Salimbeni, Felice detto Felicino – Nacque a Milano intorno al 1712. Cantante castrato, fu allievo “solerte e assiduo” di Niccolò Porpora a Napoli. La sua biografia è parzialmente narrata da J. A. Hiller, che lo conobbe in prima persona e lo descrisse modesto, affabile e di buone maniere. La sua voce di soprano arrivava fino al Re sovracuto, eseguiva alla perfezione le messe di voce, rendeva impercettibili le prese di fiato e mascherava le proprie debolezze in modo da non farle apparire tali. Eseguiva i trilli brevi, i gruppetti e le appoggiature in modo preciso, anche se i trilli più lunghi tendevano ad essere troppo veloci e non abbastanza acuti. Portava l’uditorio alla commozione col canto d’espressione, e le sue esibizioni raggiungevano il culmine nelle arie in Adagio. La sua recitazione non era però pienamente convincente, poiché tendeva all’immobilità: ciononostante anche all’aspetto s’imponeva per certo fascino seduttivo. Divenne interprete privilegiato del poeta cesareo Metastasio e creò scenicamente i ruoli di primo uomo nei drammi per musica L’Olimpiade (1733: Megacle), La clemenza di Tito (1734: Sesto), Achille in Sciro (1736: Achille), Ciro riconosciuto (1736: Ciro), tutti intonati da Antonio Caldara. In Italia cantò fra grandi e piccoli teatri del nord interpretando soprattutto le parti di primo amoroso con fama sempre crescente: Charles De Brosses lo annoverò tra i migliori castrati che avesse mai ascoltato.
Valentina Anzani (2017). Salimbeni, Felice. Roma : Istituto della enciclopedia italiana Treccani.
Salimbeni, Felice
Valentina Anzani
2017
Abstract
Salimbeni, Felice detto Felicino – Nacque a Milano intorno al 1712. Cantante castrato, fu allievo “solerte e assiduo” di Niccolò Porpora a Napoli. La sua biografia è parzialmente narrata da J. A. Hiller, che lo conobbe in prima persona e lo descrisse modesto, affabile e di buone maniere. La sua voce di soprano arrivava fino al Re sovracuto, eseguiva alla perfezione le messe di voce, rendeva impercettibili le prese di fiato e mascherava le proprie debolezze in modo da non farle apparire tali. Eseguiva i trilli brevi, i gruppetti e le appoggiature in modo preciso, anche se i trilli più lunghi tendevano ad essere troppo veloci e non abbastanza acuti. Portava l’uditorio alla commozione col canto d’espressione, e le sue esibizioni raggiungevano il culmine nelle arie in Adagio. La sua recitazione non era però pienamente convincente, poiché tendeva all’immobilità: ciononostante anche all’aspetto s’imponeva per certo fascino seduttivo. Divenne interprete privilegiato del poeta cesareo Metastasio e creò scenicamente i ruoli di primo uomo nei drammi per musica L’Olimpiade (1733: Megacle), La clemenza di Tito (1734: Sesto), Achille in Sciro (1736: Achille), Ciro riconosciuto (1736: Ciro), tutti intonati da Antonio Caldara. In Italia cantò fra grandi e piccoli teatri del nord interpretando soprattutto le parti di primo amoroso con fama sempre crescente: Charles De Brosses lo annoverò tra i migliori castrati che avesse mai ascoltato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.