Nel momento in cui, dopo la parziale interruzione (non integrale, ma di enorme portata) dovuta all’irrompere dell’umanesimo latino, il volgare d’uso letterario riprende la sua storia, le realtà locali si trovano a fare i conti, in forme diversificate a seconda delle diverse regioni e delle differenti tipologie testuali, con l’avanzata crescente del toscano. Per limitarci al caso esaminato, abbiamo visto come, nei differenti contesti ferrarese e napoletano, due emblematici intellettuali locali (Niccolò Bendidio e Giovanni Brancati) si atteggino nei confronti della medesima traduzione landiniana. Negli stessi anni in cui Landino e altri affermano orgogliosamente il primato del fiorentino (e a Napoli arriva, non dimentichiamo, l’Epistola aragonese del Poliziano che ribadisce l’eccellenza, assai meno contestabile, della tradizione lirica toscana), la figura di Brancati assume una rilevanza quasi paradigmatica e una posizione di spicco tra i prosatori meridionali coevi per il suo sforzo anche operativo di creare una lingua autoctona, originale e coesa, idonea alle esigenze comunicative (e agli obiettivi politici) della corte. aragonese
C. Coluccia (2011). Napoli aragonese negli anni Settanta e Ottanta del Quattrocento: la grande stagione dei volgarizzamenti. FRA : Éditions de linguistique et de philologie/ELiPhi.
Napoli aragonese negli anni Settanta e Ottanta del Quattrocento: la grande stagione dei volgarizzamenti
C. Coluccia
2011
Abstract
Nel momento in cui, dopo la parziale interruzione (non integrale, ma di enorme portata) dovuta all’irrompere dell’umanesimo latino, il volgare d’uso letterario riprende la sua storia, le realtà locali si trovano a fare i conti, in forme diversificate a seconda delle diverse regioni e delle differenti tipologie testuali, con l’avanzata crescente del toscano. Per limitarci al caso esaminato, abbiamo visto come, nei differenti contesti ferrarese e napoletano, due emblematici intellettuali locali (Niccolò Bendidio e Giovanni Brancati) si atteggino nei confronti della medesima traduzione landiniana. Negli stessi anni in cui Landino e altri affermano orgogliosamente il primato del fiorentino (e a Napoli arriva, non dimentichiamo, l’Epistola aragonese del Poliziano che ribadisce l’eccellenza, assai meno contestabile, della tradizione lirica toscana), la figura di Brancati assume una rilevanza quasi paradigmatica e una posizione di spicco tra i prosatori meridionali coevi per il suo sforzo anche operativo di creare una lingua autoctona, originale e coesa, idonea alle esigenze comunicative (e agli obiettivi politici) della corte. aragoneseI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.