I cambiamenti climatici, anche nell’età antica, necessiterebbero di piani di interventi, atti a prevenire e gestire i problemi che conseguono a catastrofi naturali. A livello legislativo si possono prevedere regole straordinarie da applicarsi nel momento in cui l’emergenza si verifichi, ma anche disporre leggi ordinarie sulla gestione e cura dell’ambiente che possano prevenire o limitare gli effetti devastanti delle forze della natura. Tuttavia, nelle codificazioni tardoantiche, nello specifico Codice Teodosiano e Codice di Giustiniano, manca una trattazione sistematica di queste strategie d’intervento: non ci sono libri o titoli specificatamente dedicati alla gestione e prevenzione delle catastrofi naturali e climatiche. Si trovano, naturalmente, riferimenti ad alluvioni: nella novella di Teodosio II, Nov. Theod. 20 “De adluvionibus et paludibus”, emanata il 21 settembre 440. e nel Codex repetitae praelectionis il titolo 7.41 “De adluvionibus et paludibus et de pascuis ad alium statum transaltis”, ma questi testi normativi sono prevalentemente attenti a questioni relative al diritto di proprietà. In questa sede, ci si soffermerà in particolare sul titolo C. 7.41 composto da tre costituzioni: un rescritto di Gordiano propositum il 29 ottobre 239, una disposizione di Arcadio, data l’11 giugno 403 e parte del testo della Nov. Theod. 20 che chiude il titolo. L’analisi di queste costituzioni porta alla conclusione che la gestione delle catastrofi naturali e climatiche non si armonizza con norme che, inserite nel codice, devono essere regole fondamentalmente generali ed ordinarie; mentre la catastrofe è per definizione straordinaria e unica e per questo si parla di stato di emergenza. Si può avere solamente una legislazione locale, regionale, che si occupa dei fenomeni con caratteristiche di eccezionalità, ma che accadono nella stessa regione e possono essere prevedibili, come nel caso delle alluvioni del Nilo. La stessa Nov. Theod. 20 potrebbe essere considerata una traccia di una regolamentazione più ampia relativa ai problemi del Nilo. Questa legislazione regionale d’altronde può essere estesa ad altri territori dell’impero, se lo stesso problema si presentasse anche là. E la novella stessa è una esemplificazione di questa possibile estensione. Le misure s’inquadrano nel regime fondiario disposto per gli agri deserti, terreni sterili o abbandonati e dunque divenuti sterili. La legislazione imperiale, da Teodosio II a Giustiniano, dimostra la più favorevole condiscendenza verso i soggetti che si prendevano cura spontaneamente di questi terreno e li bonificavano, se paludosi.

Alluvioni e paludi: strategie d'intervento dell'amministrazione tardoantica

Simona Tarozzi
2018

Abstract

I cambiamenti climatici, anche nell’età antica, necessiterebbero di piani di interventi, atti a prevenire e gestire i problemi che conseguono a catastrofi naturali. A livello legislativo si possono prevedere regole straordinarie da applicarsi nel momento in cui l’emergenza si verifichi, ma anche disporre leggi ordinarie sulla gestione e cura dell’ambiente che possano prevenire o limitare gli effetti devastanti delle forze della natura. Tuttavia, nelle codificazioni tardoantiche, nello specifico Codice Teodosiano e Codice di Giustiniano, manca una trattazione sistematica di queste strategie d’intervento: non ci sono libri o titoli specificatamente dedicati alla gestione e prevenzione delle catastrofi naturali e climatiche. Si trovano, naturalmente, riferimenti ad alluvioni: nella novella di Teodosio II, Nov. Theod. 20 “De adluvionibus et paludibus”, emanata il 21 settembre 440. e nel Codex repetitae praelectionis il titolo 7.41 “De adluvionibus et paludibus et de pascuis ad alium statum transaltis”, ma questi testi normativi sono prevalentemente attenti a questioni relative al diritto di proprietà. In questa sede, ci si soffermerà in particolare sul titolo C. 7.41 composto da tre costituzioni: un rescritto di Gordiano propositum il 29 ottobre 239, una disposizione di Arcadio, data l’11 giugno 403 e parte del testo della Nov. Theod. 20 che chiude il titolo. L’analisi di queste costituzioni porta alla conclusione che la gestione delle catastrofi naturali e climatiche non si armonizza con norme che, inserite nel codice, devono essere regole fondamentalmente generali ed ordinarie; mentre la catastrofe è per definizione straordinaria e unica e per questo si parla di stato di emergenza. Si può avere solamente una legislazione locale, regionale, che si occupa dei fenomeni con caratteristiche di eccezionalità, ma che accadono nella stessa regione e possono essere prevedibili, come nel caso delle alluvioni del Nilo. La stessa Nov. Theod. 20 potrebbe essere considerata una traccia di una regolamentazione più ampia relativa ai problemi del Nilo. Questa legislazione regionale d’altronde può essere estesa ad altri territori dell’impero, se lo stesso problema si presentasse anche là. E la novella stessa è una esemplificazione di questa possibile estensione. Le misure s’inquadrano nel regime fondiario disposto per gli agri deserti, terreni sterili o abbandonati e dunque divenuti sterili. La legislazione imperiale, da Teodosio II a Giustiniano, dimostra la più favorevole condiscendenza verso i soggetti che si prendevano cura spontaneamente di questi terreno e li bonificavano, se paludosi.
2018
Ravenna Capitale. Il diritto delle acque nell'Occidente tardoantico: utilità comune e interessi privati
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Simona Tarozzi
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