Durante l’Ancien Régime – come oggi – allestire una collezione significava prima di tutto scegliere cosa e dove mostrare le proprie raccolte, e a chi e come renderle visibili. Si trattava quindi per il collezionista, fosse il principe di grande lignaggio o l’esponente di un’aristocrazia di più modeste ambizioni, di scegliere tra opzioni estetiche e collezionistiche, ma anche sociali e talvolta perfino politiche. Elemento essenziale di un mos nobilium europeo, il ‘fare galleria’ collegava collezionisti, collezioni e spettatori in una serie di rapporti in cui i contesti della visione erano di fondamentale importanza e contribuivano, in modo essenziale, alla costruzione della reputazione dell’artista, delle opere e del collezionista, ma anche all’elaborazione dell’auctoritas dello spettatore. Il saggio è dedicato a quello che si potrebbe definire un ‘display dell’invisibile’, cioè a quegli interventi sapientemente organizzati dal collezionista – o dal conservatore delle raccolte – per filtrare il pubblico o per filtrare la visione di alcuni generi o di singole opere all’interno delle collezioni. Opere inaccessibili, nascoste, ma spesso non dimenticate, percorsi di visita solo parziali conducevano in realtà a una fruizione in absentia e, nella complessa elaborazione delle riflessioni sull’arte di un’epoca, la tela che non era consentito o lecito vedere, come lo spettatore a cui non era permesso varcare le soglie di una collezione, corrispondevano a situazioni e ragioni sociali, di moda e di gusto spesso più ancora che a scelte estetiche.
Sandra Costa (2018). Percorsi di Ancien Régime: le ragioni delle 'collezioni invisibili'. Bologna : Dipartimento delle Arti ISBA AlmaDL.
Percorsi di Ancien Régime: le ragioni delle 'collezioni invisibili'
Sandra Costa
2018
Abstract
Durante l’Ancien Régime – come oggi – allestire una collezione significava prima di tutto scegliere cosa e dove mostrare le proprie raccolte, e a chi e come renderle visibili. Si trattava quindi per il collezionista, fosse il principe di grande lignaggio o l’esponente di un’aristocrazia di più modeste ambizioni, di scegliere tra opzioni estetiche e collezionistiche, ma anche sociali e talvolta perfino politiche. Elemento essenziale di un mos nobilium europeo, il ‘fare galleria’ collegava collezionisti, collezioni e spettatori in una serie di rapporti in cui i contesti della visione erano di fondamentale importanza e contribuivano, in modo essenziale, alla costruzione della reputazione dell’artista, delle opere e del collezionista, ma anche all’elaborazione dell’auctoritas dello spettatore. Il saggio è dedicato a quello che si potrebbe definire un ‘display dell’invisibile’, cioè a quegli interventi sapientemente organizzati dal collezionista – o dal conservatore delle raccolte – per filtrare il pubblico o per filtrare la visione di alcuni generi o di singole opere all’interno delle collezioni. Opere inaccessibili, nascoste, ma spesso non dimenticate, percorsi di visita solo parziali conducevano in realtà a una fruizione in absentia e, nella complessa elaborazione delle riflessioni sull’arte di un’epoca, la tela che non era consentito o lecito vedere, come lo spettatore a cui non era permesso varcare le soglie di una collezione, corrispondevano a situazioni e ragioni sociali, di moda e di gusto spesso più ancora che a scelte estetiche.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.