“Il primo disegno offertoci dalla natura” è un artefatto in legno, assemblato “con rami divelti” innalzati “ai vertici di un quadrato” alla cui sommità ne sono posizionati “orizzontalmente altri quattro” e sopra altri quattro ancora “inclinati e congiunti” a formare una “sorta di tetto ricoperto di fogliame abbastanza fitto perché né la pioggia né il sole possano penetrare” . Nel tracciare il rigoroso procedimento della genesi costruttiva della petite cabane rustique, il radicale discorso di Marc-Antoine Laugier definisce la koinè dell’archetipo della prima casa, imitando i processi della natura . Con l’abbandono della “rudezza” e della “negligenza” della caverna umida e insalubre, Laugier annuncia il rifiuto dello stilema organicista e biologico , a favore di un’architettura razionalmente impostata , rispecchiando il “corso della pura natura”. Immersa in un paesaggio rupestre e “inizialmente piacevole”, la capanna primordiale traspone i “principi generali dell’architettura” in morfema, dal quale si sviluppano tutte le sue “magnificenze”. La capanna è la forma essenziale, irriducibile, che contiene in sé, anticipandole, tutte le altre forme. “L’autentica perfezione” in essa implicita è solo in apparenza l’esito di una necessità di protezione di fronte alle incombenze della natura. La sua struttura, alla quale “non vi sarà più nulla da aggiungere”, sottende un versatile e variegato abaco di figure afferenti al tema dell’origine e il sistema teorico dell’arkhé ad esso connesso declina un concentrato di suggestioni e di scambi lessicali proliferi e diversi per momenti ideativi e per sostanza architettonica, a cui si associa un corpus di rappresentazioni divergenti verso autonomi e separati esiti formali. Il celebre frontespizio laugeriano apre alle disquisizioni sulle origini dell’architettura e sull’assetto morfologico della prima casa, spostando l’argomentazione dal piano epico della costruzione del riparo di stampo vitruviano e filaretiano a precetti di esclusiva matrice teorica e compositiva. Il primato del valore iconico su quello funzionale sarà ripreso e chiarito qualche anno dopo da Etienne Louis Boullèe: “i nostri primi padri non costituirono le loro capanne se non dopo averne concepito l’immagine” . Il riferimento alla percezione come strumento di ideazione della capanna primitiva pone al centro del ragionamento la sfera dell'estetica, relegando in secondo piano le esigenze d'uso, tradizionalmente riferite al bisogno di un rifugio, come impongono le teorie classiche più diffuse e ricorrenti. Agli albori dello spazio abitato non si contemplava nessuna presenza architettonica. La disperata sofferenza e l’umiliazione dipinte con colori tragici da Masaccio nella Cappella fiorentina dei Brancacci esprimono il dramma della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre, segnando l’inizio delle disavventure dell’uomo e le origini dell’architettura. Il giardino dell’Eden doveva trovarsi secondo le antiche scritture rilette da Milton sulla “vetta di una boscaglia precipite”, inaccessibile per “la selvaggia vegetazione” che lo circondava, impedendo la violazione della terra dei sogni e dell’ozio nella quale crescevano “gli alberi della più nobile specie per quanto attiene al gusto, all’odore, alla vista”.
M. Agnoletto (2006). Iconografia sulla fine di un archetipo: la capanna originaria fra natura e città. MILANO : Electa.
Iconografia sulla fine di un archetipo: la capanna originaria fra natura e città
AGNOLETTO, MATTEO
2006
Abstract
“Il primo disegno offertoci dalla natura” è un artefatto in legno, assemblato “con rami divelti” innalzati “ai vertici di un quadrato” alla cui sommità ne sono posizionati “orizzontalmente altri quattro” e sopra altri quattro ancora “inclinati e congiunti” a formare una “sorta di tetto ricoperto di fogliame abbastanza fitto perché né la pioggia né il sole possano penetrare” . Nel tracciare il rigoroso procedimento della genesi costruttiva della petite cabane rustique, il radicale discorso di Marc-Antoine Laugier definisce la koinè dell’archetipo della prima casa, imitando i processi della natura . Con l’abbandono della “rudezza” e della “negligenza” della caverna umida e insalubre, Laugier annuncia il rifiuto dello stilema organicista e biologico , a favore di un’architettura razionalmente impostata , rispecchiando il “corso della pura natura”. Immersa in un paesaggio rupestre e “inizialmente piacevole”, la capanna primordiale traspone i “principi generali dell’architettura” in morfema, dal quale si sviluppano tutte le sue “magnificenze”. La capanna è la forma essenziale, irriducibile, che contiene in sé, anticipandole, tutte le altre forme. “L’autentica perfezione” in essa implicita è solo in apparenza l’esito di una necessità di protezione di fronte alle incombenze della natura. La sua struttura, alla quale “non vi sarà più nulla da aggiungere”, sottende un versatile e variegato abaco di figure afferenti al tema dell’origine e il sistema teorico dell’arkhé ad esso connesso declina un concentrato di suggestioni e di scambi lessicali proliferi e diversi per momenti ideativi e per sostanza architettonica, a cui si associa un corpus di rappresentazioni divergenti verso autonomi e separati esiti formali. Il celebre frontespizio laugeriano apre alle disquisizioni sulle origini dell’architettura e sull’assetto morfologico della prima casa, spostando l’argomentazione dal piano epico della costruzione del riparo di stampo vitruviano e filaretiano a precetti di esclusiva matrice teorica e compositiva. Il primato del valore iconico su quello funzionale sarà ripreso e chiarito qualche anno dopo da Etienne Louis Boullèe: “i nostri primi padri non costituirono le loro capanne se non dopo averne concepito l’immagine” . Il riferimento alla percezione come strumento di ideazione della capanna primitiva pone al centro del ragionamento la sfera dell'estetica, relegando in secondo piano le esigenze d'uso, tradizionalmente riferite al bisogno di un rifugio, come impongono le teorie classiche più diffuse e ricorrenti. Agli albori dello spazio abitato non si contemplava nessuna presenza architettonica. La disperata sofferenza e l’umiliazione dipinte con colori tragici da Masaccio nella Cappella fiorentina dei Brancacci esprimono il dramma della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre, segnando l’inizio delle disavventure dell’uomo e le origini dell’architettura. Il giardino dell’Eden doveva trovarsi secondo le antiche scritture rilette da Milton sulla “vetta di una boscaglia precipite”, inaccessibile per “la selvaggia vegetazione” che lo circondava, impedendo la violazione della terra dei sogni e dell’ozio nella quale crescevano “gli alberi della più nobile specie per quanto attiene al gusto, all’odore, alla vista”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.