L'attuale fase storica sembra caratterizzata da un forte sviluppo dei processi di integrazione militare. Si tratta di un fenomeno che riguarda tutti i paesi occidentali, ma che assume dimensioni e significati particolari per i Paesi europei. Ne sono un esempio le trasformazioni che hanno riguardato la NATO, la UE e l'OSCE: la prima in seguito alla dichiarazione di Washington relativa alle c.d. missioni non articolo 5, la seconda in seguito alla nascita della PESD che ha comportato l'attribuzione all'Unione delle c.d. missioni Petersberg prima di competenza dell'UEO e la terza in seguito al vertice di Helsinki del 1992 che ha attributo all'organizzazione la competenza a adottare misure di peace-keeping. Non mancano le forme ibride come i programmi di partecipazione congiunta tra Unione europea e NATO o i programmi di cooperazione sviluppati tra taluni Stati membri . In un certo senso, dopo l'integrazione economica, prima dell'integrazione politica, anche grazie probabilmente alla congiuntura di questi anni, sembra che l'integrazione militare abbia assunto il ruolo di motore dei processi integrativi, non di rado, senza una adeguata base giuridica . I processi in esame non mancano di sollevare qualche perplessità. Da una parte, infatti, essi sembrano comportare negli Stati partecipanti una continua erosione dei fattori che condizionano la legittimazione democratica dei processi decisionali in materia di uso della forza senza che a ciò si accompagni la previsione di adeguati meccanismi di sostituzione o compensazione a livello comune. Dall'altra, essi sono generalmente giustificati, almeno nelle pretese dei loro promotori, dalla volontà di perseguire esigenze di carattere obiettivo, considerate proprie della Comunità internazionale nel suo insieme, non di rado definite anche come obiettivi di good governance, tra cui rientrano non pochi degli stessi fattori che condizionano in ambito interno la legittimità democratica dei processi decisionali. Si crea così una sorta di dissociazione tra obiettivi dell'azione esterna e effetti di quest'ultima in ambito interno che non manca di sollevare, per l'appunto, qualche incertezza. Dopo aver considerato gli effetti generati dai processi in esame sotto il profilo della loro legittimazione interna, ci si soffermerà sui rischi di tale dissociazione al fine di individuarne le possibili forme di superamento o attenuazione.

Balboni M. (2008). Integrazione militare europea tra legittimazione interna e obiettivi di good governance: conflitto o armonia?. TORINO : Giappichelli editore.

Integrazione militare europea tra legittimazione interna e obiettivi di good governance: conflitto o armonia?

BALBONI, MARCO
2008

Abstract

L'attuale fase storica sembra caratterizzata da un forte sviluppo dei processi di integrazione militare. Si tratta di un fenomeno che riguarda tutti i paesi occidentali, ma che assume dimensioni e significati particolari per i Paesi europei. Ne sono un esempio le trasformazioni che hanno riguardato la NATO, la UE e l'OSCE: la prima in seguito alla dichiarazione di Washington relativa alle c.d. missioni non articolo 5, la seconda in seguito alla nascita della PESD che ha comportato l'attribuzione all'Unione delle c.d. missioni Petersberg prima di competenza dell'UEO e la terza in seguito al vertice di Helsinki del 1992 che ha attributo all'organizzazione la competenza a adottare misure di peace-keeping. Non mancano le forme ibride come i programmi di partecipazione congiunta tra Unione europea e NATO o i programmi di cooperazione sviluppati tra taluni Stati membri . In un certo senso, dopo l'integrazione economica, prima dell'integrazione politica, anche grazie probabilmente alla congiuntura di questi anni, sembra che l'integrazione militare abbia assunto il ruolo di motore dei processi integrativi, non di rado, senza una adeguata base giuridica . I processi in esame non mancano di sollevare qualche perplessità. Da una parte, infatti, essi sembrano comportare negli Stati partecipanti una continua erosione dei fattori che condizionano la legittimazione democratica dei processi decisionali in materia di uso della forza senza che a ciò si accompagni la previsione di adeguati meccanismi di sostituzione o compensazione a livello comune. Dall'altra, essi sono generalmente giustificati, almeno nelle pretese dei loro promotori, dalla volontà di perseguire esigenze di carattere obiettivo, considerate proprie della Comunità internazionale nel suo insieme, non di rado definite anche come obiettivi di good governance, tra cui rientrano non pochi degli stessi fattori che condizionano in ambito interno la legittimità democratica dei processi decisionali. Si crea così una sorta di dissociazione tra obiettivi dell'azione esterna e effetti di quest'ultima in ambito interno che non manca di sollevare, per l'appunto, qualche incertezza. Dopo aver considerato gli effetti generati dai processi in esame sotto il profilo della loro legittimazione interna, ci si soffermerà sui rischi di tale dissociazione al fine di individuarne le possibili forme di superamento o attenuazione.
2008
L’Occidente e l’ordine internazionale
105
139
Balboni M. (2008). Integrazione militare europea tra legittimazione interna e obiettivi di good governance: conflitto o armonia?. TORINO : Giappichelli editore.
Balboni M.
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