La perimetrazione amministrativa delle province romagnole è frutto di un riassetto recente: anno cardine fu il 1992, quando fu istituita la provincia di Rimini, con competenza su una ventina di comuni, e contemporaneamente fu ridenominata quella forlivese, che assunse la doppia designazione, Forlì-Cesena. L’inventario delle architetture realizzate nel secondo dopoguerra in questa porzione della regione Emilia-Romagna si basa su questa suddivisione, di cui fotografa appieno le gerarchie di scala: 136 interventi censiti nella provincia di Ravenna, 65, ossia circa la metà, in quella di Forlì-Cesena, e 51 in quella di Rimini. Sommando i numeri del catalogo forlivese-cesenate e di quello riminese appare subito evidente la conferma di un certo equilibrio fra i due poli – Ravenna e Forlì – che hanno storicamente governato le Romagne. Un’analisi puntuale del catalogo si rivela molto utile per capire come nel secondo dopoguerra l’architettura realizzata abbia mostrato una spiccata tendenza al localismo, senza per questo intendere che i progettisti fossero di seconda classe o poco conosciuti a livello nazionale, tanto meno internazionale. Il fenomeno va piuttosto descritto come il radicamento di alcune personalità rilevanti in ambiti locali, dove una politica di buon governo delle trasformazioni urbane e territoriali ha creato occasioni molto proficue per la realizzazione di architetture di qualità. Se quanto è accaduto in Romagna non sembra differire da ciò che avveniva in altre aree del paese, in città di media grandezza e con una consolidata tradizione di governi democratici, l’eccentricità romagnola ha originato, però, un suo specifico modello di civiltà del prodotto di architettura che ha agito come motore della trasformazione degli stessi linguaggi arrivati da fuori regione.
M.Casciato (2005). Romagna:architetture tra moderno e contemporaneo. BOLOGNA : Clueb.
Romagna:architetture tra moderno e contemporaneo
CASCIATO, MARISTELLA
2005
Abstract
La perimetrazione amministrativa delle province romagnole è frutto di un riassetto recente: anno cardine fu il 1992, quando fu istituita la provincia di Rimini, con competenza su una ventina di comuni, e contemporaneamente fu ridenominata quella forlivese, che assunse la doppia designazione, Forlì-Cesena. L’inventario delle architetture realizzate nel secondo dopoguerra in questa porzione della regione Emilia-Romagna si basa su questa suddivisione, di cui fotografa appieno le gerarchie di scala: 136 interventi censiti nella provincia di Ravenna, 65, ossia circa la metà, in quella di Forlì-Cesena, e 51 in quella di Rimini. Sommando i numeri del catalogo forlivese-cesenate e di quello riminese appare subito evidente la conferma di un certo equilibrio fra i due poli – Ravenna e Forlì – che hanno storicamente governato le Romagne. Un’analisi puntuale del catalogo si rivela molto utile per capire come nel secondo dopoguerra l’architettura realizzata abbia mostrato una spiccata tendenza al localismo, senza per questo intendere che i progettisti fossero di seconda classe o poco conosciuti a livello nazionale, tanto meno internazionale. Il fenomeno va piuttosto descritto come il radicamento di alcune personalità rilevanti in ambiti locali, dove una politica di buon governo delle trasformazioni urbane e territoriali ha creato occasioni molto proficue per la realizzazione di architetture di qualità. Se quanto è accaduto in Romagna non sembra differire da ciò che avveniva in altre aree del paese, in città di media grandezza e con una consolidata tradizione di governi democratici, l’eccentricità romagnola ha originato, però, un suo specifico modello di civiltà del prodotto di architettura che ha agito come motore della trasformazione degli stessi linguaggi arrivati da fuori regione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.