Le trasformazioni economiche e sociali che nella seconda metà degli anni Settanta investirono l’Italia – al pari dell’intero occidente industrializzato – misero in crisi un elemento che fino a quel momento era apparso costitutivo delle moderne società industriali: la centralità, tanto nella struttura economica quanto nelle rappresentazioni e nelle culture politiche, della grande fabbrica come motore dello sviluppo e della classe operaia quale maggiore interprete dei progetti di cambiamento politico. Il 1977 costituì il momento in cui quella cesura si manifestò in tutta evidenza, in maniera tumultuosa e sofferta. Si aprì, all’interno del movimento e delle forze della sinistra extraparlamentare, un ampio dibattito sulla crisi della centralità della classe operaia, mentre era sempre più diffuso nel mondo giovanile il convincimento che il proprio destino si andava separando da quello delle categorie del lavoro dipendente e salariato. Le inchieste, le analisi e le teorizzazioni prodotte allora cercarono di delineare una lettura complessiva delle trasformazioni sociali che l’Italia stava affrontando, alla ricerca del nuovo soggetto cui affidare sogni e progetti di cambiamento. Si parlò quindi di «operaio diffuso» o «disseminato» (in riferimento ai processi di decentramento e riterritorializzazione degli apparati produttivi), di «operaio sociale» (indicando la natura più articolata e composita del lavoro dipendente, che includeva a tutti gli effetti i nuovi strati del terziario), di «non garantiti», «marginali», «precari» (per identificare la crescente instabilità dei rapporti di lavoro). Ampia circolazione ebbe anche la formula delle «due società», introdotta da Alberto Asor Rosa, per indicare le avvenute spaccature tra generazioni diverse, all’interno del mondo del lavoro e tra movimento e partiti di sinistra. Accanto agli sforzi di identificare il nuovo soggetto “centrale”, emerse, in una parte del movimento, una tendenza sempre più marcata a leggere le dinamiche sociali e la formazione dei soggetti collettivi non ancorandoli al ruolo nel sistema produttivo, distanziandosi in questo modo dalla cultura e dal linguaggio di classe. Era questo, anche, l’effetto dell’emergere di nuove fratture di genere, generazionali, territoriali, che si affiancavano e sovrapponevano a quelle socioeconomiche, e che avrebbero dato forma negli anni Ottanta a una società più articolata e complessa e irriducibile alle appartenenze lineari più tradizionali. Il saggio intende ricostruire il modo in cui questi temi hanno attraversato il ’77, non limitandosi alle riflessioni teoricamente più compiute o all’elaborazione delle organizzazioni politiche strutturate, ma verificando anche come essi segnarono le mobilitazioni, i conflitti e gli eventi collettivi a più ampia partecipazione. Per questo, si farà ricorso a una pluralità di fonti: riviste, documenti e volantini ma anche slogan, scritte murali, canzoni e trasmissioni radiofoniche. Il dibattito del movimento sarà inserito nella più ampia cornice del coevo dibattito pubblico e tra le forze politiche. L’intento è quello di interrogarsi sui nessi profondi tra il movimento del ’77 e quel complesso intreccio di crisi e trasformazioni sociali entro il quale esso nacque e si sviluppò e dal quale fu in larga parte modellato.

Nella crisi della società del lavoro

Gagliardi, Alessio
2018

Abstract

Le trasformazioni economiche e sociali che nella seconda metà degli anni Settanta investirono l’Italia – al pari dell’intero occidente industrializzato – misero in crisi un elemento che fino a quel momento era apparso costitutivo delle moderne società industriali: la centralità, tanto nella struttura economica quanto nelle rappresentazioni e nelle culture politiche, della grande fabbrica come motore dello sviluppo e della classe operaia quale maggiore interprete dei progetti di cambiamento politico. Il 1977 costituì il momento in cui quella cesura si manifestò in tutta evidenza, in maniera tumultuosa e sofferta. Si aprì, all’interno del movimento e delle forze della sinistra extraparlamentare, un ampio dibattito sulla crisi della centralità della classe operaia, mentre era sempre più diffuso nel mondo giovanile il convincimento che il proprio destino si andava separando da quello delle categorie del lavoro dipendente e salariato. Le inchieste, le analisi e le teorizzazioni prodotte allora cercarono di delineare una lettura complessiva delle trasformazioni sociali che l’Italia stava affrontando, alla ricerca del nuovo soggetto cui affidare sogni e progetti di cambiamento. Si parlò quindi di «operaio diffuso» o «disseminato» (in riferimento ai processi di decentramento e riterritorializzazione degli apparati produttivi), di «operaio sociale» (indicando la natura più articolata e composita del lavoro dipendente, che includeva a tutti gli effetti i nuovi strati del terziario), di «non garantiti», «marginali», «precari» (per identificare la crescente instabilità dei rapporti di lavoro). Ampia circolazione ebbe anche la formula delle «due società», introdotta da Alberto Asor Rosa, per indicare le avvenute spaccature tra generazioni diverse, all’interno del mondo del lavoro e tra movimento e partiti di sinistra. Accanto agli sforzi di identificare il nuovo soggetto “centrale”, emerse, in una parte del movimento, una tendenza sempre più marcata a leggere le dinamiche sociali e la formazione dei soggetti collettivi non ancorandoli al ruolo nel sistema produttivo, distanziandosi in questo modo dalla cultura e dal linguaggio di classe. Era questo, anche, l’effetto dell’emergere di nuove fratture di genere, generazionali, territoriali, che si affiancavano e sovrapponevano a quelle socioeconomiche, e che avrebbero dato forma negli anni Ottanta a una società più articolata e complessa e irriducibile alle appartenenze lineari più tradizionali. Il saggio intende ricostruire il modo in cui questi temi hanno attraversato il ’77, non limitandosi alle riflessioni teoricamente più compiute o all’elaborazione delle organizzazioni politiche strutturate, ma verificando anche come essi segnarono le mobilitazioni, i conflitti e gli eventi collettivi a più ampia partecipazione. Per questo, si farà ricorso a una pluralità di fonti: riviste, documenti e volantini ma anche slogan, scritte murali, canzoni e trasmissioni radiofoniche. Il dibattito del movimento sarà inserito nella più ampia cornice del coevo dibattito pubblico e tra le forze politiche. L’intento è quello di interrogarsi sui nessi profondi tra il movimento del ’77 e quel complesso intreccio di crisi e trasformazioni sociali entro il quale esso nacque e si sviluppò e dal quale fu in larga parte modellato.
2018
Il movimento del '77. Radici, snodi, luoghi
97
114
Gagliardi, Alessio
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