Da Gregorio di Nazianzo, nella seconda metà del III secolo, a Paolo di Monemvasia, nel X secolo fino alle satire del XIV secolo o al dialogo di Alessio Macrembolita l’antitesi poveri e ricchi e il rapporto fra gerarchia e potenti rientrano nel repertorio topico del pensiero politico e sociale bizantino che disegna il quadro normativo della philoptochìa, dell'impegno sociale a sostenere moralmente e materialmente le forme di povertà sociale, in quanto debito di umanità. Il patriarca Atanasio I (XIII-XIV sec.) affronta il problema della fame dei diseredati le cui cause sono le sopraffazioni della classe di "quei potenti che ... agiscono contro la legge"; la invasione turca in Asia Minore, che riversa ondate di profughi verso Costantinopoli e l'Europa, messa a ferro e fuoco dai mercenari Catalani, e lo sfruttamento economico delle potenze occidentali di Genova e Venezia. La critica della organizzazione sociale, accanto alla denuncia dell'insopportabile pauperismo, muove anche la riflessione di Tomaso Magistros (ca. 1270-1325) della cerchia di Andronico II che propone programmi di riformismo sociale in chiave nazionalistica e solidaristica, non senza punte di critica al nepotismo imperiale. Il pauperismo è una struttura di lunga durata, proveniente dalle società anteriori come quelle fenicio-puniche, della società romano-orientale al pari della consapevolezza della origine funzionale del pauperismo, frutto in parte dalla struttura della società per la ingiustizia sociale nella distribuzione delle ricchezze. Un testo di lunga durata nel pensiero politico bizantino ed europeo orientale e occidentale, da Neagoe Basarab a re Luigi XIII, la Ekthesis kephaleon parenetikòn del diacono Agapeto forse nel 527, pone fra i compiti del basileus la promozione della giustizia distributiva nella direzione della isotes, la eguaglianza, il mito tardo-ellenistico caro all’immaginario collettivo di varie culture, di fatto smentito e ricorretto dalla idea e prassi della gerarchia e del merito. La ricchezza non concorre in sé nella definizione del prestigio sociale, che viene definito invece a partire dal servizio imperiale e dalla appartenenza alla gerarchia. La lunga durata di queste analisi intercambiabili per contesti storici diversi e lontani ci pone il problema della letterarietà dell'approccio e della convenzionalità dello schema. Si aggiunga la ambiguità dei termini povero/ricco che sono applicabili ad un ventaglio di figure sociali diverse nella stessa categoria, dall'emarginato di Gregorio di Nazianzo ai liberi indigenti della legislazione dell'età macedonica; mentre il ricco sembra in realtà non distinguersi dalla gerarchia bizantina, che partecipa della legittimità stessa del potere imperiale. La esortazione alla solidarietà con i sympenites di Gregorio di Nazianzo, rientra nel complesso di virtù civili ed etiche della philanthropìa, termine che aveva rimpiazzato, anche nella cultura cristiana, il più proprio agape, per indicare l'amore di Dio per la umanità manifestato nella incarnazione del Logos. In quanto attributo divino la filantropia diviene pertanto virtù imperiale per eccellenza, in un processo di precisazione semantica grazie a cui la ideologia ellenistica della filantropia, testimoniata in Libanio, in Temistio, che pone la philanthropìa come prima fra le virtù "per cui solo l'imperatore può rendersi simile a Dio", e nell'imperatore Giuliano, finisce per subire la sovrapposizione del processo cristomimetico che induce il basileus ad "imitare la philanthropìa del signore" (Eusebio). La filantropia come virtù imperiale percorre tutta la trattatistica ideologica bizantina, dalle novelle di Giustiniano alla Ecloga di Leone III. Ma non è consueto vederne la possibile applicazione sociale ed economica, come mostrano le affermazioni della Novella 163. Il libro dell'eparco (912), promulgato dal protospatario Filoteo eparco di Costantinopoli, "per evitare che l'uno aggredisca l'altro spudoratamente e che il più potente distrugga...

RICCHEZZA E POVERTA' COME SCHEMA IDEOLOGICO DI PERCEZIONE DELLA GERARCHIA ECONOMICA E SOCIALE NEI PAESI DEL MEDITERRANEO CRISTIANO DAL IV AL XVI SECOLO / A. CARILE. - (2008).

RICCHEZZA E POVERTA' COME SCHEMA IDEOLOGICO DI PERCEZIONE DELLA GERARCHIA ECONOMICA E SOCIALE NEI PAESI DEL MEDITERRANEO CRISTIANO DAL IV AL XVI SECOLO

CARILE, ANTONIO ROCCO
2008

Abstract

Da Gregorio di Nazianzo, nella seconda metà del III secolo, a Paolo di Monemvasia, nel X secolo fino alle satire del XIV secolo o al dialogo di Alessio Macrembolita l’antitesi poveri e ricchi e il rapporto fra gerarchia e potenti rientrano nel repertorio topico del pensiero politico e sociale bizantino che disegna il quadro normativo della philoptochìa, dell'impegno sociale a sostenere moralmente e materialmente le forme di povertà sociale, in quanto debito di umanità. Il patriarca Atanasio I (XIII-XIV sec.) affronta il problema della fame dei diseredati le cui cause sono le sopraffazioni della classe di "quei potenti che ... agiscono contro la legge"; la invasione turca in Asia Minore, che riversa ondate di profughi verso Costantinopoli e l'Europa, messa a ferro e fuoco dai mercenari Catalani, e lo sfruttamento economico delle potenze occidentali di Genova e Venezia. La critica della organizzazione sociale, accanto alla denuncia dell'insopportabile pauperismo, muove anche la riflessione di Tomaso Magistros (ca. 1270-1325) della cerchia di Andronico II che propone programmi di riformismo sociale in chiave nazionalistica e solidaristica, non senza punte di critica al nepotismo imperiale. Il pauperismo è una struttura di lunga durata, proveniente dalle società anteriori come quelle fenicio-puniche, della società romano-orientale al pari della consapevolezza della origine funzionale del pauperismo, frutto in parte dalla struttura della società per la ingiustizia sociale nella distribuzione delle ricchezze. Un testo di lunga durata nel pensiero politico bizantino ed europeo orientale e occidentale, da Neagoe Basarab a re Luigi XIII, la Ekthesis kephaleon parenetikòn del diacono Agapeto forse nel 527, pone fra i compiti del basileus la promozione della giustizia distributiva nella direzione della isotes, la eguaglianza, il mito tardo-ellenistico caro all’immaginario collettivo di varie culture, di fatto smentito e ricorretto dalla idea e prassi della gerarchia e del merito. La ricchezza non concorre in sé nella definizione del prestigio sociale, che viene definito invece a partire dal servizio imperiale e dalla appartenenza alla gerarchia. La lunga durata di queste analisi intercambiabili per contesti storici diversi e lontani ci pone il problema della letterarietà dell'approccio e della convenzionalità dello schema. Si aggiunga la ambiguità dei termini povero/ricco che sono applicabili ad un ventaglio di figure sociali diverse nella stessa categoria, dall'emarginato di Gregorio di Nazianzo ai liberi indigenti della legislazione dell'età macedonica; mentre il ricco sembra in realtà non distinguersi dalla gerarchia bizantina, che partecipa della legittimità stessa del potere imperiale. La esortazione alla solidarietà con i sympenites di Gregorio di Nazianzo, rientra nel complesso di virtù civili ed etiche della philanthropìa, termine che aveva rimpiazzato, anche nella cultura cristiana, il più proprio agape, per indicare l'amore di Dio per la umanità manifestato nella incarnazione del Logos. In quanto attributo divino la filantropia diviene pertanto virtù imperiale per eccellenza, in un processo di precisazione semantica grazie a cui la ideologia ellenistica della filantropia, testimoniata in Libanio, in Temistio, che pone la philanthropìa come prima fra le virtù "per cui solo l'imperatore può rendersi simile a Dio", e nell'imperatore Giuliano, finisce per subire la sovrapposizione del processo cristomimetico che induce il basileus ad "imitare la philanthropìa del signore" (Eusebio). La filantropia come virtù imperiale percorre tutta la trattatistica ideologica bizantina, dalle novelle di Giustiniano alla Ecloga di Leone III. Ma non è consueto vederne la possibile applicazione sociale ed economica, come mostrano le affermazioni della Novella 163. Il libro dell'eparco (912), promulgato dal protospatario Filoteo eparco di Costantinopoli, "per evitare che l'uno aggredisca l'altro spudoratamente e che il più potente distrugga...
2008
RICCHEZZA E POVERTA' COME SCHEMA IDEOLOGICO DI PERCEZIONE DELLA GERARCHIA ECONOMICA E SOCIALE NEI PAESI DEL MEDITERRANEO CRISTIANO DAL IV AL XVI SECOLO / A. CARILE. - (2008).
A. CARILE
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