Ezio Raimondi, di cui Roberto Longhi avrebbe voluto essere relatore della sua tesi di laurea, anche dopo la sua laurea in italianistica con Carlo calca terra continuò a interessarsi di arti visive, con una partecipazione anche emotiva che va molto oltre la sua diffusa curiosità intellettuale. Molto della sua abitudine a interrogare la critica figurativa per intendere meglio la letteratura si deve non caso alla scuola di Longhi, che, con Cesare Gnudi e Francesco Arcangeli, diedero a Raimondi il necessario «impulso figurativo» utile a interrogare gli scrittori. L’esame cui Raimondi sottopose la tesi di laurea di De Pisis sulla pittura ferrarese dei primi secoli si giova del concetto storico-artistico di «tramando», affacciatosi dapprima in Longhi e poi applicato, con una convinzione radicale e una passionalità affatto inedita, da Arcangeli. Con questo significato la tradizione acquista una base geografica, diventa uno spazio gnoseologico, legato a un luogo che favorisca la trasmissione degli spiriti. Convinto che una «scuola viva» si veda dalle differenze, Raimondi mette in luce quelle tra Longhi e Arcangeli, non solo sul concetto di tramando, ma anche sui Carracci, su Aspertini, su Crespi, sullo spazio romantico, su Morandi. Nel comprendere che in Arcangeli l’arte è soprattutto uno spazio esistenziale, su cui si fondano i rapporti interpersonali e una visione militante, Raimondi è riuscito a coglierne le ragioni più intime, le tensioni più personali e inquiete, per una sorte di spartito autobiografico comune che ha consentito all’uno di intendere come meglio non si sarebbe potuto le voci dell’altro.
Andrea Battistini (2018). «Un dialogo quotidiano con una terra e i suoi luoghi». Raimondi e Arcangeli. Bologna : Minerva.
«Un dialogo quotidiano con una terra e i suoi luoghi». Raimondi e Arcangeli
Andrea Battistini
2018
Abstract
Ezio Raimondi, di cui Roberto Longhi avrebbe voluto essere relatore della sua tesi di laurea, anche dopo la sua laurea in italianistica con Carlo calca terra continuò a interessarsi di arti visive, con una partecipazione anche emotiva che va molto oltre la sua diffusa curiosità intellettuale. Molto della sua abitudine a interrogare la critica figurativa per intendere meglio la letteratura si deve non caso alla scuola di Longhi, che, con Cesare Gnudi e Francesco Arcangeli, diedero a Raimondi il necessario «impulso figurativo» utile a interrogare gli scrittori. L’esame cui Raimondi sottopose la tesi di laurea di De Pisis sulla pittura ferrarese dei primi secoli si giova del concetto storico-artistico di «tramando», affacciatosi dapprima in Longhi e poi applicato, con una convinzione radicale e una passionalità affatto inedita, da Arcangeli. Con questo significato la tradizione acquista una base geografica, diventa uno spazio gnoseologico, legato a un luogo che favorisca la trasmissione degli spiriti. Convinto che una «scuola viva» si veda dalle differenze, Raimondi mette in luce quelle tra Longhi e Arcangeli, non solo sul concetto di tramando, ma anche sui Carracci, su Aspertini, su Crespi, sullo spazio romantico, su Morandi. Nel comprendere che in Arcangeli l’arte è soprattutto uno spazio esistenziale, su cui si fondano i rapporti interpersonali e una visione militante, Raimondi è riuscito a coglierne le ragioni più intime, le tensioni più personali e inquiete, per una sorte di spartito autobiografico comune che ha consentito all’uno di intendere come meglio non si sarebbe potuto le voci dell’altro.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


