Da più di mezzo secolo Ilario Fioravanti attraversa con discrezione e animo leggero i territori dell’architettura, a partire da quel 1949 in cui lasciò la Facoltà di Firenze con il titolo di architetto in tasca. Era quella la sua vera passione? I più di trecento cinquanta progetti, di cui almeno la metà realizzata, farebbero pensare che la sua fosse una vita per l’architettura. In effetti, come lo stesso Ilario ha raccontato nel 2004 in una toccante intervista: “Fare l’architetto vuol dire non fare l’artista...Come fai ad amare l’arte e fare l’architetto?...[Per me] l’architetto era solo una sofferenza...non in rapporto a quel che ho fatto, ma in rapporto a quel che ho avuto dal Signore.” Sono parole sincere le sue e chiare, ed è proprio da quella chiarezza che è sbocciata un’architettura fatta di umanità, le cui radici sono da ricercare nell’innata sensibilità di Ilario per le piccole cose, per i dettagli (dono anche questi del Signore!) e per i materiali naturali, quelli più vicini all’uomo. Il suo è un occhio capace di cogliere la proporzione e la misura, come fa l’artista. La sua è una mente intuitiva, che trova nutrimento non nell’intellettualismo a tutti i costi, ma nel piacere che deriva dall’armonia delle forme. Architetture locali le sue? Piuttosto legate ai luoghi, ai paesaggi, alle tradizioni, alle trasformazioni della società in un territorio, quello di Romagna, che si estende fra le marine di felliniana memoria e le colline dolci dell’entroterra, cantate nei versi di Tonino Guerra, la cui identità è fortemente racchiusa nei progetti di Fioravanti. Pochi i maestri, forse solo quel Giovanni Michelucci conosciuto a Firenze durante gli anni universitari; tantissime le collaborazioni con professionisti, anche di calibro nazionale. Primo fra tutti Saul Bravetti, più anziano di quindici anni, ma diventato un amico fraterno e un compagno nell’arte di andar per mare. “Bravetti bravissimo...disegnava con grandissima precisione...[lo] guardavo con grande ammirazione”. Ma come non ricordare Glauco Gresleri, Giorgio Trebbi, Giuseppe Vaccaro, Giovanni Gandolfi, Melchiorre Bega, Ercole Checchi, Francesco Bottari. La sezione della mostra dedicata al Fioravanti architetto segue un percorso tematico che si compone di cinque approfondimenti intorno ad altrettanti temi progettuali che risultano, nel complesso di una produzione assai diversificata, i più coerenti con le passioni e le idee più volte espresse dal progettista. Allo stesso tempo si è operata una scelta cronologica assai rigorosa, con progetti e realizzazioni che si concentrano nell’arco di un decennio, fra i primissimi anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta, che furono non solo assai creativi, ma anche quelli in cui si fissarono le coordinate compositive e le componenti linguistiche dell’architettura di Fioravanti. Ciascun approfondimento è illustrato attraverso una sintetica selezione di progetti, che comprendono: le diverse soluzioni fino alla realizzazione di Palazzo Almerici (1956-62) lungo il cesenate corso Mazzini; la costruzione di alcuni complessi religiosi nel comune di Cesena; le collaborazioni, nella seconda metà degli anni Cinquanta, alla costruzione dell’alloggio popolare nei quartieri Ina-casa; tre progetti di case unifamiliari; architetture per le vacanze e il tempo libero sulla costa romagnola. Tutti i materiali esposti (disegni architettonici, schizzi, fotografie d’epoca, copie eliografiche) sono conservati nell’archivio Ilario Fioravanti.

M.Casciato (2008). Architetture. CESENA : Il Vicolo.

Architetture

CASCIATO, MARISTELLA
2008

Abstract

Da più di mezzo secolo Ilario Fioravanti attraversa con discrezione e animo leggero i territori dell’architettura, a partire da quel 1949 in cui lasciò la Facoltà di Firenze con il titolo di architetto in tasca. Era quella la sua vera passione? I più di trecento cinquanta progetti, di cui almeno la metà realizzata, farebbero pensare che la sua fosse una vita per l’architettura. In effetti, come lo stesso Ilario ha raccontato nel 2004 in una toccante intervista: “Fare l’architetto vuol dire non fare l’artista...Come fai ad amare l’arte e fare l’architetto?...[Per me] l’architetto era solo una sofferenza...non in rapporto a quel che ho fatto, ma in rapporto a quel che ho avuto dal Signore.” Sono parole sincere le sue e chiare, ed è proprio da quella chiarezza che è sbocciata un’architettura fatta di umanità, le cui radici sono da ricercare nell’innata sensibilità di Ilario per le piccole cose, per i dettagli (dono anche questi del Signore!) e per i materiali naturali, quelli più vicini all’uomo. Il suo è un occhio capace di cogliere la proporzione e la misura, come fa l’artista. La sua è una mente intuitiva, che trova nutrimento non nell’intellettualismo a tutti i costi, ma nel piacere che deriva dall’armonia delle forme. Architetture locali le sue? Piuttosto legate ai luoghi, ai paesaggi, alle tradizioni, alle trasformazioni della società in un territorio, quello di Romagna, che si estende fra le marine di felliniana memoria e le colline dolci dell’entroterra, cantate nei versi di Tonino Guerra, la cui identità è fortemente racchiusa nei progetti di Fioravanti. Pochi i maestri, forse solo quel Giovanni Michelucci conosciuto a Firenze durante gli anni universitari; tantissime le collaborazioni con professionisti, anche di calibro nazionale. Primo fra tutti Saul Bravetti, più anziano di quindici anni, ma diventato un amico fraterno e un compagno nell’arte di andar per mare. “Bravetti bravissimo...disegnava con grandissima precisione...[lo] guardavo con grande ammirazione”. Ma come non ricordare Glauco Gresleri, Giorgio Trebbi, Giuseppe Vaccaro, Giovanni Gandolfi, Melchiorre Bega, Ercole Checchi, Francesco Bottari. La sezione della mostra dedicata al Fioravanti architetto segue un percorso tematico che si compone di cinque approfondimenti intorno ad altrettanti temi progettuali che risultano, nel complesso di una produzione assai diversificata, i più coerenti con le passioni e le idee più volte espresse dal progettista. Allo stesso tempo si è operata una scelta cronologica assai rigorosa, con progetti e realizzazioni che si concentrano nell’arco di un decennio, fra i primissimi anni Cinquanta e la metà degli anni Sessanta, che furono non solo assai creativi, ma anche quelli in cui si fissarono le coordinate compositive e le componenti linguistiche dell’architettura di Fioravanti. Ciascun approfondimento è illustrato attraverso una sintetica selezione di progetti, che comprendono: le diverse soluzioni fino alla realizzazione di Palazzo Almerici (1956-62) lungo il cesenate corso Mazzini; la costruzione di alcuni complessi religiosi nel comune di Cesena; le collaborazioni, nella seconda metà degli anni Cinquanta, alla costruzione dell’alloggio popolare nei quartieri Ina-casa; tre progetti di case unifamiliari; architetture per le vacanze e il tempo libero sulla costa romagnola. Tutti i materiali esposti (disegni architettonici, schizzi, fotografie d’epoca, copie eliografiche) sono conservati nell’archivio Ilario Fioravanti.
2008
Ilario Fioravanti. Il destino di un “Uomo” nell’Arte
168
175
M.Casciato (2008). Architetture. CESENA : Il Vicolo.
M.Casciato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11585/72533
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