«Quasi ogni storia della sessualità è una storia delle nostre idee – più o meno vere – sulla sessualità, una storia delle nostre istituzioni – più o meno repressive – che controllano la sessualità, come se la sessualità fosse un assoluto, una costante, fuori dal tempo, come se una storia della sessualità dovesse riferirsi per forza a una sessualità sovrastorica, un punto fisso attorno al quale far ruotare la nostra storia. Ma cosa succederebbe se la sessualità stessa fosse storica, se la storia della sessualità introducesse una discontinuità nel nostro stesso essere e facesse a pezzi la stabilità rassicurante di una necessità che si vorrebbe atemporale? Quale sarebbe l’effetto di una storia della sessualità di questo tipo, di un’epistemologia storica della sessualità? Il mio libro non contiene soluzioni a problemi, e l’irritazione che provoca è più difficile da alleviare rispetto a quella prodotta dai giudizi morali discordanti sulla sessualità: le irritazioni che mi interessano derivano da un attrito epistemologico. Si può certamente essere a favore o contrari alla perversione, ma in questo contesto è molto poco rilevante. È l’impiego stesso dei concetti di sessualità e perversione che costituisce il bersaglio della mia critica epistemologica. Ma l’irritazione non è sufficiente; essa deve far nascere il lavoro critico del pensiero su se stesso, un lavoro sui nostri limiti che possa consentirci di pensare in modo diverso. E, se siamo fortunati, non sarà l’effetto meno significativo di questo lavoro produrre quella frizione che ci permette di stabilire “un rapporto nuovo e insolito” con noi stessi»
SAVOIA P,, LUCCHESINI G, (2010). L'emergenza della sessualità. Epistemologia storica e formazione dei concetti. macerata : quodlibet.
L'emergenza della sessualità. Epistemologia storica e formazione dei concetti
SAVOIA P,;
2010
Abstract
«Quasi ogni storia della sessualità è una storia delle nostre idee – più o meno vere – sulla sessualità, una storia delle nostre istituzioni – più o meno repressive – che controllano la sessualità, come se la sessualità fosse un assoluto, una costante, fuori dal tempo, come se una storia della sessualità dovesse riferirsi per forza a una sessualità sovrastorica, un punto fisso attorno al quale far ruotare la nostra storia. Ma cosa succederebbe se la sessualità stessa fosse storica, se la storia della sessualità introducesse una discontinuità nel nostro stesso essere e facesse a pezzi la stabilità rassicurante di una necessità che si vorrebbe atemporale? Quale sarebbe l’effetto di una storia della sessualità di questo tipo, di un’epistemologia storica della sessualità? Il mio libro non contiene soluzioni a problemi, e l’irritazione che provoca è più difficile da alleviare rispetto a quella prodotta dai giudizi morali discordanti sulla sessualità: le irritazioni che mi interessano derivano da un attrito epistemologico. Si può certamente essere a favore o contrari alla perversione, ma in questo contesto è molto poco rilevante. È l’impiego stesso dei concetti di sessualità e perversione che costituisce il bersaglio della mia critica epistemologica. Ma l’irritazione non è sufficiente; essa deve far nascere il lavoro critico del pensiero su se stesso, un lavoro sui nostri limiti che possa consentirci di pensare in modo diverso. E, se siamo fortunati, non sarà l’effetto meno significativo di questo lavoro produrre quella frizione che ci permette di stabilire “un rapporto nuovo e insolito” con noi stessi»I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.