Mentre nel Medioevo la retorica si era praticamente ristretta a una sola parte di essa, l’elocutio, nel Decameron si vedono chiaramente in atto tutte le competenze e l’uso dell’intero statuto dell’arte sermocinale. Dopo un’inventio che attinge la materia del narrare dalle fonti più diverse, compresa quella, a detta di Boccaccio, di una sua vicina di casa, l’esame delle novelle rivela una dispositio che preferisce un ordo naturalis, un’elocutio che ora si distende con l’amplificatio ora si comprime nella brevitas di un motto o di una sentenza gnomica. Non mancano neppure l’actio e la pronuntiatio, dal momento che dei personaggi si descrivono anche la gestualità e la tonalità della voce, finalizzate a scopi persuasivi. Né è dimenticata la memoria, come si vede nella novella di Madonna Oretta, dove la dimenticanza di certi particolari rende penoso e censurabile il racconto del cavaliere. Nel Decameron sono anche rappresentati i tre generi oratorii, il giudiziario, nelle valutazioni che i narratori esprimono sul comportamento dei protagonisti delle novelle, il deliberativo, visibile nelle regole diegetiche che essi si danno, l’epidittico, espresso nella lode o nel biasimo di certe condotte. Anche i tre fini della retorica sono realizzati: il delectare, rappresentato appunto dal «diletto delle sollazzevoli cose», il docere, dall’«utile consiglio» che si può ricavare dal racconto delle varie vicende, il movere, per le «laudevoli consolazioni». Con tutto ciò Boccaccio esprime la massima fiducia nel potere della parola e nella sua razionalità comunicativa, manifestata sia nella rhetorica docens dei narratori, sia nella rhetorica utens applicata dai personaggi delle novelle per conseguire i loro obiettivi pratici, ora economici, ora sessuali, ora vòlti a trarre qualcuno «di grandissimi pericoli».

Rhetoric / andrea Battistini. - STAMPA. - 1:(2019), pp. 283-306.

Rhetoric

andrea Battistini
2019

Abstract

Mentre nel Medioevo la retorica si era praticamente ristretta a una sola parte di essa, l’elocutio, nel Decameron si vedono chiaramente in atto tutte le competenze e l’uso dell’intero statuto dell’arte sermocinale. Dopo un’inventio che attinge la materia del narrare dalle fonti più diverse, compresa quella, a detta di Boccaccio, di una sua vicina di casa, l’esame delle novelle rivela una dispositio che preferisce un ordo naturalis, un’elocutio che ora si distende con l’amplificatio ora si comprime nella brevitas di un motto o di una sentenza gnomica. Non mancano neppure l’actio e la pronuntiatio, dal momento che dei personaggi si descrivono anche la gestualità e la tonalità della voce, finalizzate a scopi persuasivi. Né è dimenticata la memoria, come si vede nella novella di Madonna Oretta, dove la dimenticanza di certi particolari rende penoso e censurabile il racconto del cavaliere. Nel Decameron sono anche rappresentati i tre generi oratorii, il giudiziario, nelle valutazioni che i narratori esprimono sul comportamento dei protagonisti delle novelle, il deliberativo, visibile nelle regole diegetiche che essi si danno, l’epidittico, espresso nella lode o nel biasimo di certe condotte. Anche i tre fini della retorica sono realizzati: il delectare, rappresentato appunto dal «diletto delle sollazzevoli cose», il docere, dall’«utile consiglio» che si può ricavare dal racconto delle varie vicende, il movere, per le «laudevoli consolazioni». Con tutto ciò Boccaccio esprime la massima fiducia nel potere della parola e nella sua razionalità comunicativa, manifestata sia nella rhetorica docens dei narratori, sia nella rhetorica utens applicata dai personaggi delle novelle per conseguire i loro obiettivi pratici, ora economici, ora sessuali, ora vòlti a trarre qualcuno «di grandissimi pericoli».
2019
The «Decameron». A Critical Lexicon
283
306
Rhetoric / andrea Battistini. - STAMPA. - 1:(2019), pp. 283-306.
andrea Battistini
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