In questa prospettiva, la rivitalizzazione di spazi dismessi o non utilizzati potrebbe fornire un valore aggiunto per sperimentare nuove forme di governance sociale, facendo coincidere esigenze comunitarie ed economiche con funzioni culturali e agendo così anche da aggregatori sociali partendo dai temi della sostenibilità e del biologico e dell’agricoltura sociale. Riassumendo, l’obiettivo generale è contribuire ad un rinascimento dei territori attraverso lo sviluppo di forme di welfare proattivo che coinvolgano soprattutto i giovani residenti, vedendo tali forme come un modo per innalzare il benessere e la qualità della vita della popolazione locale nonché fornire alcune condizioni per creare opportunità lavorative. La natura, la naturalezza, la possibilità di sviluppare un rapporto armonico con il proprio ambiente, rispettandolo e salvaguardando le differenti forme del vivente, assumono la valenza di un irriducibile presupposto. È ispirandosi ad una cultura dell’essenzialità, oltre che al buon senso, che si può azzardare una prima ipotesi di azione se non sufficiente, almeno necessaria per proteggere gli individui, tutelarne la salute e ritrovare qualche forma di socialità.
2019
Il biologico: tra poetica e politica. Paradigma per il Futuro
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Giovanni Pieretti
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/729408
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