I governi degli stati membri dell’Unione europea hanno concordato, nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, l’adozione di sanzioni antiterrorismo contro cittadini europei o persone residenti o con attività finanziarie in Europa; in seguito, gli stessi governi hanno concorso all’adozione di atti comunitari di identico contenuto, questa volta, però, nell’ambito di una diversa struttura, la Comunità europea; il giudice comunitario, che sarebbe chiamato a controllare la conformità di tali atti con i diritti fondamentali della persona, ha rinunciato ad esercitare il suo compito in considerazione del fatto che le sanzioni erano state erogate dalle Nazioni unite, contro le quali non sono esperibili vie di ricorso dirette. Un apparato noto col nome di Ufficio dell’Alto rappresentate ha decretato la soppressione dei diritti politici di alcuni cittadini bosniaci. Questi hanno deciso di citare la Bosnia Erzegovina davanti alla Corte di Strasburgo. Ma non è affatto chiaro in nome di quali soggetti l’Ufficio agisca. Si può però dimostrare che i suoi comportamenti sono determinati da una ristretta cerchia di soggetti, tra i quali figurano vari stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La Corte di Strasburgo ha invece ritenuto che i fatti dell’Ufficio siano ascrivibili alle Nazioni unite e si è quindi dichiarata incompetente ad esaminare il ricorso nel merito. Ha inoltre enunciato una teoria dell’insindacabilità degli atti compiuti nel quadro di missioni o attività autorizzate dal Consiglio di sicurezza. Questi casi illustrano alcune sofisticate tecniche di elusione della responsabilità, più o meno apertamente rivendicate dai governi europei e recepite dal giudice comunitario e dalla Corte di Strasburgo, ossia dagli organi che dovrebbero svolgere il ruolo di custodi della legalità a livello continentale. Il giudice comunitario si è ritenuto abilitato a sindacare incidentalmente la compatibilità del regime sanzionatorio predisposto dal Consiglio di sicurezza con le norme imperative del diritto internazionale. Ma i governi degli stati membri, che non sembrano disposti a tollerare neppure questa forma di controllo (debolissima), propongono oggi alla Corte di giustizia di fare sua la teoria dell’insindacabilità di recente coniata dalla Corte di Strasburgo. Questa circostanza rafforza l’impressione di essere al cospetto di un fenomeno sostanzialmente unitario. Questo lavoro ne esamina alcuni aspetti – dalla distorsione dei criteri di attribuzione del fatto illecito alla «sospensione» dei diritti fondamentali o dei meccanismi giurisdizionali preposti all’accertamento di eventuali violazioni di quei diritti – prendendo spunto dalla recente giurisprudenza della Corti europee. Dall'analisi emerge che l’ombra di cui si parla nel titolo non è proiettata da un ingombrante potere concentrato nelle mani delle Nazioni Unite. L’organizzazione universale appare piuttosto come una sagoma di modeste dimensioni, che getta ombre più o meno lunghe a seconda dell’intenzione di chi manipola la fonte luminosa. In questo senso, la giurisprudenza delle Corti europee appare oggi immersa in un’oscurità che essa stessa contribuisce a creare. Si può però intravedere qualche spiraglio di luce, soprattutto – ma non esclusivamente – sul versante comunitario. Alcuni elementi circostanziali inducono infatti a credere che la sentenza Kadi, che si trova attualmente all’esame della Corte di giustizia, sarà da questa annullata nei prossimi mesi.

All'ombra delle Nazioni Unite / Gradoni L.. - STAMPA. - (2008), pp. 141-185.

All'ombra delle Nazioni Unite

GRADONI, LORENZO
2008

Abstract

I governi degli stati membri dell’Unione europea hanno concordato, nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, l’adozione di sanzioni antiterrorismo contro cittadini europei o persone residenti o con attività finanziarie in Europa; in seguito, gli stessi governi hanno concorso all’adozione di atti comunitari di identico contenuto, questa volta, però, nell’ambito di una diversa struttura, la Comunità europea; il giudice comunitario, che sarebbe chiamato a controllare la conformità di tali atti con i diritti fondamentali della persona, ha rinunciato ad esercitare il suo compito in considerazione del fatto che le sanzioni erano state erogate dalle Nazioni unite, contro le quali non sono esperibili vie di ricorso dirette. Un apparato noto col nome di Ufficio dell’Alto rappresentate ha decretato la soppressione dei diritti politici di alcuni cittadini bosniaci. Questi hanno deciso di citare la Bosnia Erzegovina davanti alla Corte di Strasburgo. Ma non è affatto chiaro in nome di quali soggetti l’Ufficio agisca. Si può però dimostrare che i suoi comportamenti sono determinati da una ristretta cerchia di soggetti, tra i quali figurano vari stati parti alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. La Corte di Strasburgo ha invece ritenuto che i fatti dell’Ufficio siano ascrivibili alle Nazioni unite e si è quindi dichiarata incompetente ad esaminare il ricorso nel merito. Ha inoltre enunciato una teoria dell’insindacabilità degli atti compiuti nel quadro di missioni o attività autorizzate dal Consiglio di sicurezza. Questi casi illustrano alcune sofisticate tecniche di elusione della responsabilità, più o meno apertamente rivendicate dai governi europei e recepite dal giudice comunitario e dalla Corte di Strasburgo, ossia dagli organi che dovrebbero svolgere il ruolo di custodi della legalità a livello continentale. Il giudice comunitario si è ritenuto abilitato a sindacare incidentalmente la compatibilità del regime sanzionatorio predisposto dal Consiglio di sicurezza con le norme imperative del diritto internazionale. Ma i governi degli stati membri, che non sembrano disposti a tollerare neppure questa forma di controllo (debolissima), propongono oggi alla Corte di giustizia di fare sua la teoria dell’insindacabilità di recente coniata dalla Corte di Strasburgo. Questa circostanza rafforza l’impressione di essere al cospetto di un fenomeno sostanzialmente unitario. Questo lavoro ne esamina alcuni aspetti – dalla distorsione dei criteri di attribuzione del fatto illecito alla «sospensione» dei diritti fondamentali o dei meccanismi giurisdizionali preposti all’accertamento di eventuali violazioni di quei diritti – prendendo spunto dalla recente giurisprudenza della Corti europee. Dall'analisi emerge che l’ombra di cui si parla nel titolo non è proiettata da un ingombrante potere concentrato nelle mani delle Nazioni Unite. L’organizzazione universale appare piuttosto come una sagoma di modeste dimensioni, che getta ombre più o meno lunghe a seconda dell’intenzione di chi manipola la fonte luminosa. In questo senso, la giurisprudenza delle Corti europee appare oggi immersa in un’oscurità che essa stessa contribuisce a creare. Si può però intravedere qualche spiraglio di luce, soprattutto – ma non esclusivamente – sul versante comunitario. Alcuni elementi circostanziali inducono infatti a credere che la sentenza Kadi, che si trova attualmente all’esame della Corte di giustizia, sarà da questa annullata nei prossimi mesi.
2008
L'Occidente e l'ordine internazionale
141
185
All'ombra delle Nazioni Unite / Gradoni L.. - STAMPA. - (2008), pp. 141-185.
Gradoni L.
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