Tra le attribuzioni della Commissione europea, il potere di concludere accordi internazionali a nome della Comunità europea (CE) è sicuramente quello posto meno in evidenza. Poche e stringate sono le norme del Trattato CE ad esso espressamente dedicate; limitato è il numero di accordi internazionali che, approvati dalla Commissione, sono stati pubblicati nella Gazzetta delle Comunità e ora dell’Unione europea; e molto contenuta è la serie di sentenze della Corte di giustizia intervenute sul tema. Tuttavia, non ci si deve far trarre in inganno dall’essenzialità degli elementi richiamati, e giungere alla conclusione che questi ultimi sarebbero prova della natura marginale e circoscritta del treaty-making power della Commissione. In realtà, essi indicano il carattere estremamente sensibile che, nel sistema istituzionale comunitario, ha assunto la configurazione del potere di concludere accordi in capo al Collegio di Bruxelles. Tale sensibilità è dovuta all’incapacità degli Stati membri di superare la riluttanza alla definizione di un’apposita disciplina del potere pattizio della Commissione, nonostante essi siano al tempo stesso i primi ad ammettere la necessità, per il Collegio, di interagire sul piano delle relazioni esterne anche attraverso atti concordati con i soggetti terzi, e l’insostituibilità, in tale ruolo, della Commissione. Gli Stati membri, infatti, paventano che detta istituzione potrebbe divenire eccessivamente autonoma laddove un articolato potere di concludere accordi le venisse espressamente attribuito, ritenendo di non poter riuscire, in tale ipotesi, ad esercitare un controllo assiduo e puntuale, e, dunque, condizionante delle determinazioni finali del Collegio. La costante ritrosia degli Stati membri ad una chiara determinazione del potere della Commissione di concludere accordi a nome della Comunità ha determinato, negli ambienti comunitari, una serie di accorgimenti volti ad “attenuare” la natura di accordo internazionale degli strumenti concordati dalla Commissione con Stati e organizzazioni internazionali, configurandoli come atti informali e privi di forza giuridica vincolante, oppure rappresentando quanto concordato con i soggetti terzi come la semplice presa d’atto di un impegno unilaterale da questi ultimi assunto, e, soprattutto, scegliendo sovente di limitare la pubblicazione ufficiale delle intese raggiunte dalla Commissione. Il volume in oggetto opera una ricognizione dell'attività pattizia della Commissione europea, dando luogo ad un'analisi sinora mai affrontata dalla dottrina (nazionale e non), nonostante il Collegio eserciti il suo treaty-making power sin dall'istituzione della Comunità europea. La monografia individua una tipologia degli accordi della Commissione (accordi amministrativi con le organizzazioni internazionali, accordi amministrativi con gli Stati terzi, accordi sui privilegi e le immunità delle delegazioni della Commissione presso i Paesi terzi, accordi sugli adattamenti di precedenti impegni pattizi, accordi di politica commerciale, accordi di finanziamento), individuandone le basi giuridiche, e suggerendo, anche alla luce del Trattato di Lisbona, come razionalizzare e rafforzare questo particolare aspetto dell'attività internazionale del Collegio di Bruxelles.

E. Baroncini (2008). Il treaty-making power della Commissione europea. NAPOLI : editoriale scientifica.

Il treaty-making power della Commissione europea

BARONCINI, ELISA
2008

Abstract

Tra le attribuzioni della Commissione europea, il potere di concludere accordi internazionali a nome della Comunità europea (CE) è sicuramente quello posto meno in evidenza. Poche e stringate sono le norme del Trattato CE ad esso espressamente dedicate; limitato è il numero di accordi internazionali che, approvati dalla Commissione, sono stati pubblicati nella Gazzetta delle Comunità e ora dell’Unione europea; e molto contenuta è la serie di sentenze della Corte di giustizia intervenute sul tema. Tuttavia, non ci si deve far trarre in inganno dall’essenzialità degli elementi richiamati, e giungere alla conclusione che questi ultimi sarebbero prova della natura marginale e circoscritta del treaty-making power della Commissione. In realtà, essi indicano il carattere estremamente sensibile che, nel sistema istituzionale comunitario, ha assunto la configurazione del potere di concludere accordi in capo al Collegio di Bruxelles. Tale sensibilità è dovuta all’incapacità degli Stati membri di superare la riluttanza alla definizione di un’apposita disciplina del potere pattizio della Commissione, nonostante essi siano al tempo stesso i primi ad ammettere la necessità, per il Collegio, di interagire sul piano delle relazioni esterne anche attraverso atti concordati con i soggetti terzi, e l’insostituibilità, in tale ruolo, della Commissione. Gli Stati membri, infatti, paventano che detta istituzione potrebbe divenire eccessivamente autonoma laddove un articolato potere di concludere accordi le venisse espressamente attribuito, ritenendo di non poter riuscire, in tale ipotesi, ad esercitare un controllo assiduo e puntuale, e, dunque, condizionante delle determinazioni finali del Collegio. La costante ritrosia degli Stati membri ad una chiara determinazione del potere della Commissione di concludere accordi a nome della Comunità ha determinato, negli ambienti comunitari, una serie di accorgimenti volti ad “attenuare” la natura di accordo internazionale degli strumenti concordati dalla Commissione con Stati e organizzazioni internazionali, configurandoli come atti informali e privi di forza giuridica vincolante, oppure rappresentando quanto concordato con i soggetti terzi come la semplice presa d’atto di un impegno unilaterale da questi ultimi assunto, e, soprattutto, scegliendo sovente di limitare la pubblicazione ufficiale delle intese raggiunte dalla Commissione. Il volume in oggetto opera una ricognizione dell'attività pattizia della Commissione europea, dando luogo ad un'analisi sinora mai affrontata dalla dottrina (nazionale e non), nonostante il Collegio eserciti il suo treaty-making power sin dall'istituzione della Comunità europea. La monografia individua una tipologia degli accordi della Commissione (accordi amministrativi con le organizzazioni internazionali, accordi amministrativi con gli Stati terzi, accordi sui privilegi e le immunità delle delegazioni della Commissione presso i Paesi terzi, accordi sugli adattamenti di precedenti impegni pattizi, accordi di politica commerciale, accordi di finanziamento), individuandone le basi giuridiche, e suggerendo, anche alla luce del Trattato di Lisbona, come razionalizzare e rafforzare questo particolare aspetto dell'attività internazionale del Collegio di Bruxelles.
2008
505
9788863420708
E. Baroncini (2008). Il treaty-making power della Commissione europea. NAPOLI : editoriale scientifica.
E. Baroncini
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