Archetipo Elemento primario assoluto, l’archetipo definisce l’esemplare iniziale ed unico dal quale si sviluppano per successione, modificazione ed interpretazione altre ed ulteriori forme architettoniche ad esso associate. L’idea dell’archetipo, o perlomeno il suo concepimento, è riconducibile alla cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre. Il dramma è la condizione generativa per la fondazione della prima casa, creata per necessità di possedere un rifugio contro le ostilità della natura avversa e luogo per proteggere il fuoco. L’archetipo per eccellenza è sintetizzato nella capanna primitiva, descritta e raffigurata in forme molteplici sin dalle origini della trattatistica classica da Vitruvio, Filarete, Cesariano, Rusconi fino a Milizia e in anni recenti ridisegnata e nuovamente teorizzata da Franco Purini. La capanna primeva è anche l’ambiente nativo di Cristo, dipinta dai pittori con i medesimi stilemi della casa originaria, identificandosi conseguentemente con l’edificio di culto e il tempio. A tetto inclinato, talvolta piano, a pianta quadrangolare o circolare, il primo riparo non sembra avere secondo l’iconografia pervenuta un impianto formale fisso e invariato, affermandosi come enunciato dinamico piuttosto che assunto immutabile. Se l’archetipo è rappresentabile attraverso una forma, esiste sostanzialmente in quanto concetto astratto o idea speculativa e può essere inteso come modello irriducibile, non soggetto ad ulteriori operazioni di semplificazione. Da tale angolatura, archetipi sono altresì i volumi geometrici elementari. Il cubo, la sfera, il cono, il cilindro, il prisma introducono per similitudine un principio di derivazione dal quale discendono i pezzi costitutivi dell’architettura: la piramide, la cupola, la torre, la colonna. Di tali forme essenziali si è appropriato Aldo Rossi per caratterizzare il proprio personale sistema compositivo, impostato sull’aggregazione e l’accostamento. Intorno al tema dell’archetipo si articolano specifiche narrazioni architettoniche. Massimo Scolari evoca paesaggi primordiali dove riemergono architetture storiche paradigmatiche: l’Arca di Noè, la Torre di Babele, gli alianti. Altrettanto raffinata e interessata al ragionamento sulle figure fondative della disciplina è la poetica di Carlo Aymonino: la rilettura di tipi base come il teatro greco, l’edificio a corte, la stecca abitativa esprimono una volontà precisa di lavorare con i fatti fondanti ripresi dai diversi linguaggi espressivi dell’architettura. Nel panorama attuale, le radicali visualizzazioni stilistiche maturate attraverso il decostruttivismo e la cultura digitale sono state incapaci di formulare archetipi, nonostante da esse siano scaturite inedite forme espressive, che non riescono però ad essere ricondotte ad un segno iniziale. Questa anomalia rende evidente il superamento o la fine dell’archetipo nel pensiero contemporaneo, dichiarando possibile solo il recupero e la permanenza di quelli già conosciuti, appartenenti alla storia e alla tradizione.
M. Agnoletto (2006). Voci “Archetipo”, “Piano”, “Struttura” del Dizionario Architettonico Italiano. BOLOGNA : Editrice Compositori.
Voci “Archetipo”, “Piano”, “Struttura” del Dizionario Architettonico Italiano
AGNOLETTO, MATTEO
2006
Abstract
Archetipo Elemento primario assoluto, l’archetipo definisce l’esemplare iniziale ed unico dal quale si sviluppano per successione, modificazione ed interpretazione altre ed ulteriori forme architettoniche ad esso associate. L’idea dell’archetipo, o perlomeno il suo concepimento, è riconducibile alla cacciata di Adamo dal Paradiso terrestre. Il dramma è la condizione generativa per la fondazione della prima casa, creata per necessità di possedere un rifugio contro le ostilità della natura avversa e luogo per proteggere il fuoco. L’archetipo per eccellenza è sintetizzato nella capanna primitiva, descritta e raffigurata in forme molteplici sin dalle origini della trattatistica classica da Vitruvio, Filarete, Cesariano, Rusconi fino a Milizia e in anni recenti ridisegnata e nuovamente teorizzata da Franco Purini. La capanna primeva è anche l’ambiente nativo di Cristo, dipinta dai pittori con i medesimi stilemi della casa originaria, identificandosi conseguentemente con l’edificio di culto e il tempio. A tetto inclinato, talvolta piano, a pianta quadrangolare o circolare, il primo riparo non sembra avere secondo l’iconografia pervenuta un impianto formale fisso e invariato, affermandosi come enunciato dinamico piuttosto che assunto immutabile. Se l’archetipo è rappresentabile attraverso una forma, esiste sostanzialmente in quanto concetto astratto o idea speculativa e può essere inteso come modello irriducibile, non soggetto ad ulteriori operazioni di semplificazione. Da tale angolatura, archetipi sono altresì i volumi geometrici elementari. Il cubo, la sfera, il cono, il cilindro, il prisma introducono per similitudine un principio di derivazione dal quale discendono i pezzi costitutivi dell’architettura: la piramide, la cupola, la torre, la colonna. Di tali forme essenziali si è appropriato Aldo Rossi per caratterizzare il proprio personale sistema compositivo, impostato sull’aggregazione e l’accostamento. Intorno al tema dell’archetipo si articolano specifiche narrazioni architettoniche. Massimo Scolari evoca paesaggi primordiali dove riemergono architetture storiche paradigmatiche: l’Arca di Noè, la Torre di Babele, gli alianti. Altrettanto raffinata e interessata al ragionamento sulle figure fondative della disciplina è la poetica di Carlo Aymonino: la rilettura di tipi base come il teatro greco, l’edificio a corte, la stecca abitativa esprimono una volontà precisa di lavorare con i fatti fondanti ripresi dai diversi linguaggi espressivi dell’architettura. Nel panorama attuale, le radicali visualizzazioni stilistiche maturate attraverso il decostruttivismo e la cultura digitale sono state incapaci di formulare archetipi, nonostante da esse siano scaturite inedite forme espressive, che non riescono però ad essere ricondotte ad un segno iniziale. Questa anomalia rende evidente il superamento o la fine dell’archetipo nel pensiero contemporaneo, dichiarando possibile solo il recupero e la permanenza di quelli già conosciuti, appartenenti alla storia e alla tradizione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.