La quantità e la qualità delle esperienze ludiche che accompagnano il soggetto nel corso dell’infanzia, fino all’adolescenza e oltre, sono un fattore decisivo per la formazione della sua personalità. Ognuno di noi è l’esito non solo dell’educazione formale che ha ricevuto (la famiglia, la scuola, le letture ecc.) ma anche, e in misura significativa, della propria ludobiografia cioè dei giochi che abbiamo praticato nella nostra età dello sviluppo, dei giocattoli che abbiamo avuto. Ognuno di noi potrebbe scrivere e raccontare la propria biografia ludica. Vorrei porre il problema della alfabetizzazione ludica (Play literacy). Sappiamo che l’alfabetizzazione o l’analfabetismo è un tratto culturale che dipende dalle società in cui un soggetto vive. Nella cultura occidentale l’alfabetizzazione è uno dei fondamentali campi di investimento sul cosiddetto “capitale sociale”, e per questo ha assunto il valore indispensabile che conosciamo. La domanda è: come esiste una Reading literacy e Mathematical literacy, possiamo dire che esiste una play literacy? E, ammesso che esista e sia definibile, è possibile rilevarla e misurarla? Quanti e quali giochi i bambini conoscono e praticano? Un tratto distintivo su cui insistono oggi le scienze della vita è la difesa della biodiversità, cioè la salvaguardia di ecosistemi complessi ancorché fragili, delle diverse forme di vita animale e vegetale che caratterizzano un ambiente. Le minacce alla biodiversità in molte aree del nostro pianeta, e i rischi conseguenti, credo siano ampiamente noti. La domanda è: si può analogamente porre il problema della ludodiversità come indicatore positivo con cui leggere un ambiente sociale, un territorio urbano? E come questa si sia salvaguardata o minacciata nelle pratiche ludiche dell’infanzia.
Roberto Farné (2018). Jogo, treinamento e qualidade de vida: para una ecologia pedagogica do jogo. João Pessoa : UFPB Universidade Federal da Paraiba.
Jogo, treinamento e qualidade de vida: para una ecologia pedagogica do jogo
Roberto Farné
2018
Abstract
La quantità e la qualità delle esperienze ludiche che accompagnano il soggetto nel corso dell’infanzia, fino all’adolescenza e oltre, sono un fattore decisivo per la formazione della sua personalità. Ognuno di noi è l’esito non solo dell’educazione formale che ha ricevuto (la famiglia, la scuola, le letture ecc.) ma anche, e in misura significativa, della propria ludobiografia cioè dei giochi che abbiamo praticato nella nostra età dello sviluppo, dei giocattoli che abbiamo avuto. Ognuno di noi potrebbe scrivere e raccontare la propria biografia ludica. Vorrei porre il problema della alfabetizzazione ludica (Play literacy). Sappiamo che l’alfabetizzazione o l’analfabetismo è un tratto culturale che dipende dalle società in cui un soggetto vive. Nella cultura occidentale l’alfabetizzazione è uno dei fondamentali campi di investimento sul cosiddetto “capitale sociale”, e per questo ha assunto il valore indispensabile che conosciamo. La domanda è: come esiste una Reading literacy e Mathematical literacy, possiamo dire che esiste una play literacy? E, ammesso che esista e sia definibile, è possibile rilevarla e misurarla? Quanti e quali giochi i bambini conoscono e praticano? Un tratto distintivo su cui insistono oggi le scienze della vita è la difesa della biodiversità, cioè la salvaguardia di ecosistemi complessi ancorché fragili, delle diverse forme di vita animale e vegetale che caratterizzano un ambiente. Le minacce alla biodiversità in molte aree del nostro pianeta, e i rischi conseguenti, credo siano ampiamente noti. La domanda è: si può analogamente porre il problema della ludodiversità come indicatore positivo con cui leggere un ambiente sociale, un territorio urbano? E come questa si sia salvaguardata o minacciata nelle pratiche ludiche dell’infanzia.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.