Gli ultimi decenni hanno visto manifestarsi in gran parte delle democrazie un radicale mutamento: la crescita del rilievo politico dell’azione del giudice e in generale della magistratura . A questo proposito, si è ormai affermata fra gli studiosi un’espressione che rende bene i caratteri del fenomeno: la giudiziarizzazione della politica . Le ragioni di questo mutamento sono diverse e sono state estesamente analizzate . Stanno soprattutto in alcune trasformazioni che si sono manifestate nell’ambiente sociale ed economico, con l’affermarsi del cosiddetto Stato del benessere. Infatti, l’espansione dei diritti sociali, la crescita degli apparati amministrativi incaricati di tutelarli, la crescente, e inevitabile, delega all’esecutivo di funzioni un tempo riservate al legislativo, e l’aumentata rilevanza che decisioni di soggetti formalmente privati hanno per un numero sempre più ampio di cittadini, hanno moltiplicato le occasioni di conflitto fra cittadini, Stato e grandi organizzazioni, rafforzando nei cittadini il bisogno di tutela nei confronti di apparati amministrativi che sempre più si ingeriscono nella vita dei singoli. All’interno di questa evoluzione un aspetto che merita attenzione è stata l’evoluzione del ruolo del giudice, cioè dell’insieme di aspettative, valori e atteggiamenti circa le modalità con cui i giudici si comportano e si debbono comportare . È un fenomeno che è legato a dinamiche interne all’organizzazione giudiziaria ma anche a mutamenti – di carattere istituzionale e non – avvenuti nel sistema politico e che pone oggi qualche interrogativo di rilievo sulle loro conseguenze per lo sviluppo futuro dei regimi democratici e per la posizione del giudice in una democrazia costituzionale. Si tratta di interrogativi cui non sempre è stata data risposta adeguata ma che, a ben vedere, coinvolgono caratteri di fondo delle nostre democrazie.
C. Guarnieri (2008). L’evoluzione del ruolo del giudice nei regimi democratici. TORINO : Giappichelli.
L’evoluzione del ruolo del giudice nei regimi democratici
GUARNIERI CALBO CROTTA, CARLO ANTONIO
2008
Abstract
Gli ultimi decenni hanno visto manifestarsi in gran parte delle democrazie un radicale mutamento: la crescita del rilievo politico dell’azione del giudice e in generale della magistratura . A questo proposito, si è ormai affermata fra gli studiosi un’espressione che rende bene i caratteri del fenomeno: la giudiziarizzazione della politica . Le ragioni di questo mutamento sono diverse e sono state estesamente analizzate . Stanno soprattutto in alcune trasformazioni che si sono manifestate nell’ambiente sociale ed economico, con l’affermarsi del cosiddetto Stato del benessere. Infatti, l’espansione dei diritti sociali, la crescita degli apparati amministrativi incaricati di tutelarli, la crescente, e inevitabile, delega all’esecutivo di funzioni un tempo riservate al legislativo, e l’aumentata rilevanza che decisioni di soggetti formalmente privati hanno per un numero sempre più ampio di cittadini, hanno moltiplicato le occasioni di conflitto fra cittadini, Stato e grandi organizzazioni, rafforzando nei cittadini il bisogno di tutela nei confronti di apparati amministrativi che sempre più si ingeriscono nella vita dei singoli. All’interno di questa evoluzione un aspetto che merita attenzione è stata l’evoluzione del ruolo del giudice, cioè dell’insieme di aspettative, valori e atteggiamenti circa le modalità con cui i giudici si comportano e si debbono comportare . È un fenomeno che è legato a dinamiche interne all’organizzazione giudiziaria ma anche a mutamenti – di carattere istituzionale e non – avvenuti nel sistema politico e che pone oggi qualche interrogativo di rilievo sulle loro conseguenze per lo sviluppo futuro dei regimi democratici e per la posizione del giudice in una democrazia costituzionale. Si tratta di interrogativi cui non sempre è stata data risposta adeguata ma che, a ben vedere, coinvolgono caratteri di fondo delle nostre democrazie.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.