La resistenza naturale delle piante ai patogeni é da sempre fonte di ispirazione per lo sviluppo di strategie di controllo dei parassiti in agricoltura. Tuttavia, nel campo del post-raccolta, lo studio dei meccanismi naturali di difesa come mezzo per controllare le malattie, ha origini relativamente recenti. Inoltre, i programmi di miglioramento genetico nell’ambito del post-raccolta si sono da sempre concentrati sulla selezione per prodotti più teneri, meno astringenti, e quindi meno ricchi in composti fenolici e strutture cellulari, aggravando perciò la fisiologica perdita di resistenza naturale, dovuta alla maturazione e alla senescenza dei prodotti in post-raccolta. L’insorgenza e la diffusione di patogeni resistenti ai fungicidi tradizionali, sommata ad una maggiore sensibilità dei consumatori per prodotti più a ‘basso rischio’ per la salute umana e dell’ambiente, hanno favorito il recente sviluppo di strategie di difesa mirate allo stimolo e all’incremento delle risorse di resistenza naturali dei prodotti vegetali; tali strategie determinano l’ induzione nei tessuti vegetali di una condizione di resistenza e sono attualmente tra i metodi più diffusi, soprattutto in programmi di lotta integrata, per proteggere i prodotti vegetali durante la conservazione post-raccolta. L’induzione di resistenza si ottiene tramite l’uso di ‘elicitori’, ossia di trattamenti che possono essere di natura chimica, fisica o biologica in grado di attivare i metabolismi secondari tipici della resistenza acquisita a livello locale (‘local acquired resistance’, LAR), sistemico (systemic acquired resistance, SAR) o della resistenza sistemica indotta (induced systemic resistance, ISR) delle piante. La resistenza viene acquisita generalmente in modo sistemico, dopo un periodo di latenza (4-8 ore) necessario per l’attivazione dei suddetti metabolismi e dura da settimane a mesi, in funzione delle condizioni ambientali, della specie vegetale e del trattamento elicitore.

miglioramento genetico della resistenza

BARALDI, ELENA
2008

Abstract

La resistenza naturale delle piante ai patogeni é da sempre fonte di ispirazione per lo sviluppo di strategie di controllo dei parassiti in agricoltura. Tuttavia, nel campo del post-raccolta, lo studio dei meccanismi naturali di difesa come mezzo per controllare le malattie, ha origini relativamente recenti. Inoltre, i programmi di miglioramento genetico nell’ambito del post-raccolta si sono da sempre concentrati sulla selezione per prodotti più teneri, meno astringenti, e quindi meno ricchi in composti fenolici e strutture cellulari, aggravando perciò la fisiologica perdita di resistenza naturale, dovuta alla maturazione e alla senescenza dei prodotti in post-raccolta. L’insorgenza e la diffusione di patogeni resistenti ai fungicidi tradizionali, sommata ad una maggiore sensibilità dei consumatori per prodotti più a ‘basso rischio’ per la salute umana e dell’ambiente, hanno favorito il recente sviluppo di strategie di difesa mirate allo stimolo e all’incremento delle risorse di resistenza naturali dei prodotti vegetali; tali strategie determinano l’ induzione nei tessuti vegetali di una condizione di resistenza e sono attualmente tra i metodi più diffusi, soprattutto in programmi di lotta integrata, per proteggere i prodotti vegetali durante la conservazione post-raccolta. L’induzione di resistenza si ottiene tramite l’uso di ‘elicitori’, ossia di trattamenti che possono essere di natura chimica, fisica o biologica in grado di attivare i metabolismi secondari tipici della resistenza acquisita a livello locale (‘local acquired resistance’, LAR), sistemico (systemic acquired resistance, SAR) o della resistenza sistemica indotta (induced systemic resistance, ISR) delle piante. La resistenza viene acquisita generalmente in modo sistemico, dopo un periodo di latenza (4-8 ore) necessario per l’attivazione dei suddetti metabolismi e dura da settimane a mesi, in funzione delle condizioni ambientali, della specie vegetale e del trattamento elicitore.
2008
patologia postraccolta dei prodotti vegetali
123
125
E.Baraldi
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