ENCHI FUMIKO (1905 – 1986) nasce a Tokyo da una famiglia d’intellettuali - il padre Ueda Kazutoshi era un noto studioso di letteratura e filologia, nonché docente presso l’Università Imperiale. All'inizio della carriera, fu attratta dal teatro, probabilmente influenzata dalla nonna, grande appassionata di kabuki. Fu soltanto dopo un triste periodo funestato da lutti familiari e malattie, che approdò al successo, consacrato nel 1954 dall’assegnazione del prestigioso premio letterario Joryū bunkaku shō (Premio per la letteratura femminile) per Himojii tsukihi (I giorni della fame). Nel 1957 riceve il premio Noma per quella che da molti è considerata la sua opera migliore: Onnazaka (Il sentiero nell’ombra, tradotto in italiano nel 1987). Nel 1969 vince il premio Tanizaki con un opera, sia pur velatamente, autobiografica: Niji to shura (L’arcobaleno e il demone). Nel 1972 inizia la pubblicazione della versione in lingua moderna del classico della letteratura giaponese per eccellenza, il Genji monogatari di Murasaki Shikibu, un’impresa che la impegnerà per i successivi dieci anni. Nel 1985, a un anno dalla morte, l’ultimo prestigioso riconoscimento: Enchi viene insignita del Bunka kunshō (Ordine al merito della cultura), la massima onorificenza esistente in Giappone. Unanimemente considerata una delle più grandi scrittrici del ‘900, Enchi stessa ha più volte ribadito che l’arte nasce solo dalla realtà della vita quotidiana. Nel senso che per lei il romanzo è “un insieme di bugie con un fondamento reale”. E di fatto la sua prosa deriva la propria forza dalla capacità di creare a partire dall’esperienza - sia essa vissuta o appresa tramite la lettura - un mondo fittizio popolato di personaggi assolutamente plausibili, che danno voce a conflitti e desideri senza tempo. Ambientato in Giappone alla fine del decimo secolo, il Namamiko monogatari racconta la storia di Teishi (976-1001), figlia di Fujiwara Michitaka, data in sposa giovanissima all'ancor più giovane futuro imperatore Ichijō (980-1011). Quando Michitaka muore, il potere passa al fratello, Fujiwara Michinaga (966-1028). Questi, destinato a diventare uno dei personaggi più potenti della storia giapponese, è determinato a far sì che sia la propria figlia, e non Teishi, a diventare imperatrice. Per questo non si ferma davanti a nulla, pur di minare la posizione della rivale, con l'aiuto di vari personaggi, e soprattutto di due false sciamane. Questa in sintesi la trama del romanzo, forse l'opera a sfondo storico più ambiziosa di Enchi Fumiko, e sicuramente la migliore. La struttura narrativa si presenta infatti, al di là dell’apparente semplicità della trama, stratificata e complessa: il testo consta di un prologo e di sei capitoli. Nel prologo il narratore stabilisce la propria identità come figlia dello studioso Ueda Kazutoshi (che di fatto è il padre di Enchi Fumiko; il testo afferma quindi in modo esplicito l’assoluta identità fra narratore fittizio e autore storico, proponendosi fin dall’inizio come racconto in prima persona). Non solo, ma il narratore pretende di citare a memoria un antico manoscritto che aveva letto nella biblioteca del padre quand'era solo una bambina. Il manoscritto, che nel frattempo è scomparso senza lasciare traccia, si propone come resoconto dei retroscena dell'ascesa di Fujiwara Michinaga. Nei restanti sei capitoli, gli eventi principali del romanzo, che coprono il decennio 990-1001, durante il quale Michinaga consolida il proprio potere sul trono neutralizzando i rivali. Il narratore insinua che Michinaga possa aver fatto ricorso a ogni mezzo, lecito o illecito, arrivando al punto di inscenare all’interno della corte finti fenomeni di possessione, all’unico scopo di minare la posizione della rivale della propria figlia, l'imperatrice Teishi, e dei fratelli di lei. Il racconto principale, in giapponese moderno, viene continuamente interrotto da citazioni: dal presunto manoscritto perduto, dallo Eiga monogatari (classico giapponese dell’XI secolo), e dal famoso Makura no sōshi (Le note del guanciale ) di Sei Shōnagon. Il primo e il secondo capitolo introducono i personaggi principali, e raccontano dell'amore profondo di Ichijō per Teishi. I capitoli dal tre al sei sono resoconto di come Michinaga manipoli gli eventi per orchestrare la caduta di Teishi e dei suoi alleati. In contrasto con il ritratto che il già citato Eiga monogatari tratteggia di Michinaga come leader generoso e benedetto dalla sorte, il Namamiko lo ritrae come istigatore di un piano per uccidere Teishi, e come l'ideatore di false accuse nei confronti di importanti personaggi. Ma anche qui trova spazio il fiorire dell'amore fra Ichijō e Teishi nonostante le avversità, gli scandali e la separazione forzata, e nonostante la prematura morte di Teishi, dopo la nascita della loro terza figlia. Perché, in ultima analisi, il Namamiko monogatari è e rimane una bellissima storia d’amore. Nonostante il romanzo sia popolato di figure storiche, un ruolo chiave all’interno della trama giocano due figure fittizie, apparentemente marginali, le due sorelle Ayame e Kureha. Hanno ereditato poteri sciamanici dalla madre, Toyome, che lavorava nella casa di Michinaga. Nonostante l'ultimo desiderio di Toyome fosse stato che le sue figlie non dovessero conoscere la dura vita della medium, Michinaga introduce Kureha nell’entourage di Teishi. E alla fine, persuade le due sorelle a fingere di essere possedute dallo spirito vivente della giovane imperatrice. Tutte e due le volte tuttavia quest’ultima riesce a salvarsi: la prima volta semplicemente grazie alla purezza del proprio cuore; la seconda volta mandando il proprio spirito ad affrontare la falsa medium. A differenza di tante altre eroine di Enchi, Teishi non è mai consumata dalla rabbia repressa o dalla gelosia. Anche quando si vede tradita, riesce a rimanere fedele a se stessa. Enchi Fumiko, famosa per la sua conoscenza enciclopedica dei classici giapponesi, ha dichiarato verso la fine della propria vita di non avere mai amato le dame di corte dell’epoca Heian ma di avere invece una particolare simpatia per Fujiwara Teishi, che trovava “vivace e fresca”. Che la sua ammirazione per Teishi fosse genuina è ampiamente testimoniato dal Namamiko monogatari, non a caso vincitore del premio Joryū bungaku nel 1966. Qui l'autore costruisce una sorta di contraltare testuale allo Eiga monogatari, un vero e proprio panegirico a Fujiwara Michinaga, tanto più che narra gli anni durante i quali il suo controllo sul trono era assoluto e incontrastato. Assicurandosi che tutte le imperatrici appartenessero alla famiglia, i parenti di lei manipolavano facilmente l'imperatore. Inoltre gli imperatori venivano spinti a ritirarsi ancora in giovane età allo scopo di impedire che l'esperienza e la saggezza accumulata negli anni potessero spingerli a esautorare i reggenti. Grazie alla presenza di una molteplicità di voci, stili e punti di vista, cui si aggiungono i continui commenti del narratore sulle reali motivazioni dei vari personaggi ma anche sull’attendibilità delle stesse fonti testuali che utilizza, Enchi confonde i confini fra verità e fiction, storia e letteratura. Il tutto al fine di rivelare la vera natura di Michinaga, abile stratega e impostore senza scrupoli, in contrapposizione al ritratto idealizzato che lo Eiga monogatari ha da sempre tramandato ai posteri. Quanto alla figura della protagonista, i lettori che hanno familiarità con la narrativa di Enchi Fumiko, riconosceranno alcuni tratti che accomunano Teishi ad altre eroine: la determinazione di Tomo, protagonista di Il sentiero nell’ombra, o il fascino carico di mistero di Mieko, Maschere di donna. Soprattutto, come loro Teishi possiede una forza interiore che si rivela un ostacolo insormontabile per i suoi avversari. Ma Teishi è anche diversa dalle altre, in alcuni importanti aspetti. Per esempio gli anni di sofferenza e difficoltà non fanno che accrescere il fascino che emana dalla sua persona. E non è il risentimento a alimentare la sua forza, ma piuttosto il potere del suo amore incrollabile e della sua devozione all'imperatore. E la sua vittoria su Michinaga non porta con sé rancore o malevolenza verso nessuno. Il contrasto con l'amarezza di Tomo o con le manipolazioni calcolate di Mieko non potrebbe essere più stridente. Un critico ha detto che creare una storia convincente di vero amore è quanto mai arduo in quest'epoca cinica. Il successo del romanzo è senza dubbio dovuto in gran parte alla tecnica narrativa inusuale che Enchi utilizza, ma anche al fascino che esercita sul lettore l’ambientazione in un’epoca accessibile ormai solo attraverso il potere dell'immaginazione. Un altro motivo di interesse del romanzo è che dipinge la possessione come un fenomeno che può essere orchestrato per scopi politici. La possessione in realtà è una presenza costante nella letteratura classica, di epoca Heian. Del resto l’idea di un medium che dà voce al risentimento degli spiriti di defunti è comune a molte culture. Meno comune invece è la possessione da parte di spiriti viventi, di coloro cioè che sono ancora in vita, e che possono anche non essere consapevoli delle azioni del proprio spirito. È significativo poi che molto spesso sia chi possiede sia chi è posseduto è una donna. Nel romanzo questo fenomeno viene sfruttato da Michinaga per realizzare le proprie ambizioni.
Paola Scrolavezza (2019). Namamiko. L'inganno delle sciamane.. Pordenone : Safarà Editore.
Namamiko. L'inganno delle sciamane.
Paola Scrolavezza
2019
Abstract
ENCHI FUMIKO (1905 – 1986) nasce a Tokyo da una famiglia d’intellettuali - il padre Ueda Kazutoshi era un noto studioso di letteratura e filologia, nonché docente presso l’Università Imperiale. All'inizio della carriera, fu attratta dal teatro, probabilmente influenzata dalla nonna, grande appassionata di kabuki. Fu soltanto dopo un triste periodo funestato da lutti familiari e malattie, che approdò al successo, consacrato nel 1954 dall’assegnazione del prestigioso premio letterario Joryū bunkaku shō (Premio per la letteratura femminile) per Himojii tsukihi (I giorni della fame). Nel 1957 riceve il premio Noma per quella che da molti è considerata la sua opera migliore: Onnazaka (Il sentiero nell’ombra, tradotto in italiano nel 1987). Nel 1969 vince il premio Tanizaki con un opera, sia pur velatamente, autobiografica: Niji to shura (L’arcobaleno e il demone). Nel 1972 inizia la pubblicazione della versione in lingua moderna del classico della letteratura giaponese per eccellenza, il Genji monogatari di Murasaki Shikibu, un’impresa che la impegnerà per i successivi dieci anni. Nel 1985, a un anno dalla morte, l’ultimo prestigioso riconoscimento: Enchi viene insignita del Bunka kunshō (Ordine al merito della cultura), la massima onorificenza esistente in Giappone. Unanimemente considerata una delle più grandi scrittrici del ‘900, Enchi stessa ha più volte ribadito che l’arte nasce solo dalla realtà della vita quotidiana. Nel senso che per lei il romanzo è “un insieme di bugie con un fondamento reale”. E di fatto la sua prosa deriva la propria forza dalla capacità di creare a partire dall’esperienza - sia essa vissuta o appresa tramite la lettura - un mondo fittizio popolato di personaggi assolutamente plausibili, che danno voce a conflitti e desideri senza tempo. Ambientato in Giappone alla fine del decimo secolo, il Namamiko monogatari racconta la storia di Teishi (976-1001), figlia di Fujiwara Michitaka, data in sposa giovanissima all'ancor più giovane futuro imperatore Ichijō (980-1011). Quando Michitaka muore, il potere passa al fratello, Fujiwara Michinaga (966-1028). Questi, destinato a diventare uno dei personaggi più potenti della storia giapponese, è determinato a far sì che sia la propria figlia, e non Teishi, a diventare imperatrice. Per questo non si ferma davanti a nulla, pur di minare la posizione della rivale, con l'aiuto di vari personaggi, e soprattutto di due false sciamane. Questa in sintesi la trama del romanzo, forse l'opera a sfondo storico più ambiziosa di Enchi Fumiko, e sicuramente la migliore. La struttura narrativa si presenta infatti, al di là dell’apparente semplicità della trama, stratificata e complessa: il testo consta di un prologo e di sei capitoli. Nel prologo il narratore stabilisce la propria identità come figlia dello studioso Ueda Kazutoshi (che di fatto è il padre di Enchi Fumiko; il testo afferma quindi in modo esplicito l’assoluta identità fra narratore fittizio e autore storico, proponendosi fin dall’inizio come racconto in prima persona). Non solo, ma il narratore pretende di citare a memoria un antico manoscritto che aveva letto nella biblioteca del padre quand'era solo una bambina. Il manoscritto, che nel frattempo è scomparso senza lasciare traccia, si propone come resoconto dei retroscena dell'ascesa di Fujiwara Michinaga. Nei restanti sei capitoli, gli eventi principali del romanzo, che coprono il decennio 990-1001, durante il quale Michinaga consolida il proprio potere sul trono neutralizzando i rivali. Il narratore insinua che Michinaga possa aver fatto ricorso a ogni mezzo, lecito o illecito, arrivando al punto di inscenare all’interno della corte finti fenomeni di possessione, all’unico scopo di minare la posizione della rivale della propria figlia, l'imperatrice Teishi, e dei fratelli di lei. Il racconto principale, in giapponese moderno, viene continuamente interrotto da citazioni: dal presunto manoscritto perduto, dallo Eiga monogatari (classico giapponese dell’XI secolo), e dal famoso Makura no sōshi (Le note del guanciale ) di Sei Shōnagon. Il primo e il secondo capitolo introducono i personaggi principali, e raccontano dell'amore profondo di Ichijō per Teishi. I capitoli dal tre al sei sono resoconto di come Michinaga manipoli gli eventi per orchestrare la caduta di Teishi e dei suoi alleati. In contrasto con il ritratto che il già citato Eiga monogatari tratteggia di Michinaga come leader generoso e benedetto dalla sorte, il Namamiko lo ritrae come istigatore di un piano per uccidere Teishi, e come l'ideatore di false accuse nei confronti di importanti personaggi. Ma anche qui trova spazio il fiorire dell'amore fra Ichijō e Teishi nonostante le avversità, gli scandali e la separazione forzata, e nonostante la prematura morte di Teishi, dopo la nascita della loro terza figlia. Perché, in ultima analisi, il Namamiko monogatari è e rimane una bellissima storia d’amore. Nonostante il romanzo sia popolato di figure storiche, un ruolo chiave all’interno della trama giocano due figure fittizie, apparentemente marginali, le due sorelle Ayame e Kureha. Hanno ereditato poteri sciamanici dalla madre, Toyome, che lavorava nella casa di Michinaga. Nonostante l'ultimo desiderio di Toyome fosse stato che le sue figlie non dovessero conoscere la dura vita della medium, Michinaga introduce Kureha nell’entourage di Teishi. E alla fine, persuade le due sorelle a fingere di essere possedute dallo spirito vivente della giovane imperatrice. Tutte e due le volte tuttavia quest’ultima riesce a salvarsi: la prima volta semplicemente grazie alla purezza del proprio cuore; la seconda volta mandando il proprio spirito ad affrontare la falsa medium. A differenza di tante altre eroine di Enchi, Teishi non è mai consumata dalla rabbia repressa o dalla gelosia. Anche quando si vede tradita, riesce a rimanere fedele a se stessa. Enchi Fumiko, famosa per la sua conoscenza enciclopedica dei classici giapponesi, ha dichiarato verso la fine della propria vita di non avere mai amato le dame di corte dell’epoca Heian ma di avere invece una particolare simpatia per Fujiwara Teishi, che trovava “vivace e fresca”. Che la sua ammirazione per Teishi fosse genuina è ampiamente testimoniato dal Namamiko monogatari, non a caso vincitore del premio Joryū bungaku nel 1966. Qui l'autore costruisce una sorta di contraltare testuale allo Eiga monogatari, un vero e proprio panegirico a Fujiwara Michinaga, tanto più che narra gli anni durante i quali il suo controllo sul trono era assoluto e incontrastato. Assicurandosi che tutte le imperatrici appartenessero alla famiglia, i parenti di lei manipolavano facilmente l'imperatore. Inoltre gli imperatori venivano spinti a ritirarsi ancora in giovane età allo scopo di impedire che l'esperienza e la saggezza accumulata negli anni potessero spingerli a esautorare i reggenti. Grazie alla presenza di una molteplicità di voci, stili e punti di vista, cui si aggiungono i continui commenti del narratore sulle reali motivazioni dei vari personaggi ma anche sull’attendibilità delle stesse fonti testuali che utilizza, Enchi confonde i confini fra verità e fiction, storia e letteratura. Il tutto al fine di rivelare la vera natura di Michinaga, abile stratega e impostore senza scrupoli, in contrapposizione al ritratto idealizzato che lo Eiga monogatari ha da sempre tramandato ai posteri. Quanto alla figura della protagonista, i lettori che hanno familiarità con la narrativa di Enchi Fumiko, riconosceranno alcuni tratti che accomunano Teishi ad altre eroine: la determinazione di Tomo, protagonista di Il sentiero nell’ombra, o il fascino carico di mistero di Mieko, Maschere di donna. Soprattutto, come loro Teishi possiede una forza interiore che si rivela un ostacolo insormontabile per i suoi avversari. Ma Teishi è anche diversa dalle altre, in alcuni importanti aspetti. Per esempio gli anni di sofferenza e difficoltà non fanno che accrescere il fascino che emana dalla sua persona. E non è il risentimento a alimentare la sua forza, ma piuttosto il potere del suo amore incrollabile e della sua devozione all'imperatore. E la sua vittoria su Michinaga non porta con sé rancore o malevolenza verso nessuno. Il contrasto con l'amarezza di Tomo o con le manipolazioni calcolate di Mieko non potrebbe essere più stridente. Un critico ha detto che creare una storia convincente di vero amore è quanto mai arduo in quest'epoca cinica. Il successo del romanzo è senza dubbio dovuto in gran parte alla tecnica narrativa inusuale che Enchi utilizza, ma anche al fascino che esercita sul lettore l’ambientazione in un’epoca accessibile ormai solo attraverso il potere dell'immaginazione. Un altro motivo di interesse del romanzo è che dipinge la possessione come un fenomeno che può essere orchestrato per scopi politici. La possessione in realtà è una presenza costante nella letteratura classica, di epoca Heian. Del resto l’idea di un medium che dà voce al risentimento degli spiriti di defunti è comune a molte culture. Meno comune invece è la possessione da parte di spiriti viventi, di coloro cioè che sono ancora in vita, e che possono anche non essere consapevoli delle azioni del proprio spirito. È significativo poi che molto spesso sia chi possiede sia chi è posseduto è una donna. Nel romanzo questo fenomeno viene sfruttato da Michinaga per realizzare le proprie ambizioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.