Il fenomeno delle maree era noto fin dall’antichità e già allora gli scienziati si erano sforzati di darne una spiegazione razionale, senza però giungere mai a ragioni convincenti, al punto che molti lo considerarono un problema insolubile, o tutt’al più ripiegarono su soluzioni miracolistiche. A rendere di grande attualità la questione delle Maree tra Cinque e Seicento e più in generale tutti gli aspetti relativi alla navigazione furono gli sviluppi dei commerci marittimi e il ruolo accresciuto della marina militare nelle guerre del tempo. Sono da inquadrare in questo clima il dialogo sulle cause delle maree dell’aristotelico Girolamo Borro (o Borri), sostenitore di una teoria termica, e il «Discorso del flusso e reflusso del mare» di Galileo, per il quale il fenomeno è dovuto ai moti combinati di rotazione e rivoluzione della Terra. Pur movendo da tesi così distanti, il contesto culturale e i presupposti euristici dei due scienziati è molto simile: la ricerca di “patronage”, il valore positivo della curiosità, il rifiuto di spiegazioni magiche o miracolistiche, gli esperimenti condotti interrogando gli aspetti più quotidiani del vivere. Naturalmente, non si può negare l’abisso che intercorre tra l’intelligenza di Galileo e quella di Borro, ma è proprio attraverso un confronto serrato e ravvicinato tra le loro due opere dedicate allo stesso argomento che per un verso può meglio risaltare la grandezza di Galileo e per un altro verso può aiutare a conoscere meglio la figura di un dimenticato peripatetico eterodosso che, con tutti i suoi limiti, rappresenta un altro diverso esempio di “libertas philosophandi”.
Battistini, A. (2017). Un científico aristotélico y Galileo ante el problema “impenetrable” de las mareas. Valencia : Fundación Aquae.
Un científico aristotélico y Galileo ante el problema “impenetrable” de las mareas
Battistini, Andrea
2017
Abstract
Il fenomeno delle maree era noto fin dall’antichità e già allora gli scienziati si erano sforzati di darne una spiegazione razionale, senza però giungere mai a ragioni convincenti, al punto che molti lo considerarono un problema insolubile, o tutt’al più ripiegarono su soluzioni miracolistiche. A rendere di grande attualità la questione delle Maree tra Cinque e Seicento e più in generale tutti gli aspetti relativi alla navigazione furono gli sviluppi dei commerci marittimi e il ruolo accresciuto della marina militare nelle guerre del tempo. Sono da inquadrare in questo clima il dialogo sulle cause delle maree dell’aristotelico Girolamo Borro (o Borri), sostenitore di una teoria termica, e il «Discorso del flusso e reflusso del mare» di Galileo, per il quale il fenomeno è dovuto ai moti combinati di rotazione e rivoluzione della Terra. Pur movendo da tesi così distanti, il contesto culturale e i presupposti euristici dei due scienziati è molto simile: la ricerca di “patronage”, il valore positivo della curiosità, il rifiuto di spiegazioni magiche o miracolistiche, gli esperimenti condotti interrogando gli aspetti più quotidiani del vivere. Naturalmente, non si può negare l’abisso che intercorre tra l’intelligenza di Galileo e quella di Borro, ma è proprio attraverso un confronto serrato e ravvicinato tra le loro due opere dedicate allo stesso argomento che per un verso può meglio risaltare la grandezza di Galileo e per un altro verso può aiutare a conoscere meglio la figura di un dimenticato peripatetico eterodosso che, con tutti i suoi limiti, rappresenta un altro diverso esempio di “libertas philosophandi”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


