Si afferma tradizionalmente che una delle caratteristiche più importanti dell’arbitrato, che lo contraddistingue rispetto al giudizio statuale, è la flessibilità delle sue regole processuali. L’autrice si è posta l’obiettivo di indagare sulla flessibilità arbitrale, partendo dal suo significato, per poi ripartire l’analisi fra i poteri di determinazione delle regole che spettano alle parti, e quelli, residuali ma certamente assai rilevanti nella prassi, che competono agli arbitri. Se i primi sono dominati dal principio di buona fede, e trovano un limite alla loro ampiezza nei casi che l’autrice definisce “a tecnica arbitrale differenziata”, i secondi debbono conformarsi ad una pluralità di criteri – in particolare, l’analisi ne individua cinque – che permettano il raggiungimento dell’obiettivo di un processo efficiente. La seconda parte del lavoro è dedicata al più rilevante banco di prova per la verifica delle basi poste nella prima parte: la fase di accertamento dei fatti, affrontata in una prospettiva unificatrice dei profili interni ed internazionali dell’arbitrato. L’autrice esamina le regole dell’istruttoria arbitrale, dapprima, e i singoli mezzi di prova poi (che distingue in prove nominate e prove innominate), allo scopo di verificare come, in concreto, si possa configurare un giusto equilibrio fra flessibilità e attuazione dei principi a cui le parti e gli arbitri debbono conformarsi. La flessibilità è la chiave per raggiungere l’obiettivo del cd. iron triangle: far convivere, nel modo più bilanciato possibile, tempi costi e qualità dell’accertamento.
Elena Zucconi Galli Fonseca (2018). Il processo arbitrale flessibile (con il focus sull’istruttoria). napoli : edizioni scientifiche italiane.
Il processo arbitrale flessibile (con il focus sull’istruttoria)
Elena Zucconi Galli Fonseca
2018
Abstract
Si afferma tradizionalmente che una delle caratteristiche più importanti dell’arbitrato, che lo contraddistingue rispetto al giudizio statuale, è la flessibilità delle sue regole processuali. L’autrice si è posta l’obiettivo di indagare sulla flessibilità arbitrale, partendo dal suo significato, per poi ripartire l’analisi fra i poteri di determinazione delle regole che spettano alle parti, e quelli, residuali ma certamente assai rilevanti nella prassi, che competono agli arbitri. Se i primi sono dominati dal principio di buona fede, e trovano un limite alla loro ampiezza nei casi che l’autrice definisce “a tecnica arbitrale differenziata”, i secondi debbono conformarsi ad una pluralità di criteri – in particolare, l’analisi ne individua cinque – che permettano il raggiungimento dell’obiettivo di un processo efficiente. La seconda parte del lavoro è dedicata al più rilevante banco di prova per la verifica delle basi poste nella prima parte: la fase di accertamento dei fatti, affrontata in una prospettiva unificatrice dei profili interni ed internazionali dell’arbitrato. L’autrice esamina le regole dell’istruttoria arbitrale, dapprima, e i singoli mezzi di prova poi (che distingue in prove nominate e prove innominate), allo scopo di verificare come, in concreto, si possa configurare un giusto equilibrio fra flessibilità e attuazione dei principi a cui le parti e gli arbitri debbono conformarsi. La flessibilità è la chiave per raggiungere l’obiettivo del cd. iron triangle: far convivere, nel modo più bilanciato possibile, tempi costi e qualità dell’accertamento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.